ASPETTATIVE RISPETTATE – “La fase di mercato che stiamo attraversando rispecchia abbastanza fedelmente le aspettative di inizio anno. Dopo l’esplosione di volatilità e nervosismo di gennaio-febbraio, autorità e banche centrali hanno con successo tamponato la falla, o se preferite riparato la bolla protettiva che avvolge i mercati finanziari ormai da diverso tempo”. spiega un comunicato dell’ufficio studi di Marzotto Sim. “Il risultato è una combinazione di andamenti prevalentemente laterali ovvero in lieve ritracciamento, soprattutto dove erano prevalenti posizioni speculative di breve termine (come ad esempio sull’euro/USD o sui mercati delle commodities e del petrolio)”.
ATTEGGIAMENTO COMPIACENTE – “In generale l’atteggiamento di investitori e operatori è tornato ad essere prevalentemente compiacente e accondiscendente. Per fortuna, anche questa volta si è riusciti ad evitare un avvitamento dei mercati e l’innescarsi di pericolosi circoli viziosi. Il prezzo di questi interventi però è sempre più elevato e la loro efficienza sempre minore. Per essere efficaci ed ottenere i risultati voluti quindi, vanno impiegati volumi di intervento sempre crescenti. Le conseguenze di questi interventi nel medio lungo termine sono assai difficili da prevedere, visto che sono senza precedenti, le aberrazioni e distorsioni con causano sul mercato dei capitali tuttavia sono, almeno in alcuni casi, molto evidenti. A questo proposito vogliamo citare due esempi: il primo riguarda la creazione di debito favorito dalle autorità cinesi. In termini aggregati l’indebitamento complessivo dell’economia cinese (sommando i debiti di: governo, imprese, banche e famiglie) è cresciuto dal 100% del PIL del 2008 al 280% attuale. Chiaramente la crescita del debito ha contribuito in maniera fondamentale a mantenere elevati i tassi di crescita dell’economia cinese, ma il trend è insostenibile. Ai ritmi attuali il debito complessivo gravante sull’economia cinese arriverebbe all’800% del PIL nel 2020 (per avere un termine di paragone lo stesso dato per l’Italia e del 380% mentre negli USA all’apice della bolla dei sub-prime era al 400% circa). Inoltre, sempre in Cina, se fino al 2009 ogni unità di debito aggiuntiva incrementava il PIL di altrettanto, oggi per avere lo stesso incremento di crescita economica sono necessarie 4 unita di incremento di debito. Entrambe queste dinamiche ricordano preoccupantemente la situazione degli USA a metà della prima decade del 2000 (con statistiche molto simili sulla decrescente produttività del debito rispetto alla crescita del PIL)”, prosegue la nota di Marzotto Sim.
LE DISTORSIONI DELL’INTERVENTO DELLE BANCHE CENTRALI – “Il secondo esempio riguarda invece le enormi distorsioni che l’intervento delle banche centrali sta creando. A questo proposito l’andamento dei titoli di stato italiani rispetto ai CDS è molto esplicativo. Come è noto i CDS sono una sorta di polizza di assicurazione contro la possibilità di insolvenza di un emittente. Di conseguenza, dato che il detentore di un’obbligazione sopporta principalmente il rischio di insolvenza, il rendimento dell’obbligazione e il costo di assicurarsi contro l’insolvenza dovrebbero essere molto simili. Normalmente in effetti è così. In questo periodo tuttavia, su uno dei due strumenti finanziari (le obbligazioni) la Bce interviene acquistando titoli, menre sull’altro no. Il risultato è che un titolo di stato italiano con scadenza a 5 anni rende il 0,60% mentre l’assicurazione contro il rischio di insolvenza sulla stessa obbligazione costa circa l’1,30% all’anno. In termini di prezzo dell’obbligazione questo equivale a dire che l’obbligazione dovrebbe avere un rendimento simile al Cds e quindi trattare circa il 3% sotto i livelli attuali. Se questo può sembrare non un granché, va ricordato che sullo stock del debito di stato italiano di circa 2 trilioni di Euro (che ha una scadenza media di circa 6 anni), questo equivale ad una sopravvalutazione del mercato di circa 60 miliardi di euro solo sui titoli italiani”, aggiunge l’analisi di Marzotto Sim.
LASCIA O RADDOPPIA – “Gli esempi citati ci portano ad alcune considerazioni”, fa notare l’azienda. “Autorità monetarie e banche centrali sembrano sempre più impelagate in un gioco di ‘lascia o raddoppia’. Ad ogni giro la scelta di ‘lasciare’ diventa sempre più costosa costringendo ad un nuovo “raddoppio”. La speranza è che il tempo guadagnato consenta all’economia reale di tornare su livelli di cresciuta sostenibili e sufficientemente elevati, per intraprendere un graduale percorso di rientro dagli eccessi finanziari dell’ultima decade. Ad ogni giro però il percorso di rientro diventa sempre più in salita e sempre meno probabile, e la probabilità di uno scivolone più elevata. Non è un caso che il presidente della BCE Mario Draghi, sottolinei con sempre maggiore forza in ogni occasione la necessità di riforme strutturali; come a dire ‘io ormai il mio l’ho fatto e tanto di più non posso fare…’Per certi versi questo percorso sembra almeno parzialmente intrapreso negli USA, ben più complicata però sembra la situazione in Europa e in Cina; e seppure non si possano escludere altri raddoppi da parte delle autorità, a nostro avviso il senso di tranquillità dei mercati di queste ultime settimane non deve trarre in inganno; lo scenario migliore per i prossimi 12-24 mesi è quello di un progressivo lento miglioramento dei dati economici. Questo a nostro avviso potrebbe essere compatibile con un andamento laterale dei mercati o una lieve tendenza a rialzo. I rischi però sono a nostro avviso sempre più sbilanciati; se dovesse prima o poi innescarsi una tendenza importante sui mercati; è assai più probabile che sia al ribasso che al rialzo”.