I PRIMI PASSI – Ciò che i manager dovrebbero temere, invece, è la capacità di distribuzione capillare di società come Google, Facebook o Amazon, qualora decidessero di trasferire la loro potenza di fuoco tecnologica nella gestione patrimoniale. E lo stanno già in parte facendo. Circa due mesi fa, il social network di Mark Zuckerberg ha infatti lanciato un servizio finanziario grazie al quale gli utenti possono raccogliere soldi virtuali e usarli per pagare o fare transazioni con gli altri.
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GOOGLE E AMAZON – Google non è da meno. Negli Stati Uniti, la società di Mountain View ha introdotto il Google Wallet, che consente ai clienti i utilizzare i loro telefoni per effettuare pagamenti nei negozi on-line. Amazon possiede uno dei più sofisticati sistemi al mondo per la gestione della liquidità per sostenere le vendite online. E ha, inoltre, iniziato a commercializzare le carte di credito attraverso i suoi canali di distribuzione on-line, più le app per asset manager come Fidelity e Vanguard.
PRONTI ALLA CONCORRENZA? – Il numero uno di Jp Morgan, Jamie Dimon, sta tenendo sott’occhio la possibile minaccia. A inizio anno ha dichiarato che “quando vado nella Silicon Valley, sembra che tutti vogliano mangiare il nostro pranzo. Tutti ci stanno provando”. E Francisco González, a.d. della banca spagnola BBVA, sul Financial Times, ha messo in guardia il settore: “penso che le banche non siano pronte a fronteggiare questa nuova concorrenza”.
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DALLA CINA – Ma la minaccia arriva anche dal fronte orientale. I giganti tecnologici cinesi come Baidu, Tencent e Alibaba stanno cominciando a offrire servizi di gestione del risparmio e di consulenza attraverso i loro portali su Internet. Alibaba ha acquistato il 51% di Tianhong Asset Management, che è diventato subito uno dei maggiori fondi del Paese. D’altronde è davvero così impensabile che un investitore online possa seguire un fondo semplicemente mettendo “like” su Facebook?