Bnp Paribas IP, margini di crescita interessanti in Europa

LO SCENARIO – Negli ultimi tempi i dati economici in arrivo dagli USA sono stati perlopiù negativi, tuttavia pare che i mercati azionari non ne abbiano risentito oltre misura, considerando questo fenomeno di natura temporanea. I nostri esperti, spiega Laura Tardino, strategist di Bnp paribas IP, condividono questa opinione. Gli utili delle imprese sono migliorati nel quarto trimestre dell’anno scorso, mentre la crescita della zona euro è risultata superiore alle attese e la Banca del Giappone ha aumentato i prestiti concessi alle banche. Pertanto il contesto economico globale non è completamente compromesso.

USA: UNO SGUARDO OLTRE LA TORMENTA DI NEVE -Negli Stati Uniti, le vendite al dettaglio hanno registrato un calo inatteso nel mese di gennaio, facendo segnare il dato peggiore su base annua dal novembre del 2009: inoltre, preoccupa che i dati relativi a dicembre e novembre siano stati corretti al ribasso. Invece, un segnale incoraggiante è rappresentato dalla buona tenuta della fiducia dei consumatori a inizio febbraio e dal miglioramento della componente prospettica di quest’indice. Detto questo, tuttavia, bisogna precisare che l’indice di fiducia non si attesta su livelli particolarmente elevati. La produzione industriale ha registrato il primo calo dal luglio dello scorso anno, ma questa flessione pare riconducibile alle avverse condizioni meteorologiche ed all’andamento del ciclo delle scorte. Anche il settore dell’edilizia residenziale non è stato in grado di evitare gli effetti del rigido inverno di quest’anno. La fiducia delle imprese edili è crollata e le vendite delle abitazioni e l’attività di costruzione sono state penalizzate dalla diminuzione degli acquirenti e dal calo delle vendite complessivo. L’economia USA stava già rallentando prima della frenata dovuta al rigore dell’inverno. I consumi dovrebbero rallentare dopo essere cresciuti a ritmi superiori rispetto agli incrementi salariali. Inoltre, anche la spinta del commercio con l’estero e della ricostituzione delle scorte pare destinata ad indebolirsi. Una ripresa nel secondo trimestre dovrebbe porre le premesse per un miglioramento nella seconda metà di quest’anno. Tuttavia le stime prevalenti sui mercati, che prevedono una crescita del PIL vicina al 3%, potrebbero rivelarsi eccessivamente ottimistiche. A nostro avviso, il peggioramento degli ultimi dati non basterà ad indurre la Federal Reserve ad arrestare il ridimensionamento del programma di allentamento quantitativo. Inoltre, una decisione in tal senso farebbe solo aumentare l’incertezza con effetti negativi sugli attivi a maggior rischio.

ZONA EURO: SI RAFFORZA LA CRESCITA – La crescita nell’area dell’euro è risultata superiore alle attese nel quarto trimestre. Il miglioramento è stato generalizzato: la crescita in Francia ha accelerato e l’Italia ha registrato un trimestre positivo per la prima volta dal secondo trimestre del 2011. La crescita in Olanda è stata favorita da forti investimenti in veicoli commerciali, mentre in Portogallo, le riforme strutturali e il miglioramento della competitività sembrano portare i primi frutti. Questi dati favorevoli sono stati accolti con favore dai mercati, dopo il recente indebolimento delle vendite al dettaglio e della produzione industriale. I nostri esperti non hanno modificato le previsioni relativamente positive per l’area dell’euro. La crescita sarà probabilmente inferiore rispetto agli Stati Uniti, ma l’Europa presenta margini più ampi per rialzi superiori alle attese, dal momento che la domanda repressa dovrebbe essere superiore nella zona euro che negli Usa.

GIAPPONE: NUOVI STIMOLI MONETARI – La Banca del Giappone ha incrementato i prestiti concessi alle banche. Sebbene si tratti di importi contenuti rispetto a quelli destinati all’acquisto di attivi, il mercato azionario ha reagito positivamente. La banca centrale giapponese pare intenzionata ad accentuare l’allentamento quantitativo. Secondo i nostri esperti, l’arrivo di nuovi interventi è solo una questione di tempo, e potrebbero arrivare già dopo l’aumento dell’IVA previsto ad aprile. Gli ultimi dati relativi alla crescita del PIL hanno segnalato la necessità di nuove misure di allentamento: la crescita, infatti, è risultata notevolmente più lenta rispetto alla media registrata nel primo semestre dell’anno scorso. I consumi potrebbero migliorare nel primo trimestre in previsione dell’aumento dell’IVA, ma è probabile che scendano nel periodo successivo. Il miglioramento della deflazione si è arrestato l’anno scorso. Sempre in Asia, c’è da rilevare che l’aumento delle esportazioni della Cina non ha trovato riscontro nei dati degli altri paesi dell’area. L’inflazione non ha registrato variazioni di rilievo. Questi dati non segnalano la necessità d’interventi da parte della banca centrale di Pechino, benché i tassi di interesse interbancari potrebbero rimanere elevati dato che il governo sta tentando di frenare gradualmente l’espansione del credito. Ad ogni modo, in questo periodo dell’anno i dati in arrivo dalla Cina dovrebbero essere presi con cautela poiché è possibile che siano distorti dalla celebrazione del nuovo anno cinese.

ALLOCAZIONE DEGLI ATTIVI: NESSUN CAMBIAMENTO – Nonostante il miglioramento dei multipli di mercato degli indici azionari dei paesi emergenti, i nostri esperti non hanno rilevato indicatori sufficienti di un’accelerazione della crescita che giustifichino il passaggio ad una posizione sottopesata. Il debito dei paesi emergenti ha recuperato parte delle recenti perdite: inoltre, rispetto alle obbligazioni societarie europee o statunitensi di qualità analoga, gli spread sui titoli sovrani dei paesi emergenti sono relativamente elevati. Abbiamo assunto una posizione corta in termini di duration sui Bund della Germania, poiché riteniamo che i rendimenti di questi titoli siano scesi in misura eccessiva da inizio anno. La riluttanza della BCE ad adottare interventi risoluti per stimolare l’inflazione dovrebbe rivelarsi favorevole a questa posizione in portafoglio. Abbiamo una posizione corta in euro rispetto al dollaro, A nostro avviso, il calo dell’inflazione nell’area dell’euro e il probabile allentamento monetario della banca centrale dovrebbero favorire un ulteriore deprezzamento dell’euro.

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