ELEVATA INCERTEZZA – “Per il resto dell’anno e probabilmente anche più a lungo, i mercati dovranno convivere con l’elevata incertezza politica ed economica dovuta alla Brexit. E questo vale anche per l’Europa oltre che per il Regno Unito, dove la decisione del primo ministro Cameron di dimettersi con effetto da ottobre è inusuale e rappresenta una potenziale fonte di significativa incertezza”, nota Larry Hatheway, capo economista di Gam. “Una decisione che segue un referendum che ha rivelato importanti divisioni geografiche e socio-economiche in tutto il Paese, così come le crepe dentro al partito conservatore e a quello laburista. Gli investitori potrebbero certamente dubitare dell’abilità di un governo zoppo nell’affrontare con adeguatezza le priorità politiche per i prossimi mesi. E potrebbero anche mettere in discussione l’abilità del Paese di costituire un governo forte nel medio termine: un governo in grado di condurre difficili negoziazioni diplomatiche con l’Europa e con altri Paesi in vista dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. In ogni caso, gli investitori potrebbero essere innervositi dalla possibilità di un secondo referendum per l’indipendenza scozzese o dall’aumento delle tensioni in Irlanda del Nord che potrebbero derivare dalla Brexit. Per l’Europa, la Brexit rappresenta la più grande sfida all’integrazione del periodo post-bellico. Il supporto per l’Europa nel Continente non può essere dato per scontato in un contesto caratterizzato dalla crescente insoddisfazione verso le sue istituzioni e da correnti populiste”.
CONSEGUENZE A LUNGO TERMINE – “L’Ue deve trovare un messaggio efficace, ma la domanda è: riuscirà a trovarlo? Queste incertezze sottendono a rischi significativi per le prospettive di investimento”, sottolinea Hatheway. “Sullo sfondo di un’economia britannica già in rallentamento, l’ansia da Brexit potrebbe causare un calo nella spesa di consumatori e imprese tale da spingere l’economia del Regno Unito in recessione. Infatti, questo scenario è stato previsto dalla maggior parte degli osservatori indipendenti come una delle conseguenze probabili della Brexit. E la sterlina resta vulnerabile. Con un deficit di conto corrente superiore al 5% del Pil, il Regno Unito ha bisogno di costanti afflussi di capitali per supportare la propria valuta. Dubbi riguardo all’attrattività del Regno Unito come piattaforma economica d’accesso all’Europa e il crescente rischio di una recessione nel Paese, accompagnate da un ulteriore allentamento monetario da parte della Banca Centrale d’Inghilterra, potrebbero spingere la sterlina a livelli significativamente più bassi. Le valutazioni da sole potrebbero non riuscire a sostenere la divisa nazionale. Anche la ripresa europea è a rischio. L’indebolimento della spesa di famiglie e imprese causata dall’incertezza potrebbe senza troppe difficoltà riportare l’Eurozona alla stagnazione o addirittura in fase di recessione. E, in tal caso, le conseguenze negative per il mercato azionario globale, per il mercato del credito, per gli Emergenti e per il settore delle materie prime potrebbero essere significative, dando seguito a quel declino dei mercati annunciato dallo scorso agosto/settembre o nel primo trimestre del 2016. E’ abbastanza improbabile che le conseguenze della Brexit si palesino esclusivamente con condizioni di mercato avverse nel breve periodo. Il livello straordinario d’incertezza politica, economica e finanziaria scaturita dall’esito referendario ha la possibilità di impattare sull’economia globale e sul mercato dei capitali per molto tempo, proprio come previsto da numerosi osservatori indipendenti prima del voto”, conclude Hatheway.