Bnp Paribas IP: la crescita globale ristagna, mercati in difficoltà

INCERTEZZE SULLA POLITICA MONETARIA – “Dopo la ripresa registrata nei mesi di marzo e aprile, i mercati azionari hanno perso slancio in un contesto caratterizzato da utili societari modesti, crescita globale fiacca e poco omogenea e incertezze relative alla politica monetaria. In questo clima difficile, l’allocazione prudente degli attivi non è stata modificata”, fa sapere Joost van Leenders, chief economist del team Multi asset solutions di Bnp Paribas Ip.

RISTAGNA LA CRESCITA GLOBALE – “Tra gli indicatori congiunturali che hanno segnalato una crescita globale mediocre, spiccano i Cyclical Leading Indicators (CLI) elaborati dall’OCSE, che sono saliti solo in 13 paesi sui 38 che partecipano a questa rilevazione e che, a partire dal 2014, stanno ristagnando su livelli inferiori alla media di lungo periodo. Ciò mostra che l’economia globale sta ancora incontrando delle difficoltà ad assorbire le conseguenze della crisi finanziaria degli anni 2008/2009, probabilmente frenata da un indebitamento che persiste ancora su livelli elevati. Ad ogni modo, i CLI hanno continuato a perdere slancio nei paesi del G7 ma si sono stabilizzati in Asia. Inoltre, gli indici PMI delineano un quadro appena migliore: gli indici manifatturieri paiono fiacchi in numerosi paesi avanzati e nei paesi emergenti, sebbene il PMI manifatturiero globale ponderato per il PIL sia migliorato rispetto ai minimi registrati nel 2015. Invece, il PMI del settore dei servizi per i paesi avanzati ultimamente è migliorato ma tale rialzo viene dopo la netta flessione registrata tra la fine del 2015 e i primi mesi di quest’anno, mentre nei paesi emergenti l’indicatore relativo ai servizi ha oscillato attorno alla soglia dei 50 punti, mostrando una sostanziale stabilità”, sottolinea van Leenders. “Crediamo che i punti deboli dell’economia globale si concentrino nella produzione industriale e nell’interscambio commerciale: in aprile la produzione industriale ha registrato una ripresa negli USA ma ha rallentato ulteriormente in Cina, mentre i commerci mondiali hanno fatto segnare solo lievi incrementi e in qualche caso persino delle contrazioni. La domanda dei consumatori sta tenendo relativamente bene nelle economie avanzate e i trend sono in linea con le nostre previsioni di uno scenario di crescita economica non sincronizzata a livello globale, con i paesi industrializzati che tengono relativamente meglio rispetto alle aree emergenti”.

