Utermann (Allianz GI): lunga vita alla gestione attiva!

QUALE FUTURO PER LA GESTIONE ATTIVA?  – La gestione attiva non è morta, ma le nuove condizioni di mercato richiedono un adeguamento di questa strategia che, rispetto al passato, deve concentrarsi maggiormente sulla generazione di alpha. Ne è convinto Andreas Utermann, global chief investment officer e co-head di Allianz Global Investors, secondo cui “gli asset manager che riusciranno nella metamorfosi riacquisteranno la fiducia degli investitori, poiché saranno in grado di generare l’obiettivo di rendimento dei clienti”.

LE PREOCCUPAZIONI DEGLI ESPERTI – Una cosa è certa, spiega Utermann: “i gestori patrimoniali attivi sono sotto pressione, e la pressione è talmente forte che alcuni esperti del settore hanno già fatto suonare le campane a lutto. La ragione è che, dopo aver generato un notevole valore aggiunto per i clienti per oltre tre decenni, i gestori attivi di fondi azionari in media non sono stati in grado di superare i propri benchmark dal 2009. Ciò soffia vento a favore per i sostenitori delle strategie di investimento passive e pone una questione sull’esistenza della gestione patrimoniale attiva”. Ma il cio di Allianz GI è convinto che queste sentenze sulla fine della gestione attiva siano del tutto esagerate e che al contrario, considerando l’attuale combinazione di bassi tassi di interesse da un lato, e costante ricerca di rendimenti più elevati da parte degli investitori dall’altro lato, “la gestione attiva è oggi più importante che mai”. Le condizioni del mercato finanziario sono cambiate radicalmente. “In passato, per ottenere ritorni a lungo termine elevati gli investitori potevano affidarsi in gran parte ai rendimenti del mercato, vale a dire il beta. L’outperformance – alpha – rappresentava una sorta di ciliegina sulla torta. Al giorno d’oggi, in tempi di repressione finanziaria, è il contrario: alpha, il rendimento aggiuntivo, è diventato la principale fonte di reddito e la componente di beta un’integrazione”.

E’ NECESSARIA UNA METAMORFORSI – “Queste nuove condizioni richiedono dunque un adeguamento della gestione attiva che, rispetto al passato, deve concentrarsi maggiormente sulla generazione di alpha. Ciò emerge analizzando le cause della mancata sovraperformance degli ultimi anni. Una delle principali ragioni è il calo della volatilità del mercato azionario e contemporaneamente la maggiore correlazione tra le azioni. Questo si riflette anche nelle metriche: il tracking error per i fondi azionari, per esempio, che misura la differenza tra il rendimento atteso del portafoglio e il benchmark, è diminuito negli ultimi anni. Alcuni osservatori del mercato hanno concluso che i gestori di fondi devono più che mai attenersi al loro benchmark. Ma questo non è assolutamente vero”, prosegue Utermann. “Al contrario, questo significa che la gestione del portafoglio deve diventare sempre più attiva. Nel contesto attuale la cosiddetta active share – la somma del peso delle deviazioni del portafoglio rispetto all’indice di riferimento, che misura direttamente se e in quale misura esiste una selezione azionaria attiva – è probabilmente lo strumento migliore per misurare il grado di attività di un gestore”.

COSA DEVONO FARE I GESTORI – Ora dunque, i gestori patrimoniali attivi dovranno concentrarsi maggiormente sulle seguenti strategie: stock picking concentrato, stock picking diversificato, strategie uncostrained e alternative, arricchite dal supporto dell’investimento attivo e sistemi di gestione del rischio sofisticati. In tale modo non diventeranno operatori di nicchia ma, al contrario, potrebbero beneficiare di un enorme potenziale di mercato”.

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