Goldman Sachs AM, ecco le ragioni a favore dell’azionario giapponese

VARI DRIVER – “La nostra opinione positiva sulle azioni giapponesi è legata a diversi driver: i potenziali miglioramenti macroeconomici, le riforme a livello di corporate governance, gli elevati livelli di liquidità nei bilanci societari e le valutazioni interessanti”, spiega Ichiro Kosuge, portfolio manager del team Fundamental Equity di Goldman Sachs Asset Management. “In primis crediamo che le riforme sulla corporate governance possano costituire il più importante tra i fattori alla base della performance azionaria in Giappone, date le potenzialità di miglioramento dei fondamentali societari e di rendimento per gli azionisti, nonché il conseguente impatto positivo sulla fiducia degli investitori. I progressi finora compiuti sono eterogenei, ma nel tempo le riforme hanno il potenziale di condurre a società meglio gestite e più redditizie, oltre a politiche aziendali più favorevoli agli azionisti. Un’area in cui rileviamo progressi è la maggiore enfasi sul ROE (Return On Equity), in parte legata a un nuovo indice basato sul ROE e supportato dal governo, il JPX Nikkei 400, che prevede una soglia minima di ROE fra i requisiti per l’inclusione nell’indice e incoraggia le società a migliorare tale redditività”.

LIQUIDITA’ IN ECCESSO – “Per quanto riguarda i benefici degli elevati livelli di liquidità detenuti da società e individui per i titoli azionari nipponici, è opportuno ricordare che la tendenza a detenere liquidità in eccesso ha avuto origine dal vasto processo di riduzione dell’indebitamento seguito alla fase di ripresa dalla crisi immobiliare degli anni Ottanta. La solidità dei bilanci societari è ai massimi degli ultimi venti anni, e il patrimonio delle famiglie giapponesi è composto per circa il 50% da liquidità, contro il 35% in Europa e solo il 13% negli Stati Uniti. Riteniamo che l’introduzione di un regime di tassi di interesse negativi possa favorire l’impiego di parte della liquidità detenuta dalle imprese nipponiche. In aggiunta ai cambiamenti a livello di corporate governance e all’enfasi sulla redditività, i tassi negativi potrebbero motivare ulteriormente le società ad implementare politiche più favorevoli agli azionisti, come operazioni di buyback e distribuzioni di dividendi, e dare impulso all’attività di M&A, con conseguente impatto positivo sul mercato azionario, a condizione che le società paghino prezzi adeguati”, aggiunge Kosuge.

VALUTAZIONI INTERESSANTI – “Infine, anche se l’indice TOPIX ha guadagnato l’87% dal 2012, a nostro avviso le valutazioni rimangono interessanti. Nonostante la forte crescita degli utili, il Giappone è il solo mercato azionario sviluppato in cui le valutazioni abbiano subito una flessione sul periodo. Il 50% circa dei titoli inclusi nel TOPIX è tuttora scambiato a livelli inferiori al book value, sebbene il ROE aggregato si sia riportato verso la media dei mercati sviluppati. Se da un lato la redditività aziendale è stata sostenuta da uno Yen debole, dall’altro lato essa è anche il risultato di un processo di ristrutturazione durato anni. Inoltre, oggi le società nipponiche sono meno sensibili che in passato alle oscillazioni dei tassi di cambio, grazie al miglioramento dei margini. Riteniamo che le valutazioni riflettano tuttora i rischi potenziali, compreso lo scetticismo sulla reale efficacia dell’Abenomics. Per quanto riguarda le riforme strutturali, il cambiamento culturale è lento, e può trascorrere del tempo prima che gli investitori acquisiscano fiducia nelle riforme della corporate governance. In teoria, i tassi di interesse negativi dovrebbero favorire l’aumento dei consumi, ma potrebbero anche avere un impatto negativo sulla fiducia di consumatori ed imprese, inducendo le società a rinviare gli investimenti. Infine, le dinamiche demografiche rimangono una questione importante, nonostante l’impegno del governo nipponico a incoraggiare la partecipazione delle donne al mondo del lavoro e ad accettare un maggior numero di lavoratori stranieri”, conclude Kosuge.

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