DATI MACROECONOMICI: USA ED EUROZONA MEGLIO DI CINA E GIAPPONE – “Gli Stati Uniti e l’area euro stanno registrando un andamento congiunturale migliore rispetto a Cina e Giappone. In particolare, i consumatori USA paiono usciti dal letargo. La fiducia delle famiglie ha fatto un balzo in avanti dopo quattro mesi in calo e le vendite al dettaglio hanno registrato l’incremento più consistente dal luglio del 2015 in un contesto caratterizzato da fondamentali positivi, come la crescita dei redditi, la solidità delle quotazioni immobiliari e l’aumento del patrimonio delle famiglie. Tuttavia, mentre nel primo trimestre il reddito reale disponibile è salito del 2,9% su base trimestrale annualizzata, i consumi hanno guadagnato solo l’1,9% facendo salire il tasso di risparmio”, aggiunge il capo economista. “Per quanto riguarda la produzione industriale, il trend congiunturale pare meno solido rispetto alla spesa al consumo. L’industria manifatturiera potrebbe essere ancora in difficoltà a causa della debolezza della domanda globale, degli effetti ritardati dell’apprezzamento del dollaro – che vale ancora il 17% in più rispetto alla media degli ultimi sei anni – e dell’accumulo delle scorte di magazzino. Tuttavia, sembra che l’economia USA nel secondo trimestre abbia dato il via alla ripresa attesa dai mercati. Nell’area euro la crescita del PIL è risultata lievemente più elevata rispetto alle previsioni, sostenuta da un forte rialzo in Germania ma anche dall’accelerazione in Francia, Italia e Paesi Bassi: si tratta di un andamento decisamente positivo dopo il rallentamento dell’anno scorso. Tuttavia, pare che gli effetti favorevoli legati al deprezzamento dell’euro e al ribasso del greggio stiano invertendo di tendenza e, pertanto, tendiamo ad escludere che l’economia possa continuare a crescere al ritmo registrato nel primo trimestre. Ad ogni modo, il miglioramento della domanda interna e l’allentamento dei vincoli di bilancio dovrebbero mantenere l’espansione su livelli vicini o superiori alla tendenza di lungo periodo”, rimarca van Leenders. “La crescita in Giappone ha smentito le attese di una sostanziale stagnazione – avevamo segnalato anche la possibilità di una contrazione – e si è attestata all’1,7% su base trimestrale annualizzata, grazie al sostegno fornito dall’interscambio commerciale e dal rialzo dei consumi dopo la netta flessione accusata nel quarto trimestre dell’anno scorso. Comunque, malgrado questi dati non siamo più ottimisti: in primo luogo, il miglioramento potrebbe essere riconducibile solo alle normali fluttuazioni dei dati; in secondo luogo, gli indicatori prospettici – come l’indagine Tankan, i PMI e l’Economy Watchers’ Survey – sono tutti in calo negli ultimi tempi; infine, tutte le misure dei prezzi per le componenti interne sono scese ulteriormente in territorio negativo. Pertanto, a nostro avviso, la crescita pare debole e le pressioni deflative sono ancora in atto”.

CINA: DATI INFERIORI ALLE ATTESE – “Al netto dell’inflazione, le vendite al dettaglio sono salite al ritmo più lento da oltre dieci anni a questa parte. In particolare, le vendite di autovetture sono diminuite notevolmente rispetto al ritmo forsennato registrato negli ultimi mesi dell’anno scorso. La produzione industriale è scesa dopo il miglioramento di marzo e gli investimenti fissi delle società hanno rallentato a causa della frenata del settore manifatturiero, che non è stata pienamente compensata dall’incremento della crescita nei settori delle infrastrutture e immobiliare. In effetti, la crescita degli investimenti in questi due settori è rimasta modesta. Temiamo che la crescita possa frenare bruscamente quando il flusso del credito rallenterà, mentre le misure di allentamento monetario paiono incidere meno sull’economia. Inoltre, le bolle speculative, come quella sui prezzi degli immobili residenziali, stanno continuando a gonfiarsi. Infatti, anche se l’offerta di beni nelle megalopoli cinesi potrebbe essere insufficiente, gli aumenti dei prezzi registrati paiono semplicemente insostenibili: 30,2% in un anno a Shanghai, 37,2% a Pechino e 56,1% a Shenzhen. Pertanto, manteniamo una valutazione prudente delle prospettive di crescita della Cina”, fa sapere van Leenders.

