Sheridan (Henderson Global Investors): “Meno azioni per puntare su altre strategie”

“Per ogni debito, c’è sempre un credito”. Così Nick Sheridan (nella foto), gestore del fondo Henderson Horizon Euroland, descrive in sintesi gli scenari che si aprono dopo l’esito del referendum del 23 giugno scorso, con cui cittadini del Regno Unito hanno votato a favore dell’uscita dall’Unione Europea. Quando Londra deciderà di abbandonare l’Ue, ad avvantaggiarsi di questa situazione potrebbe essere per Sheridan proprio l’area di Eurolandia. “Le università del Regno Unito, per esempio, si stanno dando da fare per rimpiazzare la perdita potenziale di borse di ricerca finanziate dall’Ue”, dice il gestore che esemplifica così quello che potrebbe accadere in futuro: un danno per la Gran Bretagna, con molti paesi europei pronti ad approfittarsene.

Dunque nel Vecchio Continente non c’è da avere paura delle conseguenze del referendum del 23 giugno?
Nessuno nega che ci sia parecchia incertezza in questo momento in Europa, sia dopo l’esito del referendum sulla Brexit sia dopo altri avvenimenti come le elezioni in Spagna o le ultime consultazioni municipali in Italia. Tuttavia ritengo che i mercati azionari europei abbiano attualmente delle valutazioni più convenienti rispetto ai listini azionari di altre aree geografiche come per esempio gli Stati Uniti e più in generale rispetto ad altre asset class finanziarie.

Come è cambiato il vostro portafoglio dopo l’esito delle urne nel Regno Unito?
Nell’ultimo mese abbiamo ridotto un po’ il numero di azioni nel portafoglio, che di solito sono circa 50. Adesso siamo scesi a 46 e probabilmente potremmo arrivare a 40 nelle settimane venture, per concentrarci meglio su quelle strategie che offrono opportunità di rendimento.
Qualche esempio concreto? Abbiamo venduto alcune azioni di gruppi assicurativi e finanziari come NN Group o Sampo. Nello stesso tempo, abbiamo però acquisito posizioni su altri titoli come Munich Re, Soc Gen e il gruppo industriale francese Plastic Omnium.

In Francia avete molte posizioni, soprattutto sui titoli industriali come per esempio Renault. Perché?
Le strategie del nostro fondo non partono quasi mai da una considerazione su questo o quel paese. Piuttosto ci concentriamo molto su quelle aziende che in un determinato momento appaiono come “fallen angel” (angeli caduti, n.d.r.). Si tratta cioè di società che, pur avendo buone prospettive di redditività, hanno dei titoli che vengono scambiati sul mercato a prezzi particolarmente bassi e convenienti in rapporto al resto del mercato.

Ma torniamo alla Brexit. C’è chi teme un lungo scenario di volatilità sui mercati. Lei cosa ne pensa?

Fino a quando il Regno Unito non deciderà formalmente di avvalersi dell’articolo 50 del Trattato dell’Unione Europea che consente l’uscita dall’Ue di un paese, l’incertezza la farà da padrona. Se non sarà chiaro quale direzione imboccheranno i negoziati è probabile che i listini saranno soggetti a nuovi attacchi della volatilità.

A parte l’andamento delle borse c’è chi teme però un rischio politico e cioè che l’euroscetticismo si estenda dalla Gran Bretagna anche ad altri paesi. Cosa ne pensa?
Credo che questo scenario sia probabile nel breve periodo ma non nel medio e lungo termine. Vedendo gli attuali problemi della Gran Bretagna, con i suoi conflitti politici e il rallentamento dell’economia, per non parlare del calo della sterlina sui mercati valutari, anche molti euroscettici ci penseranno due volte prima di portare avanti le loro battaglie.

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