Consultinvest, le strategie si dirigono verso approcci flessibili

UN OTTOBRE MOLTO POSITIVO –  Il mese di ottobre è stato un ottimo mese per i mercati, che hanno messo da parte le paure estive e hanno recuperato terreno in modo sensibile, sfruttando una moderata esposizione al rischio, dopo i crolli di agosto, che ne ha esaltato il recupero. E’ questa la visione di Consultinvest, guidata da Maurizio Vitolo. Gli investitori si sono nuovamente focalizzati sulla speranza che le banche centrali continueranno a dare supporto ai mercati e siamo tornati a vedere mercati che si muovono seguendo la “regola” che le cattive notizie per le economie sono buone per i mercati, poiché le prime porteranno ad una risposta positiva delle banche centrali.

BANCHE CENTRALI PRONTE AL RILANCIO – E’ stato così per la Cina, che ha ridotto i tassi a fronte di una economia che continua a rallentare sensibilmente (ben oltre i dati ufficiali) e che sta vivendo una pericolosa crisi creditizia. E’ stato così per la Bce, che ha annunciato con determinazione l’intenzione di proseguire con il QE, vista la modesta ripresa europea e un’inflazione ferma a crescita zero. E’ stato in parte così anche per il Giappone, dove la banca centrale non si è ancora mossa per espandere il suo programma di Quantitative Easing, nonostante il mancato raggiungimento degli obiettivi di inflazione, ma non ha neppure escluso di essere pronta a farlo nei prossimi mesi. Finora è stato così anche per gli Usa, che a settembre si sono astenuti da iniziare un percorso di risalita dei tassi ormai atteso da tempo.

LA FED FUORI DAL CORO? Ultimamente però la Fed è parsa molto più indecisa. Oggi il mercato ritiene poco probabile che i tassi vengano alzati il 16 dicembre prossimo, poiché la forza dell’economia è un po’ scemata durante i mesi estivi e l’inflazione è anch’essa ferma a una crescita zero. Invece la Fed pare determinata a tenere aperta questa possibilità, come confermato dall’ultimo comunicato di questa settimana. E ha buoni motivi per farlo. La Fed, infatti, sa di essere in ritardo e di aver mancato l’occasione giusta per iniziare ad alzare i tassi nel 2014. Oggi l’economia Usa viaggia al +2/+2,5%, ed è forse più vicina ad una fase di fine del ciclo che ad un inizio. La disoccupazione è inferiore alle medie post belliche e l’inflazione, depurata dagli effetti energetici e alimentari, è solo poco più bassa della media storica dal 1970. Non ci sono più le ragioni emergenziali per giustificare una politica monetaria spinta come l’attuale. Politica monetaria che è in corso da ben 6 anni e che incidentalmente non ha avuto effetti significativi per il rilancio dell’economia reale (inefficacia presente anche in tutti gli altri Paesi che le hanno adottate). Al contrario questa politica si è dimostrata molto efficace nel creare distorsioni nell’allocazione del capitale, anche evitando necessari processi di ristrutturazione, e nel sostenere valutazioni elevate nei mercati, nonostante le economie continuassero ad avere un andamento modesto. Nel disgraziato caso in cui nel 2016 l’economia USA dovesse impiantarsi, la Fed non avrebbe grandi strumenti per contrastare la negatività che arriverebbe a colpire i mercati. Quindi è ragionevole pensare che la Fed inizi a normalizzare la sua politica monetaria per mettere da parte munizioni per il futuro.

PUNTARE SULLA SELETTIVITA’ –  Questa possibilità di deviazione della Fed dal percorso delle altre banche centrali manterrà i mercati nervosi – lo abbiamo già sperimentato per brevi momenti nel recente passato – e soprattutto quello Usa insieme ad alcuni emergenti. Gli investitori cercheranno rifugio nel dollaro e nei mercati azionari europei e giapponese, dove si aspetteranno nuovi allentamenti monetari. Tuttavia un rialzo dei tassi USA, se non ben calibrato dalla Fed in termini di messaggio, potrebbe indurre a nuove dislocazioni. In fondo il mercato azionario Usa (basta il solo S&P 500) ha una dimensione liquida (free float) superiore a quella degli altri mercati azionari sviluppati messi insieme e pari a tre volte quella dei principali mercati emergenti. Molti operatori sono indebitati in dollari e con una leva elevata. Un rialzo dei tassi potrebbe modificare le loro aspettative e le loro posizioni. La volatilità rimarrà relativamente elevata e molte strategie d’investimento si dirigeranno – lo stanno già facendo – verso approcci flessibili, attivi e a basso beta, dove la selezione e la ricerca di decorrelazioni tra strumenti può rivelarsi l’arma premiante.

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