Bnp Paribas IP: il rialzo dell’inflazione negli Usa potrebbe spingere la Fed a intervenire

INDICI AZIONARI FERMI – Questa settimana si terrà la riunione mensile del comitato di politica monetaria della Federal Reserve, ma i risultati dovrebbero essere meno interessanti rispetto alle decisioni adottate dai vertici della BCE a inizio giugno. Inoltre, osserva Laura Tardino, strategist di Bnp Paribas Investment Partners, nelle ultime settimane non vi sono stati fattori particolarmente rilevanti che hanno influenzato l’andamento delle borse. Le turbolenze in Iraq hanno spinto al rialzo i prezzi del greggio ma non in misura sufficiente da incidere sui mercati finanziari, e dunque gli indici azionari hanno ristagnato.

USA: INFLAZIONE IN RIALZO – Gli incrementi dei prezzi al consumo (cfr. grafico) ci ha spinto ad interrogarci sull’opportunità di un’accelerazione del ritiro  degli stimoli monetari e di un rialzo dei tassi anticipato da parte della Federal Reserve. Il Fondo monetario internazionale ritiene che ciò sia poco probabile e sostiene che la banca centrale USA dovrebbe evitare eventuali turbolenze innescate da una stretta anticipata sui tassi. Secondo le stime dell’FMI gli USA registreranno la piena occupazione solo alla fine del 2017, mentre l’inflazione dovrebbe restare contenuta. Le nostre analisi concordano con l’FMI nel ritenere che le attuali pressioni inflative siano deboli e che alla luce delle condizioni dell’economia e del mercato del lavoro pare poco probabile che persistano. Infatti, i prezzi alla produzione core e il costo del lavoro hanno registrato incrementi modesti. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, a nostro avviso le stime dell’FMI sono eccessivamente pessimistiche. Inoltre, pare poco probabile che la banca centrale USA attenda la piena occupazione prima di iniziare ad innalzare i tassi, mentre negli ultimi anni la Federal Reserve non è parsa preoccuparsi molto della volatilità dei mercati.
Nel complesso, a nostro avviso non vi sono molti fattori che potrebbero indurre la Federal Reserve ad accelerare il ritiro degli stimoli monetari.

ZONA EURO: MIGLIORA L’OCCUPAZIONE – Nel primo trimestre l’occupazione è salita per il secondo trimestre consecutivo (cfr. grafico) ma il miglioramento è stato modesto. Tale andamento dovrebbe consolidare la fiducia dei consumatori, ma il miglioramento del potere d’acquisto non è stato particolarmente rilevante. Negli ultimi tempi gli indicatori prospettici hanno delineato un quadro in chiaroscuro, ma ciò non ci ha indotto ad abbandonare un relativo ottimismo sulla crescita, pur tenendo la situazione sotto stretto controllo. Naturalmente è troppo presto per valutare appieno gli effetti delle misure di politica monetaria varate dalla BCE, ma l’annuncio dei provvedimenti si è rivelato positivo per le obbligazioni dei paesi periferici dell’UE (favorendo un calo di spread e rendimenti). Inoltre, le banche hanno rimborsato alla BCE i prestiti triennali del 2011 e 2012 e ciò potrebbe indicare che utilizzeranno i nuovi TLTRO (prestiti pluriennali “mirati”) per rimpiazzare gli attuali LTRO a partire da settembre.

CINA E GIAPPONE: CRESCITA FIACCA – In base alle serie storiche, la produzione industriale in Cina – attestata all’8,8% su base annua – pare fiacca. Anche le vendite al dettaglio sono migliorate, ma non sono ancora elevate per gli standard della Cina. Le flessioni dei prezzi delle case sono state generalizzate (cfr. grafico) ma poiché l’indebitamento è relativamente basso in questo mercato, il rischio sistemico pare gestibile. Considerato che i tassi interbancari sono diminuiti e che gli obblighi di riserva per le banche più piccole sono stati alleggeriti, le autorità di Pechino paiono intenzionate a difendere gradualmente l’obiettivo di crescita del PIL fissato per quest’anno (7,5%). Ad ogni modo, saranno necessari nuovi provvedimenti qualora il mercato immobiliare continuasse a rallentare, poiché l’edilizia residenziale rappresenta circa il 20% dell’economia. L’import-export del Giappone è crollato e, in termini di valore, gli incrementi dell’anno scorso favoriti dal deprezzamento dello yen sono andati perduti. Le imprese cinesi hanno preferito aumentare i margini di profitto sulle esportazioni invece di farne lievitare il volume, ma  questa scelta potrebbe comportare un aumento degli investimenti. Nel complesso l’economia pare destinata a riassestarsi su una crescita modesta dopo la frenata del secondo trimestre e, quando l’impatto del deprezzamento dello yen sull’inflazione si esaurirà, la Banca del Giappone potrebbe decidere di accentuare l’allentamento quantitativo.

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