Capital Group: India e Argentina, obbligazionari a confronto

DUE PAESI A CONFRONTO – Argentina e India non potrebbero essere più diversi, si collocano quasi agli antipodi. In entrambi i paesi, tuttavia, la situazione a cui stiamo assistendo oggi non è una novità, spiega Rob Neithart, portfolio manager di Capital Group. L’Argentina ha vissuto un profondo cambiamento politico. Una nuova leadership sta guidando il paese, a testimonianza del fatto che gli elettori non erano più disposti a tollerare il malgoverno dell’amministrazione precedente. L’agenda politica è notevolmente migliorata, le autorità sono intervenute sulla moneta, che oggi è molto più vicina al fair value, e sembrano avere un’idea più chiara di come gestire le finanze pubbliche. Tuttavia, l’aspetto più importante da considerare è che l’Argentina è rimasta per anni tagliata fuori dal mercato. Dopo il default, sono iniziate lunghe controversie legali con gli obbligazionisti per stabilire a quale tipo di rimborso avessero diritto. Di conseguenza, il paese è rimasto tecnicamente in default e quindi impossibilitato per anni a tornare sui mercati. Di recente, le nuove politiche del governo in carica hanno permesso all’Argentina di accedere nuovamente ai mercati, creando opportunità di crescita per il paese, mettendo fine all’impasse nella gestione delle finanze pubbliche e consentendo un progressivo ritorno alla normalità. Se osserviamo gli spread rispetto ai fondamentali del paese, quali sostenibilità del debito, squilibri fiscali, bilancia dei pagamenti, l’Argentina offre margine per una considerevole rivalutazione, a patto che venga mantenuta la direzione favorevole imboccata dal nuovo governo. A mio avviso sarà così, ma questo è uno dei fattori che è necessario monitorare per accertarsi che le autorità migliorino davvero la situazione, invece di limitarsi a parlarne.

INDIA, SITUAZIONE DIVERSA –
La situazione in India è nettamente diversa. In Argentina, tutte le opportunità che ci interessano di più sono denominate in dollari, per lo più titoli di Stato e una ristretta selezione di obbligazioni corporate o titoli parastatali, tutti denominati in dollari. In India, vale il contrario. Il debito in dollari ha un volume esiguo e i titoli in circolazione sono molto costosi. Occorre dunque rivolgersi al mercato delle obbligazioni in valuta locale. L’universo dei titoli di Stato ha dimensioni enormi e accedervi non è facile. Tuttavia, disponiamo di risorse operative che ci hanno consentito di entrare su questo mercato in modo relativamente agevole. L’India può contare su un governo che, per quanto non recentissimo, ha un atteggiamento riformista e ha preso molto seriamente il compito di ridurre l’inflazione. Si rende conto di cosa è necessario fare per potenziare la capacità di crescita dell’economia, ad esempio favorire la deregolamentazione e attrarre nuovi capitali. Lo ritengo un contesto favorevole all’avvento di nuovi afflussi di capitale nel paese e questo dovrebbe stabilizzare o quantomeno sostenere la valuta. Anche la disinflazione strutturale è un fattore molto positivo, poiché con il contrarsi del premio d’inflazione dovrebbe consentire un abbassamento del tratto più lungo della curva dei rendimenti, permettendo così plusvalenze sulle obbligazioni in valuta locale. Infine, apprezziamo anche il fatto che il mercato indiano sia idiosincratico, ossia che non si comporta in linea con tutti gli altri. Marcia a un ritmo proprio e pertanto investire in India offre un interessante vantaggio legato alla diversificazione, conclude Neithart.

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