Banche italiane promosse dagli investitori istituzionali

Circa 3 investitori istituzionali italiani su 4 vedono opportunità nel mercato del credito. “È un bel segnale per il Paese”, banchecommenta Marco Valerio Morelli, amministratore delegato di Mercer Italia, “perché sottintende una view positiva sulle operazioni di pulizia condotte nelle nostre banche”. Dato e commento sono stati rilasciati martedì 6 giugno a Milano nel corso della presentazione della ricerca internazionale “Mercer Asset Allocation Survey 2017”, che come ogni anno analizza le tendenze di asset allocation dei grandi investitori istituzionali, in particolare fondi pensione.

L’edizione 2017 è la 15esima – la quarta che prende in considerazione anche l’Italia – ed è stata condotta su 1.241 portafogli istituzionali europei in 13 Paesi per un totale di oltre 1.100 miliardi di euro di attività. In Italia l’indagine ha coinvolto 18 grandi operatori fra fondi pensione, casse e fondazioni, molti dei quali clienti di Mercer Italia, che nel 2017 rappresentano attività per un valore di 70 miliardi di euro (dai 24 del 2016) e una quota importante del mercato complessivo degli istituzionali nostrani, che in totale vale 200 miliardi.

Nell’ambito della ricerca, l’Italia rappresenta oggi il 5% del campione totale dopo Regno Unito, Germania, Danimarca e Paesi Bassi. Ed è interessante andare a vedere cosa emerge da questo studio perché l’esperienza insegna che le tendenze di asset allocation degli istituzionali con il tempo si trasferiscono al retail e al private. Come si orientano, quindi, gli istituzionali? Quanto all’Italia, il 100% del campione si aspetta inflazione in risalita, il 72% vede opportunità nel mercato del credito, il 50% considera le banche centrali meno rilevanti per i mercati, il 56% immagina un euro ancora debole e, infine, secondo il 54% le materie prime non sono abbastanza interessanti.

In termini di asset allocation, l’Italia presenta un’esposizione azionaria in ulteriore riduzione, dal 22% del 2016 al 20% del 2017 e con un -5% rispetto al 2015, a fronte di una media europea pari al 30%. Per quanto riguarda l’obbligazionario, gli istituzionali italiani rivelano un’esposizione pari al 38% nel 2017, inferiore rispetto al 51% della media europea e in calo dal 2016. Il che contribuisce a smontare un luogo comune relativo agli istituzionali italiani: i numeri, infatti, dimostrano che non sono così correlati all’andamento del rischio Paese.

Pesa ancora l’immobiliare, con un 20% rispetto al 4% della media europea, una situazione difficile da cambiare dal momento che il mercato è illiquido. Forte attenzione, poi, alle forme di investimento alternative, con un 20% rispetto al 13% europeo. In questo ambito, le allocazioni sono distribuite tra private equity, growth-oriented fixed income, real asset, hedge fund e multi-asset. Sul fronte italiano, così come su quello europeo, buone notizie sul tema ESG, dal momento che il 50% del campione dichiara di considerare o voler prendere in considerazione i fattori ambientali, sociali e di governance e dunque le tematiche proprie degli investimenti responsabili nel processo d’investimento, rispetto al 36% del 2016.

“Riscontriamo una sempre più vasta consapevolezza, anche in Italia, del ruolo degli investitori istituzionali per l’economia di un Paese maturo”, commenta ancora Morelli (nella seconda foto insieme a Luca De Biasi, wealth business leader Mercer Italia). “Un approccio sistemico e di lungo termine all’investimento che consente loro sia di adottare una prospettiva anticiclica rispetto al mercato, strutturalmente improntata a un’ottica di lungo periodo. Sull’Italia i nostri investitori stanno aumentando quote sugli investimenti in real asset (in primis infrastrutture e real estate, n.d.r.) così come stanno incrementando le strategie sui mercati privati (in particolare private debt ed equity, n.d.r.) che rilevano spesso interessanti premi di illiquidità e consentono di beneficiare appieno di opportunità specifiche, pur richiedendo un profilo di sofisticazione maggiore e di un auspicabile aumento di competenze e di governance nei consigli di amministrazione e nei comitati investimenti”.

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