Fondi in Borsa, solo un inizio

FONDI IN BORSA – Dopo oltre un anno di attese per le modifiche normative regolamentari, sembra tutto pronto per accogliere i fondi comuni in Borsa. Data di sbarco? Il 1° dicembre 2014. Lo riporta Il Sole 24 Ore, spiegando che si tratta di un passaggio storico per l’intera industria del risparmio gestito italiano.

COME FUNZIONA – Nel segmento di Piazza Affari a loro dedicato, i fondi saranno scambiati al Nav (net asset value), senza un doppio prezzo di acquisto e vendita, il cosiddetto spread denaro-lettera. Le compravendite saranno effettuate mediante l’immissione nel book di negoziazione di proposte senza limite di prezzo e l’esecuzione dei contratti sarà realizzata sulla base del Nav riferito al giorno di negoziazione.

LE CONSEGUENZE SULL’ASSET MANAGEMENT – Ma quali saranno le conseguenze sulle dinamiche competitive dell’asset management italiano? Gestori, banche e associazioni si sono più volte espressi facendo registrare un consenso robusto su alcuni effetti attesi: il risparmiatore finale beneficerebbe di una maggiore scelta, di più trasparenza, di una competizione più libera e sana, di minori commissioni e di costi di gestione più chiari. Ma le più toccate dalla novità, evidenzia Massimo Arrighi, partner A.T. Kearney (nella foto), saranno le reti di promozione finanziaria: per loro la negoziazione in Borsa dei fondi è un rischio o un’opportunità?

RIMODULAZONE DEL MODELLO DI SERVIZIO – “Noi riteniamo che anche la quotazione si inserirebbe nel percorso orientato al recepimento delle direttive comunitarie come la Mifid, già avviato ma ancora allo stato embrionale”, spiega Arrighi. “Sarebbe un passo, importante ma iniziale, in un processo articolato verso la progressiva rimodulazione del modello di servizio: dal supporto puramente tecnico sulla negoziazione decisa dal cliente fino alla consulenza avanzata e fee-based in architettura aperta”.

PUNTI DA RISOLVERE – La quotazione sarebbe dunque, prosegue Arrighi, “un incentivo in più per le reti distributive per dotarsi di strumenti e capacità distintive per competere con i possibili nuovi concorrenti: consulenti finanziari indipendenti che, sul modello anglosassone, potrebbero e dovrebbero finalmente nascere anche in Italia e andare a occupare lo spazio più elevato – e proficuo – del business dell’asset management. L’introduzione della piattaforma telematica per la negoziazione dei fondi presenta comunque alcuni punti ancora da risolvere” (Per leggere l’intervento completo di Massimo Arrighi, cliccate qui).

VOCE A RETI E GESTORI – Ma cosa ne pensano gestori ed esperti? Se Massimo Giacomelli, responsabile del servizio Mps Promozione Finanziaria dichiara che “per il nostro mercato si intravede una accelerazione verso la consulenza a pagamento” (qui la notizia), Matteo Astolfi, director di M&G Investments in Italia, non cambierà nulla: “Facendo ricorso a una metafora, è un po’ come con le gomme delle auto. Quasi nessuno se le cambia da solo. Pochissimi comprano fondi senza il gommista” (qui la notizia). Anche Aldo Varenna, presidente di Efpa Italia e vice presidente di Efpa Europe, crede “che tutto quello che porta qualità e trasparenza al risparmiatore vada sollecitato e salvaguardato” (qui la notizia).

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