Bnp Paribas Ip, eccesso di offerta di greggio e frenata della Cina: mercati ai minimi

I TIMORI DEGLI INVESTITORI – “Sino a questo punto dell’anno gli investimenti azionari non si sono rivelati redditizi: l’indice S&P 500 ha ceduto quasi il 9% dall’inizio del 2016, mentre l’Euro STOXX 50 ha perso il 9% e il Nikkei è arretrato del 12%. La volatilità del mercato è lievitata in un contesto caratterizzato dai timori degli investitori per le prospettive dell’economia globale, e per la situazione in Cina in particolare. Tuttavia, sebbene anche i nostri esperti concordino sulla necessità di muoversi con cautela, tendiamo ad escludere che l’economia mondiale sia sull’orlo del baratro”, notano Joost van Leenders, chief economist del team Multi Asset Strategy, e Colin Graham, cio e responsabile TAA, multi asset solutions di Bnp Paribas Ip.

CLIMA SFAVOREVOLE – “Il pessimismo non ha toccato solo la performance delle azioni. Anche gli spread sulle obbligazioni societarie high-yield si sono ampliati. Il comparto dei titoli societari high-yield USA è stato penalizzato in misura maggiore a causa della quota più elevata di emissioni di imprese attive nel settore energetico che soffrono dell’implacabile flessione dei prezzi del greggio, ormai precipitati ai minimi degli ultimi dodici anni. Questo crollo riflette i timori relativi al ritmo della crescita globale ma anche l’aumento dell’offerta di greggio da parte dell’Iran dopo la revoca delle sanzioni”, spiegano Graham e van Leenders.”Gli operatori di mercato al momento detengono posizioni azionarie molto esigue, in particolare sugli indici statunitensi. A dire il vero, le ragioni per essere preoccupati non mancano, ma i nostri analisti non hanno individuato alcuna tendenza che possa far presagire una recessione – né a livello globale né negli USA – e ritengono, invece, che i fondamentali del mercato azionario siano equilibrati. I multipli di borsa non paiono particolarmente interessanti, tuttavia le nostre valutazioni sono le seguenti: le prospettive per l’economia globale sono neutre per le azioni dei paesi avanzati, come pure le stime relative ai profitti societari e alla liquidità; la politica monetaria e le operazioni di fusione e acquisizione sono fattori positivi mentre la situazione geopolitica pare negativa. Tenendo conto di questo equilibrio, le recenti ondate di vendita potrebbero rivelarsi una buona opportunità per acquisire una posizione sovrappesata nel comparto azionario. Per il momento privilegiamo le azioni USA per le migliori prospettive di crescita delle società rispetto alle altre aree mondiali, per le operazioni di fusione e acquisizione e il posizionamento degli investitori sul mercato. Le azioni giapponesi, invece, dovrebbero trarre vantaggio dalle politiche monetarie espansive e dalle acquisizioni societarie, ma i nostri esperti raccomandano di passare in posizione sovrappesata anche agli investitori interessati al mercato europeo”.

USA: FRENATA DEI CONSUMI – “Per gran parte del 2015, i consumi hanno rappresentato la locomotiva dell’economia USA, tuttavia di recente il mercato della casa ha inviato segnali contrastanti, la fiducia delle imprese edili è crollata e le vendite di nuove abitazioni hanno registrato un calo. Ad ogni modo, i tassi dei mutui immobiliari non sono saliti dopo il rialzo dei tassi deciso a dicembre dalla Federal Reserve e quindi il ristagno delle vendite potrebbe rivelarsi di breve durata. Il patrimonio netto delle famiglie è lievemente diminuito nel terzo trimestre, tuttavia si tratta del primo calo negli ultimi quattro anni e il valore delle proprietà immobiliari – che costituiscono l’attivo più importante per gran parte delle famiglie – ha continuato a salire”, sottolineano van Leenders e Graham. “Pertanto la flessione dei consumi resta difficile da spiegare. Il ribasso del greggio dovrebbe risultare positivo, ma probabilmente i consumatori sono preoccupati dalle notizie di un rallentamento dell’economia globale e del settore manifatturiero negli USA. I nostri esperti escludono che la frenata delle imprese manifatturiere possa paralizzare l’intera economia USA e ritengono probabile – a condizione che il tempo sia buono – un recupero della crescita del PIL nel corso del primo trimestre”.

