Skandia cambia il nome, ma non l’ambizione

REBRANDING – Il 20 ottobre Skandia Vita ha cambiato nome ed è diventata Old Mutual Wealth. Il rebranding arriva otto anni dopo l’acquisizione di Skandia da parte del gruppo Old Mutual e per la società che fra le prime ha introdotto nel mercato italiano il concetto di architettura aperta rappresenta la logica evoluzione del suo percorso. Avete cambiato recentemente nome, sottolineando che questo mutamento è la naturale conclusione di un percorso iniziato nel 2006.

Che cosa ha fatto avvicinare Old Mutual e Skandia?
Le due società hanno avuto origini comuni e valori condivisi, anche se sono diventati grandi gruppi seguendo strategie diverse: Old Mutual divenendo leader in soluzioni finanziarie di breve e lungo termine, prima in Sud Africa e poi nel resto del continente, e Skandia portando l’investimento finanziario nel mondo assicurativo e, di conseguenza, introducendo nel mercato il concetto di piattaforma ad architettura aperta.

Cambierà qualcosa sul fronte dell’offerta, dopo il rebranding?

L’expertise in questo mercato maturata negli anni, unita alla potenzialità finanziaria del nostro gruppo, ci permetteranno di implementare le nostre competenze e di fornire ai consulenti soluzioni su misura per le esigenze dei loro clienti. Il valore della nostra offerta continuerà a essere l’opportunità di accedere a un contenitore assicurativo- finanziario composto da oltre 750 fondi comuni appartenenti a più di 80 case di gestione, rappresentativi di tutte le asset class disponibili sul mercato e selezionati in seguito a un’analisi di circa 30.000 fondi.

Come mai le unit linked riscuotono da qualche anno un enorme successo in Italia?
Credo che il crescente successo delle polizze vita unit linked sia legato a tre fattori. In primis, l’operatività: la libertà per il cliente di muoversi, in compensazione fiscale, all’interno del contenitore assicurativo, sia tra fondi di una stessa società di gestione sia tra fondi di diverse società. Cosa che invece non avviene per gli switch al di fuori del contenitore assicurativo. A favorire l’interesse per le unit linked ha contribuito anche il ritorno degli istituti di credito al risparmio gestito dopo qualche anno in cui gli sforzi sono stati rivolti a rafforzare i coefficienti patrimoniali degli stessi istituti, nonché la fase di empasse che ha contraddistinto le gestioni patrimoniali.

Con la legge di stabilità si riduce l’appeal fiscale delle polizze vita come strumento di pianificazione patrimoniale ai fini successori. Lei che idea si è fatto?
L’impatto di questa normativa, se entrerà in vigore, riguarderà soltanto le plusvalenze maturate in polizza e non il capitale versato e la copertura caso morte. Sono rimasti inoltre invariati tutti gli altri vantaggi fiscali. Pertanto la unit continuerà a essere un prodotto interessante, per esempio, per la pianificazione successoria. Comunque, sono convinto che la componente fiscale non sia, e non possa essere, l’unico motivo per scegliere una unit. Ci sono i vantaggi finanziari legati alla piattaforma diversificata e selezionata di fondi, poi i vantaggi operativi che permettono di essere sempre investiti e di sfruttare la compensazione tra minus e plusvalenze, e ci sono gli strumenti per affrontare i diversi momenti di mercato. Insomma, la unit non è altro che un contenitore. La vera differenza è data dalla qualità del contenuto. 

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