Banor Sim, long short anti-volatilità

È tempo di strategie long short, alla ricerca di alternative e con mercati così complicati e poco remunerativi. Attiva su questo fronte è Banor Sicav, con i fondi alternativi Long Short, accomunati da una strategia value. A spiegare in cosa consistono è Luca Riboldi, direttore investimenti Banor Sim e advisor del fondo Italy Long Short Equity

Ci può spiegare la vostra strategia?
Con il supporto di analisti specializzati per settori incontriamo le società, analizziamo la quotazione del titolo e capiamo se lo stesso può essere sottovalutato o meno, quindi scegliamo se investire al rialzo sul lungo periodo – long – oppure andare corti al ribasso – short – . Se andiamo al rialzo, il gestore con approccio value compra il titolo perchè la valutazione è bassa e il titolo particolarmente attraente; anche sulla parte short ci orientiamo su titoli che sono sottovalutati però, in quest’ultimo caso, è fondamentale analizzare quello che è il momentum, cioè l’individuazone di un catalyst in un breve e medio termine – che per noi è di 6-9 mesi – che possa portare alla discesa del prezzo del titolo. Per esempio: utili peggiori delle attese, situazioni macroeconomiche sfavorevoli o una tipologia di business model obsoleta.

Qual è la sua strategia antivolatilità?
Per contenere la volatilità sul fondo Banor Sicav Italy Long Short abbiamo ridotto l’investito lordo guardando attentamente alla parte di investito netto e alle correlazioni settoriali. Nella parte di investito netto evitiamo di concentrarci solo su settori legati all’andamento del ciclo economico e stiamo attenti a non avere in portafoglio settori che siano troppo correlati l’uno con l’altro.

Qual è la sua asset allocation in questa fase?
L’Europa continua a essere molto più cheap rispetto all’America ma è anche vero che la crescita degli utili in America, soprattutto per titoli legati a grosse società come Amazon, Google, Facebook e Apple, continuano ad andare molto forte. Nei portafogli gestiti presso Banor Sim stiamo privilegiando un sovrappeso sull’Europa rispetto all’America, abbiamo una posizione neutrale sul Giappone mentre sugli emergenti abbiamo una posizione solamente sulla Cina: ci confermiamo ancora prudenti sui mercati emergenti ma una scommessa sulla Cina la stiamo prendendo. Dall’obbligazionario si assiste a outflow inferiori alle aspettative.

Come mai?
È dal 1982 che i tassi continuano a scendere; il rendimento del titolo di stato decennale Usa è sceso dal 14% del 1982 all’1,8% odierno. Tolto qualche breve periodo, negli ultimi 34 anni abbiamo registrato il più lungo bull market della storia. Si è guadagnato sempre, hanno reso più le obbligazioni delle azioni. Quando ci sarà il rialzo dei tassi saremo a livelli talmente bassi che le perdite in conto capitale saranno importanti, ma finchè rimaniamo in una situazione in cui si rischia la deflazione non ci sarà una fine di questo bull market.

Ci sono ancora opportunità nel segmento high yield?
Ci sono ancora molte opportunità, soprattutto col bond picking. Sicuramente una parte di portafoglio investita in high yield è giustificata ma non deve essere troppo elevata.

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