CINA: RALLENTA MA NON SI FERMA – Per van Leenders e Graham “gli ultimi dati si sono rivelati inferiori alle attese: la crescita del PIL nel 2015 è scesa al 6,9%, attestandosi al ritmo più lento da oltre vent’anni, mentre il deflatore del PIL – la misura più ampia dei prezzi di tutti i beni prodotti – è rimasto in territorio deflativo. Benché l’economia si stia riequilibrando, i consumi tengono senza riuscire a compensare il rallentamento degli investimenti, e dunque nel complesso la crescita è in frenata. Nel contempo, il credito sta crescendo a velocità doppia rispetto al PIL e in particolare desta preoccupazione che il debito non finanziario sia salito in misura maggiore rispetto a tutti i 39 paesi monitorati dalla BRI. Negli ultimi tempi l’attenzione dei mercati si è concentrata sugli sgravi fiscali e sulle misure per ridurre l’eccesso di capacità produttiva nell’industria pesante. La spesa pubblica ha registrato un incremento più rapido negli ultimi tempi, ma le misure per contenere l’eccesso di capacità potrebbero innescare delle resistenze degli enti locali per evitare la perdita di posti di lavoro. Ad ogni modo, gli eventuali effetti positivi degli sgravi fiscali riguarderebbero soprattutto gli investimenti in infrastrutture. Pur mantenendo un atteggiamento sostanzialmente cauto, riteniamo che la Cina non sia sull’orlo del baratro. Le eventuali misure di stimolo fiscale e monetario dovrebbero avere effetti positivi nel breve periodo, come pure il ribasso del greggio e il deprezzamento della valuta, tuttavia i principali squilibri dell’economia cinese sono rimasti in ampia parte intatti. Tenendo conto che tra breve in Cina vi saranno le festività per il nuovo anno che abitualmente comportano una distorsione dei dati congiunturali, ci vorranno un paio di mesi prima di avere un quadro più chiaro degli orientamenti economici”.

ALLOCAZIONE DEGLI ATTIVI: AUMENTA IL RISCHIO AZIONARIO – “La settimana scorsa il gestore è passato in sovrappeso nel comparto azionario, ma sinora non ne abbiamo tratto beneficio poiché gli operatori si sono concentrati sulle implicazioni negative del ribasso del greggio e delle materie prime, del rallentamento della Cina (e di altri paesi emergenti) e degli ultimi dati in arrivo dagli USA. Sempre per quanto riguarda la Cina, anche i timori sul deflusso di capitali e sulla diminuzione delle riserve valutarie hanno inciso negativamente, mentre i mercati locali hanno perso ancora malgrado le iniezioni di liquidità della banca centrale di Pechino. I mercati globali non sono stati aiutati nemmeno dall’inasprimento delle condizioni creditizie, a causa dell’ampliamento degli spread sulle obbligazioni societarie e sui titoli dei paesi emergenti, del rafforzamento del dollaro e dell’inasprimento dei criteri per la concessione di prestiti commerciali e industriali alle società USA. Inoltre, una recente indagine della BCE che ha mostrato un allentamento degli standard per la concessione dei mutui immobiliari nell’area dell’euro non ha avuto effetti positivi sui mercati”, spiegano van Leenders e Graham. “Il sovrappeso nel comparto azionario dovrebbe essere considerato di natura tattica. Fatta questa premessa, i nostri esperti ritengono comunque che i fattori strutturali che determinano gli andamenti di mercato siano equilibrati, mentre paiono eccessivi i timori per l’economia globale e le ondate di vendita sui mercati azionari. Il gestore, però, ha escluso dal sovrappeso i mercati azionari emergenti, in assenza di miglioramenti delle prospettive economiche e delle stime reddituali delle società. Nel comparto obbligazionario, abbiamo mantenuto il sottopeso nel debito dei paesi emergenti denominato in valuta locale. La svendita degli attivi a rischio ha fatto scendere i rendimenti obbligazionari della Germania sotto lo 0,5% per la prima volta da dicembre: secondo le nostre stime l’economia dell’eurozona dovrebbe tenere relativamente bene, e pertanto abbiamo adottato una duration breve sui Bund, ma solo nei portafogli con una forte esposizione obbligazionaria”.

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