UBP: in Europa è il momento delle convertibili

CALO DELLE EMISSIONI – “Le emissioni di obbligazioni convertibili sul mercato primario globale hanno subito un consistente calo negli ultimi tre anni, con il livello più basso dell’ultimo decennio che è stato registrato proprio all’inizio di quest’anno”, spiega Nicolas Delrue, senior investment specialist di Union Bancaire Privée – UBP. “Tuttavia, l’Europa è andata in controtendenza rispetto agli altri mercati sviluppati. Nel 2016, il livello delle emissioni di convertibili nel mercato europeo è stato nettamente più ampio sia di quello del mercato statunitense sia di quello asiatico e giapponese, con valori in forte aumento rispetto all’anno precedente. Nel comparto europeo, si stima che la crescita netta di emissioni, dal 2012 a oggi, sia stata di 37 miliardi di dollari. Questa espansione garantisce agli investitori un più ampio ventaglio di società emittenti e dunque un più alto livello di diversificazione. Per quanto riguarda i vantaggi derivanti dagli investimenti nell’asset class, storicamente, le obbligazioni convertibili hanno dimostrato di saper catturare la maggior parte dei rialzi della componente azionaria, mostrando, allo stesso tempo, caratteristiche difensive in caso di ribassi. Facendo un confronto, a livello globale, tra il mercato azionario e quello delle convertibili degli ultimi vent’anni, è possibile notare che se da un lato le performance sono state per lo più simili, dall’altro c’è stata una differenza significativa in termini di volatilità. L’azionario è stato infatti caratterizzato da una volatilità media più alta di circa 5 punti percentuali rispetto alle convertibili (15,2% azioni vs 10,4% bond convertibili)”.

VANTAGGI COMPETITIVI – “In Europa la distanza tra azionario e convertibili è stata ancora più accentuata, sia in termini di performance sia di volatilità. I dati relativi agli ultimi diciassette anni mostrano una performance media da parte delle convertibili europee del 4% rispetto allo 0,8% dell’indice MSCI Europe. La volatilità invece è stata rispettivamente del 9,1% e del 15,6%. In aggiunta a ciò, in uno scenario in cui è ragionevole aspettarsi un aumento dei tassi d’interesse nel medio periodo, riteniamo che i bond convertibili detengano un vantaggio chiave competitivo rispetto ai bond tradizionali. Infatti, grazie alla componente opzionale che è positivamente correlata agli aumenti dei tassi d’interesse, l’asset class in questione presenta una sensibilità ai tassi di gran lunga inferiore rispetto ai bond tradizionali, per lo stesso livello di duration. La componente opzionale agisce come un cuscinetto che in parte controbilancia l’impatto negativo sulla componente obbligazionaria, derivante da un eventuale rialzo dei tassi”, aggiunge Delrue.

VALORE AGGIUNTO – “Va poi sottolineato che nell’ultimo periodo l’ampliamento degli spread creditizi, il calo dell’azionario e la diminuzione della volatilità implicita hanno avuto, specialmente in Europa, un impatto negativo sulle convertibili. Questi stessi fattori, inoltre, hanno contribuito a deteriorarne la convessità intrinseca nel breve periodo. Tuttavia, nel medio-lungo periodo ci aspettiamo un’inversione di tendenza e vediamo forti opportunità in Europa per i bond convertibili. Riteniamo infatti che il profilo di rischio rendimento asimmetrico dei bond convertibili possa esprimere a pieno i suoi vantaggi in un ciclo di mercato completo. Siamo inoltre convinti che il valore aggiunto principale di tale tipo di obbligazioni rispetto alle asset class tradizionali sia proprio la convessità ad esso intrinseca. E’ questo il motivo per cui, in quanto pilastro fondamentale del nostro DNA, adottiamo un approccio di lungo periodo nella gestione di questa classe di attivi, focalizzandoci su quelli che, a nostro avviso, sono i driver della convessità: bassa volatilità implicita, opzionalità conveniente, elevato potenziale di rialzo dell’azionario e alta qualità del credito”, conclude Delrue.

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