Bnp Paribas IP: l’Fmi conferma una crescita mondiale a due velocità

SCENARIO – Dopo l’ondata di vendite di agosto e le forti oscillazioni registrate di recente, i mercati azionari potrebbero essere vicini al punto di svolta, spiega Joost van Leenders, chief economist del team multi asset strategy di Bnp Paribas IP: gli indici principali stanno risalendo infatti dai bassi livelli su cui si erano attestati. Gli spread sul debito dei mercati emergenti si sono contratti e, in misura minore, anche quelli sulle obbligazioni societarie, mentre i rendimenti dei titoli di Stato hanno fatto segnare solo lievissimi rialzi. Il clima di mercato pare ancora caratterizzato dall’incertezza, tuttavia le correzioni dei listini suggeriscono che le inquietudini in gran parte sono già state integrate nelle quotazioni. Per questi motivi, sottolinea van Leenders nella strategia settimanale della società, “abbiamo preferito mantenere invariata una modesta sovraesposizione verso gli attivi rischiosi. Invece abbiamo liquidato la sovraesposizione verso il comparto azionario dei paesi emergenti asiatici rispetto all’indice complessivo degli altri mercati in via di sviluppo”.

FMI: REVISIONI AL RIBASSO E RISCHI DI RALLENTAMENTO
– Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha pubblicato il nuovo numero del World Economic Outlook, che pare improntato al pessimismo: infatti, l’FMI ha ridotto ulteriormente le stime di crescita globale sia per quest’anno che per il prossimo. Tuttavia, l’FMI prevede che la crescita economica nei paesi avanzati dovrebbe tornare a salire sia quest’anno che nel 2016, grazie alla robusta ripresa nell’area dell’euro e al ritorno dell’espansione in Giappone. Ad ogni modo – malgrado i fattori positivi, come il calo dei prezzi del petrolio e le politiche monetarie espansive – gli esperti del Fondo ritengono che le prospettive di crescita nel medio periodo rimangano modeste, in particolare a causa del calo degli investimenti, di andamenti demografici sfavorevoli e di uno scarso incremento della produttività. L’FMI prevede un generale indebolimento dell’attività economica nei mercati emergenti riconducibile al rallentamento della Cina, che è legato a sua volta agli assestamenti dopo gli eccessi di crescita di credito e investimenti ed alle prospettive di una contrazione delle esportazioni. Le previsioni dell’FMI sono dunque in linea con lo scenario di crescita asincronica delineato dai nostri analisti.

I PMI CONFERMANO UNA CRESCITA GLOBALE DISOMOGENEA
– Tutti gli indicatori prospettici di settembre elaborati in base alle indicazioni dei direttori degli acquisti (PMI) sono stati pubblicati e il quadro complessivo conferma una crescita disomogenea dell’economia mondiale. Il PMI globale ponderato per il PIL è sceso al livello più basso dal dicembre dell’anno scorso. La quota dell’indice relativa alle economie avanzate si colloca su un livello leggermente superiore alla media degli ultimi sei anni, attestandosi saldamente in territorio positivo e segnalando una crescita economica. Invece, nelle economie emergenti, il PMI composito medio si è collocato sotto la soglia dei 50 punti (che rappresenta lo spartiacque tra contrazione e crescita) per cinque mesi consecutivi ed è sceso a settembre al livello più basso dal marzo del 2009. Lo sfasamento tra le due aree è ancora più netto nel settore manifatturiero. Nelle aree avanzate, infatti, l’indice medio è rimasto invariato dal mese di marzo, mentre nei paesi emergenti è sceso nettamente sotto quota 50.

USA: LA CRESCITA RALLENTA? –
La scorsa settimana i nostri esperti hanno paventato un probabile rallentamento della crescita del PIL nel terzo trimestre, riconducibile agli effetti sfavorevoli legati all’andamento del commercio con l’estero e al ciclo delle scorte. Tuttavia la domanda interna pare abbastanza robusta, come mostrano le vendite di autovetture, balzate a settembre vicino a livelli record. Naturalmente la spesa al consumo può tenere solo se viene sorretta dal mercato del lavoro, e dunque la crescita dell’occupazione inferiore alle attese fa sorgere qualche timore. La creazione di nuovi impieghi ha registrato un notevole rallentamento ad agosto e settembre e la media delle ore settimanali lavorate è scesa, come pure il numero dei disoccupati. La forza lavoro si è contratta facendo precipitare tasso di partecipazione al livello più basso da vari decenni a questa parte. Tuttavia gran parte di queste cifre non sono in linea con gli altri dati rilevati sul mercato. I consumatori, infatti, hanno espresso maggiore ottimismo sulle prospettive dell’occupazione, le richieste di sussidi di prima disoccupazione sono ai minimi storici, il numero di posti vacanti è ancora elevato e i piccoli imprenditori hanno dichiarato che effettuare le assunzioni necessarie è più difficile rispetto al periodo precedente alla recessione del 2008/09.  Nel mese di agosto, il deficit della bilancia commerciale si è notevolmente ampliato sia in termini reali che nominali. La crescita delle importazioni potrebbe temporaneamente rallentare quando le società smaltiranno le scorte, ma dato che gli USA crescono più rapidamente rispetto ai loro principali partner commerciali – Canada ed Europa – ed alla luce della forza del dollaro, l’effetto sfavorevole dell’interscambio commerciale potrebbe perdurare ancora per qualche tempo. Nel complesso, a nostro parere è troppo presto per concludere che la domanda interna USA stia per rallentare, ma la situazione deve essere tenuta sotto controllo.

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