IL TARGET DI INFLAZIONE – Il target di inflazione al 2% dovrà essere raggiunto “al più presto” tramite la duplicazione della base monetaria, che passerà dagli attuali 138.000 miliardi di yen (28% del Pil 2012) a 270.000 miliardi di yen (56% del Pil) a fine 2014, con un’espansione tra i 60.000 e i 70.000 miliardi di nuova base monetaria per anno nei prossimi due anni a partire già da quest’anno.
INONDARE IL SISTEMA DI LIQUIDITA’ – L’obiettivo della manovra è quello di inondare di liquidità il sistema, indebolire il cambio e ridare spazio ai margini di profitto dell’industria esportatrice, spingere le aspettative di inflazione al rialzo e spingere i consumatori a consumare di più anziché attendere il futuro ribasso dei prezzi assicurato da una consolidata deflazione pluriennale. Se ci saranno maggiori consumi le imprese aumenteranno profitti e occupazione e con essa avremo anche maggiore inflazione salariale creando un circolo virtuoso.
POSSIBILI IMPATTI NEGATIVI SULLE FAMIGLIE – Ora rimane da vedere se la terapia funzionerà, ossia se passare dal 28% del Pil di reflazione monetaria, che produce comunque deflazione da anni, al 56% riuscirà a portare più inflazione. Il problema, conclude Vitolo, è che se con la debolezza dello yen le imprese non torneranno a fare utili e a distribuirli sotto forma di maggiori salari, l’inflazione eroderà i redditi reali e il tenore di vita dei giapponesi si comprimerà in un circolo vizioso di sempre più ridotti consumi.
SERVONO RIFORME E INVESTIMENTI – In sostanza non è detto che l’espansione di bilancio generi più inflazione e più crescita. Per questo motivo il piano della Boj non potrà essere di successo senza che il governo non dia seguito a una serie di riforme e di investimenti atti a stimolare comunque la domanda interna e favorire il ritorno agli investimenti da parte delle imprese.
IL DEBITO PUBBLICO – Altro aspetto problematico rimane poi quello di come riuscire a stabilizzare il debito pubblico e di come evitare che il riemergere dell’inflazione non provochi sconquassi nei portafogli di banche, assicurazioni e fondi pensione. Su come andrà a finire è presto per dirlo, l’esperimento è ormai iniziato, il “capitale politico e sociale” in gioco è enorme, ma non esiste un piano B di controllo o di uscita.