Scotland (Brandywine Global-Legg Mason): “Il gap tra ricchi e poveri è il vero problema di Europa e Usa”

A proposito di Europa e resto del mondo? «Sono un ottimista. Il 2017 è stato il migliore anno da tanto tempo e penso che anche il 2018 non sarà da meno. Sarà difficile vedere un anno migliore di questo ma ancora per un po’ la prospettiva continua a essere positiva. Del resto i dati economici negli Stati Uniti sono robusti e in Europa sono in crescita. A questo vanno sommati il venir meno del rischio politico nel Vecchio Continente e le buone performance delle Borse a livello globale». A parlare alla stampa a margine del Fixed Income Day tenutosi a Milano a palazzo Parigi organizzato da Legg Mason è Francis Scotland, direttore della ricerca globale macro di Brandywine Global (gruppo Legg Mason). Continua Scotland: «il problema, oggi, di qui e di là dell’Atlantico è l’enorme gap tra ricchi e poveri. Rispetto agli anni passati, ci siamo allontanati dall’austerità e il sentimento populista è sotto controllo ma la classe media non si sente di partecipare alle grandi decisioni della politica. Le cose andranno meglio solo se si darà il via a un vero e proprio processo di riforme e di tagli delle tasse. La direzione da prendere è questa, dalla Francia alla Svezia, dalla Germania all’Italia». Ecco, l’Italia. Secondo l’esperto, il Paese si trova davanti a un «serio processo di cambiamento». Il problema, però, è che «continua a non essere competitivo. Di certo sono necessari, quanto prima, una seria e definitiva politica di gestione dell’immigrazione, di riduzione del costo del lavoro e di deregolamentazione. La Bce sta lavorando pro-Italia: Draghi è stato molto aggressivo nelle politiche monetarie non convenzionali e questa è una grande opportunità, in primis per ricapitalizzare le banche italiane e per mettere in atto nuove forme di regolamentazioni, che dovrebbero essere al contempo più efficienti ma più snelle».

 

E sul fronte dei mercati? Afferma Scotland: «tutto sta diventando più costoso. Se torniamo al passato, alla crisi del debito, i prezzi erano bassi perché tutti erano preoccupati. Il mercato ora è piuttosto positivo sul futuro ma le buone notizie sono già nei prezzi. Non ci sono quindi tante opportunità come nel passato e comprare il debito sovrano europeo ha poco senso dato che la maggior parte dei rendimenti continua a viaggiare in territorio negativo. Quella che invece va valutata è la duration». Conclude Andrew Belshaw, responsabile degli investimenti a Londra di Western​ Asset (gruppo Legg Mason): «siamo positivi sul debito dei paesi emergenti, anche in valuta locale, in particolare su Messico e Brasile. Le ragioni di scambio del Paese sono migliorate notevolmente, il nuovo regime più aperto ai mercati sta promuovendo diverse riforme e, soprattutto, il Paese è interessato da un trend disinflattivo abbastanza forte. Il problema sarà capire come reagiranno quando la Bce interromperà la politica di Qe. Ma fino a quel momento su alcuni Paesi emergenti c’è solo da essere positivi». Anche sulla Cina c’è un segno più davanti. Precisa Francis Scotland: «il progetto ‘One belt one road’, altrimenti detto Nuova via della Seta, iniziativa strategica della Cina per il miglioramento dei collegamenti e della cooperazione tra paesi nell’Eurasia è macroscopico e portatore di un’enorme quantità di soldi, anche se costerà moltissimo. Si parla di circa 4 trilioni di dollari ma la forza della Cina è la loro estrema produttività. Il Paese, secondo noi, continuerà a crescere con forza».

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