MERCATI FINANZIARI: TIMORI PER LA POLITICA MONETARIA –  ”I mercati finanziari non hanno brillato dopo la pubblicazione di dati di crescita superiori alle attese per il Giappone. Probabilmente gli operatori, proprio come noi, nutrono dei dubbi sulla sostenibilità dell’espansione dell’economia nipponica. Questo miglioramento dei dati potrebbe far slittare il varo di nuove misure di allentamento quantitativo, sebbene le ultime cifre relative all’inflazione siano state abbastanza negative. A nostro avviso, le nuove misure di stimolo potrebbero arrivare già in giugno e riteniamo che vi siano forti possibilità che l’aumento dell’IVA già in programma venga rinviato. Inoltre, il governo potrebbe annunciare a breve una nuova serie di sgravi fiscali, alleggerendo almeno per un po’ il compito della banca centrale”, sostiene van Leenders. “Negli Stati Uniti, gran parte delle pressioni inflative continua a essere riconducibile all’assistenza sanitaria e alle cure mediche, ma nel complesso l’inflazione è modesta e non dovrebbe indurre la Federal Reserve a decidere per un giro di vite sui tassi, anche se negli ultimi tempi i funzionari della banca centrale hanno rilasciato dichiarazioni dai toni restrittivi. Il mercato, però, ha fatto capire chiaramente che un rialzo dei tassi, al momento, sarebbe un errore. Alla luce di questo segnale e delle incertezze sull’esito del referendum britannico sulla permanenza nell’UE che si terrà poco dopo la riunione dell’organismo della Federal Reserve responsabile della politica monetaria, i dati sulla ripresa dovrebbero essere straordinari per far prevalere l’orientamento restrittivo ai vertici della banca, aprendo la strada a un giro di vite sui tassi a giugno”.

ALLOCAZIONE DEGLI ATTIVI: PROFITTI DEBOLI E DATI INFERIORI ALLE ATTESE NEI PAESI EMERGENTI CONSIGLIANO PRUDENZA – “Gli ultimi dati reddituali pubblicati dalle imprese si sono rivelati superiori alle stime nel 75% dei casi: una percentuale inferiore al periodo precedente e più in linea con i trimestri scorsi, mentre per quanto riguarda le vendite la percentuale di risultati superiori alle previsioni è migliorata, pur restando bassa. In Europa, sinora, la percentuale di profitti superiore alle attese è più bassa rispetto agli USA mentre per quanto riguarda le vendite il tasso di sorprese positive è decisamente mediocre. In termini reali, negli USA i profitti sono calati dell’8,5% su base annua, mentre le vendite hanno ceduto il 2,2%. La flessione è più netta nei settori energetico e delle materie prime, ma anche le società finanziarie e quelle tecnologiche hanno registrato un trimestre sfavorevole, mentre i settori legati ai consumi e quello sanitario hanno ottenuto i risultati migliori. Per quanto riguarda l’Europa, invece, i servizi ai consumatori e il settore finanziario hanno registrato profitti inferiori alle attese”, aggiunge il capo economista. “In questo quadro, non stupisce che i mercati stiano incontrando delle difficoltà. In valuta locale, il miglior mercato azionario mondiale, ovvero quello degli USA, quest’anno ha sostanzialmente ristagnato, le azioni in Giappone hanno perso il 13% e gli indici europei sono scesi del 10% dall’inizio dell’anno. Nel settore obbligazionario, i rendimenti dei titoli di Stato si attestano ai minimi storici, mentre gli spread sulle obbligazioni societarie e sul debito emergente sono rimasti su livelli relativamente contenuti. Il gestore è soddisfatto dell’attuale allocazione degli attivi improntata alla prudenza. Infatti, i timori dei nostri analisti si concentrano in particolare sugli utili europei e sulla sostenibilità dell’erogazione dei dividendi nel lungo periodo, mentre non mancano dei rischi legati alla situazione politica internazionale. Inoltre, a nostro avviso, i dati mediocri provenienti dai paesi emergenti non giustificano il livello ridotto degli spread sul debito. Sinora, la sottoesposizione verso le materie prime non si è rivelata favorevole. I prezzi del greggio hanno seguito una tendenza sfavorevole alle nostre posizioni ma gli effetti negativi delle perturbazioni delle forniture e della manutenzione dei campi petroliferi dovrebbero attenuarsi. Nel medio periodo, è probabile che l’Iran, l’Arabia Saudita e il Kuwait aumentino la produzione. Infine, c’è da rilevare come il comparto dei metalli non abbia partecipato al rialzo delle materie prime, segnalando che la domanda globale non sta trainando i prezzi verso l’alto”, conclude van Leenders.

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