Greenwood (Invesco): l’Europa arriverà in ritardo sulla ripresa

ATTESE, PREVISIONI E STRATEGIEInvesco si è aggiudicata il primo posto tra i big esteri per raccolta netta anche a marzo con 594 milioni di euro, portando il patrimonio a 11 miliardi di euro. Come era già successo lo scorso febbraio, quando Invesco era stata la prima casa estera per raccolta netta mensile, con 644 milioni di euro, anche il nuovo dato premia una strategia che punta a un’ampia diversificazione dei prodotti, legati a soluzioni Income e multi-asset. Ma come si comporteranno i mercati nei prossimi mesi? Risponde John Greenwood, capoeconomista del gruppo quotato al Nyse con un capitale gestito pari a 787,3 miliardi di dollari.

Che cosa succederà nei prossimi mesi?
Per le economie sviluppate vediamo un graduale rafforzamento della ripresa, con gli Stati Uniti in testa, Regno Unito e Giappone a seguire e l’eurozona in grande ritardo. Nei Paesi emergenti lo scorso anno le condizioni economiche sono peggiorate e nel 2014 la crescita dovrebbe rallentare rispetto agli ultimi due anni. I mercati azionari globali dei Paesi emergenti hanno vissuto un primo trimestre altalenante a causa di crescenti tensioni geopolitiche ed eventi climatici che hanno depresso molti indicatori. Con il veloce calo dei dati ufficiali sulla disoccupazione registrato negli Stati Uniti e nel Regno Unito negli ultimi mesi, i comitati per la politica della banca centrale di entrambi i Paesi hanno abbandonato la politica monetaria quantitativa a favore di una qualitativa più debole durante il primo trimestre 2014. Inoltre, a marzo, durante la sua prima conferenza stampa dopo il Fomc, Janet Yellen, ha chiarito che la finestra per l’attuale tasso Fed fund dello 0-0,25% probabilmente non durerà oltre la metà del 2015, prima cioè di quanto precedentemente ipotizzato dagli operatori. Nei Paesi emergenti le notizie non sono state altrettanto favorevoli, dato che diverse importanti economie emergenti avevano allentato le condizioni di accesso al credito nel periodo 2009-2012 e le ripercussioni sono tuttora visibili. Cina, Brasile, India, Indonesia e Turchia sono tutti alle prese con le conseguenze della precedente eccessiva espansione della massa monetaria e del credito. Diverse economie emergenti hanno dovuto svalutare la valuta e molte devono ridurre i tassi di inflazione. Questi aggiustamenti macroeconomici stanno rallentando la crescita delle economie in scia a problemi sottostanti di risanamento patrimoniale delle economie sviluppate e di riequilibrio strutturale di quelle emergenti. Negli Stati Uniti, comunque, la ripresa prosegue il suo lento ma progressivo cammino, con l’inflazione che resta inferiore al previsto.

I rendimenti dei titoli di Stato Usa a 10 anni sono scesi dal 3% di fine anno al 2,6-2,7% di metà marzo, rispecchiando la debolezza della performance economica e il perdurare di bassissimi tassi di inflazione. Come saranno i rendimenti nel futuro, secondo voi?
Nonostante l’attività economica sia migliorata, questi continueranno a restare bassi a causa dell’ancoraggio dei tassi di interesse nel segmento a breve da parte della Fed e dei tassi di inflazione al di sotto delle aspettative.

E L’Europa?
Prevediamo che la crescita del Pil reale dell’eurozona quest’anno raggiungerà appena l’1%, mentre il tasso di inflazione risulterà ancora una volta inferiore all’obiettivo della Bce, restando a quota 0,8% nella migliore delle ipotesi. Confermo inoltre il quadro deflazionistico che ormai da tempo avevo delineato per l’eurozona.

Sul fronte Giappone, lei ha detto che da un punto di vista più a lungo termine, il successo conseguito dall’Abenomics è ancora in dubbio. Ci può spiegare meglio?
Sebbene si sia verificata una temporanea impennata della crescita, questo è in larga parte dovuto alla svalutazione dello yen e alla corsa alla spesa in vista dell’imminente aumento impositivo. Se dopo aprile lo yen si rafforzasse e la spesa crollasse, la sostenibilità del programma sarebbe tutta da dimostrare. Un problema è che i salari stanno ancora salendo lentamente, allo stesso ritmo dell’inflazione nella migliore delle ipotesi. Altro elemento che pesa è il deterioramento del commercio esterno e delle partite correnti, principalmente imputabile alle crescenti importazioni di petrolio e gas. Adesso ci sono in corso piani di finanziamento: la linea di credito a supporto della crescita e quella di stimolo bancario. Riteniamo che per il 2014 la crescita del Pil reale si attesterà all’1,3% e l’indice nazionale dei prezzi al consumo farà registrare invece un aumento dell’1%.

Quale asset class è da favorire in questa fase?
Il lato positivo di tutto è che, grazie alla prolungata presenza di capacità in eccesso, anche l’inflazione dovrebbe restare contenuta per un periodo di tempo più lungo. Inoltre, il protrarsi di un periodo di crescita sotto la media implica che la fase di ripresa economica possa risultare più lunga rispetto al normale, arrivando forse a durare un decennio, come accaduto negli anni Novanta. Nel caso in cui ciò dovesse rivelarsi corretto, una continua crescita del Pil potrebbe determinare una crescita moderata degli utili per diversi anni e questo a sua volta potrebbe favorire l’andamento delle piazze azionarie.

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