Schroders: la svalutazione dello yuan peserà (anche) sull’azionario Euro?

I MOTIVI ALLA BASE DELLA SVALUTAZIONE – La svalutazione operata da Pechino negli ultimi giorni ha scatenato un acceso dibattito sulle motivazioni alla sua base. Una possibile interpretazione, spiega Martin Skanberg, gestore azionario europeo di Schroders, lega gli interventi di questa settimana a considerazioni politiche, con la Cina che cercherebbe di far sì che il tasso di cambio sia maggiormente guidato dal mercato, elemento che permetterebbe di ottenere l’ammissione dello yuan nel basket dei Diritti Speciali di Prelievo (SDR) del Fondo Monetario Internazionale.

MERCATI EMERGENTI IN TENSIONE – “Nonostante ciò, i mercati si sono concentrati sulla possibilità di ulteriori forti cali dello yuan; siamo d’altronde consapevoli che il cambiamento della politica monetaria cinese potrebbe anche indicare fondamentali più deboli e un peggioramento dello stato di salute dell’economia. Il rallentamento della crescita del PIL è testimoniato anche dai segnali ricevuti dalle imprese, che suggeriscono una contrazione considerevole dei dati commerciali, con i livelli delle esportazioni e delle importazioni significativamente più bassi. Di conseguenza, il premio per il rischio globale dovrebbe essere rivisto al rialzo, in linea con una crescita globale più debole. Potremmo assistere a un’accelerazione delle tensioni dei Mercati Emergenti, che probabilmente continueranno ad avere un impatto negativo sui prezzi delle materie prime e dell’energia”.

RISCHIO DI PRESSIONI DEFLATIVE – Una conseguenza è che potremmo assistere a un ritorno delle pressioni deflative. Queste sono evidenti anche dai più bassi prezzi alla produzione in Cina, attualmente in calo del 5% anno su anno. Il contagio ai Mercati Emergenti, la guerra valutaria e le potenziali conseguenze sull’area dell’Asia Pacifico rappresentano un rischio più ampio per l’azionario europeo. Non possiamo escludere un periodo più lungo di svalutazioni competitive, poiché l’idea generale è che lo yuan sia sottovalutato del 5-10% rispetto al dollaro, anche se il gap è molto più significativo rispetto ad altre valute di Mercati Emergenti. D’altra parte, un altro scenario è che la pressione deflativa importata nell’Eurozona e nel Regno Unito potrebbe spingere la Banca Centrale Europea (BCE) a estendere la sua politica di allentamento monetario: ciò sarebbe probabilmente positivo per il sentiment circa l’azionario dell’area euro. Inoltre, il rischio di una svalutazione estrema sarebbe cancellato, se l’intenzione delle autorità cinesi si rivelasse solo quella di creare un tasso di cambio più flessibile.

L’ESPOSIZIONE DELL’EUROZONA ALLA CINA È MODERATA – Circa il 6% delle esportazioni totale dell’Eurozona sono dirette alla Cina, mentre circa il 10% delle importazioni provengono dal gigante asiatico (fonte: Citibank). Sebbene tali percentuali non siano trascurabili, il livello generale è abbastanza moderato e sottolinea come il commercio interno all’area euro sia molto più importante per il PIL dell’Eurozona. Ulteriori svalutazioni sarebbero un ostacolo per il potere di determinazione del prezzo delle esportazioni, ma importazioni più economiche potrebbero controbilanciare questo effetto e dare sostegno ai consumi nell’area euro. Inoltre, dobbiamo assicurarci di mantenere una prospettiva sulla svalutazione cinese. Data la debolezza dell’euro contro il dollaro nell’ultimo anno, la moneta unica si è deprezzata di circa il 2% rispetto allo yuan negli ultimi 12 mesi e di circa il 9% negli ultimi due anni. Di conseguenza, le società esportatrici dell’Eurozona godono comunque di una spinta positiva sul fronte valutario, agli attuali livelli.

IMPATTO CONTENUTO – Per quanto riguarda l’esposizione azionaria dell’Eurozona, non sono disponibili dati dettagliati. Si stima che circa il 12% delle vendite ponderate per la capitalizzazione di mercato (riferite alle società dell’Eurostoxx 50) siano dirette alla regione Asia Pacifico, con solo il 2% di esse indirizzate direttamente alla Cina. Va notato che queste cifre includono solo le vendite dirette e non riflettono pienamente il valore aggiunto delle vendite interne all’Eurozona che potrebbero poi diventare esportazioni verso la Cina. Tuttavia, possiamo stimare che l’esposizione degli utili societari sia a un livello lievemente più alto (circa al 6%). Di nuovo, ciò dimostra la dipendenza dal commercio locale europeo (59% circa). Per questo, ci aspettiamo un impatto solo moderato dalle oscillazioni dei tassi di cambio sui mercati dell’Eurozona.

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