Bnp Paribas IP: le varie opzioni al vaglio delle banche centrali

SITUAZIONE IN CHIAROSCURO – “Dopo la rapida risalita rispetto ai minimi toccati a settembre, i mercati azionari hanno tirato il fiato, facendo una pausa all’inizio della settimana. Frattanto, i dati in arrivo dagli USA continuano a delineare una situazione in chiaroscuro“, nota Joost van Leenders, Chief economist del Team Multi Asset Strategy di Bnp Paribas Ip. “La crescita nel Regno Unito ha registrato un lieve rallentamento, mentre gli indicatori economici dell’area dell’euro sono risultati in gran parte superiori alle attese, benché i primi risultati diffusi dalle aziende siano stati negativi, come è successo anche negli USA. Nell’ambito dell’allocazione degli attivi, il gestore ha liquidato la posizione corta in euro rispetto al dollaro USA”.

BANCHE CENTRALI DI NUOVO IN PRIMO PIANO – “I timori per la crescita nei paesi emergenti e l’instabilità dei mercati finanziari rappresentano dei rischi di ribasso per l’economia dell’area dell’euro, e ciò significa che la BCE riesaminerà il livello dell’allentamento quantitativo in occasione della riunione di dicembre del Consiglio direttivo”, precisa van Leenders. “Tutte le opzioni sul tappeto potrebbero essere prese in considerazione, anche un’ulteriore riduzione del tasso negativo sui depositi, che attualmente è al -2%. Secondo i nostri esperti è molto probabile che la BCE a dicembre annunci una proroga del programma di acquisto di attivi ed accentui l’allentamento monetario, probabilmente ampliando le tipologie di attivi acquistabili nell’ambito del programma. In effetti, l’aumento dei prezzi al consumo è ancora troppo lento per essere rassicurante e un tasso d’inflazione negativo potrebbe essere deleterio per l’economia”.

LE CONSEGUENZE DELLA SCELTA DELLA BCE – “Tuttavia è possibile che l’ampliamento e/o l’estensione del programma faccia sorgere il rischio della scarsità di attivi da acquistare prima che la crescita e l’inflazione siano tornate su livelli più favorevoli, con effetti negativi per la credibilità della BCE“, osserva il gestore. “La Banca del Popolo cinese ha mostrato una reazione sorprendentemente rapida alla recente pubblicazione di indicatori economici inferiori alle attese: infatti, la banca centrale di Pechino, la settimana scorsa ha tagliato i tassi di riferimento e i coefficienti di riserva obbligatoria per gli istituti di credito. Il taglio dei tassi è stato deciso alla vigilia del Quinto Plenum del Comitato Centrale del Partito Comunista nel corso della quale i leader cinesi discuteranno le principali iniziative da adottare nei prossimi cinque anni per favorire la crescita. Le autorità di Pechino non sono soddisfatte dei recenti andamenti dell’economia: la fiducia dei consumatori è scesa ai minimi storici a ottobre, mentre i prezzi alla produzione e il deflatore del PIL si collocano in territorio negativo, segnalando una deflazione. Malgrado il taglio dei tassi, gli interessi reali sui prestiti al settore societario sono ancora elevati e, in un’economia già gravata da un pesante fardello di debiti, la disponibilità e la capacità di accentuare l’indebitamento grazie alle ulteriori misure di stimolo potrebbero rivelarsi più limitate”.

EUROPA E USA – “I nostri esperti tendono ad escludere la probabilità che la BCE decida nuovi interventi in occasione della riunione del Consiglio direttivo che si terrà la settimana prossima”. sottolinea van Leenders. “Negli USA, il Leading Economic Index del Conference Board è sceso in settembre ma tende al ribasso dall’inizio dell’anno, mentre l’andamento degli ordini di beni strumentali segnala che gli investimenti societari si attestano su livelli modesti. Sempre negli USA, il PMI composito elaborato da Markit ha continuato a seguire la tendenza al ribasso imboccata a marzo. Tale andamento è riconducibile soprattutto al settore dei servizi, mentre il comparto manifatturiero è migliorato in ottobre. Pertanto la Federal Reserve si trova di fronte una situazione poco omogenea e, a nostro avviso, è troppo presto per poter valutare l’impatto negativo della forza del dollaro e della crescita globale fiacca sull’aumento dei prezzi al consumo. Le condizioni finanziarie, come gli spread e il cambio del dollaro non sono migliorate dopo settembre, quando avevano indotto la banca centrale USA a rinviare la stretta monetaria. Qualora la Federal Reserve intendesse innalzare i tassi a dicembre, a un certo punto sarà obbligata a fornire un’indicazione chiara, per consentire ai mercati di integrare il giro di vite ed evitare una fase di instabilità”. 

ANCHE IN GIAPPONE NON SONO PREVISTE SCOSSE – “I nostri esperti prevedono che anche la Banca del Giappone manterrà invariata la politica monetaria: negli ultimi tempi, infatti, le esportazioni e la produzione industriale hanno inviato segnali modesti o decisamente negativi”, fa sapere il gestore. “Gli indicatori prospettici e la fiducia dei consumatori segnalano un’economia che sta tirando avanti alla meglio. Tuttavia, la spesa in consumi e il mercato del lavoro sono migliorati e l’inflazione core di recente è andata crescendo. Lo yen al momento è più debole rispetto allo stesso periodo dell’anno passato, quando la banca centrale ha sorpreso i mercati ampliando gli acquisti di attivi, e dunque l’impatto sulla valuta di un’ulteriore espansione monetaria potrebbe risultare modesto. Inoltre, le pressioni in tal senso da parte della politica si sono attenuate, e vari economisti vicini al governo si sono espressi contro un’ulteriore aumento dell’allentamento quantitativo, mentre i politici stanno prestando maggiore attenzione all’indebolimento del potere d’acquisto legato ad un eventuale deprezzamento della moneta”.

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