Jupiter Am: una Corea unita, la prospettiva di un gestore

Per quanto improbabile possa apparire, e nonostante la retorica isolazionista del nordcoreano Kim Jong-un, le Olimpiadi Invernali del 2018 potrebbero essere il primo passo verso la riunificazione della penisola coreana. Paragonabile solo alla riunificazione della Germania Est e Ovest negli anni Novanta, questo evento politico avrebbe una portata storica. Ma per gli investitori si tratta di una buona notizia? Ben Surtees, gestore del team Emerging Markets di Jupiter AM, sostiene che, se la Corea riuscisse a sopportare l’impasse nell’immediato, guardando al lungo periodo i benefici potrebbero rendere più che sostenibili le difficoltà, nonostante una riunificazione che appare estremamente gravosa nel breve termine

 IGNORATE IL CLAMORE – Dopo un periodo in cui la Corea del Nord si è inimicata gran parte dei Paesi occidentali con una serie di minacciosi test missilistici, la decisione delle due Coree di presentare un’unica squadra alle Olimpiadi Invernali di quest’anno ha diviso gli “osservatori” della Corea riguardo all’importanza di tale mossa. Si è trattato di un primo passo verso la riunificazione delle due Coree, o di una manovra cinica da parte della Corea del Nord per ottenere un maggiore potere negoziale nel tentativo di far revocare le sanzioni contro il Paese? Questo clamore politico non è una novità per coloro che investono nella Corea del Sud, che hanno dovuto resistere alla corruzione, alle sanzioni internazionali e alla minaccia di guerra quasi continua dalla fine delle ostilità ufficiali con il Nord nel 1953. Proprio l’anno scorso, il presidente Park Geun-hye è stato accusato e incarcerato per corruzione in seguito a manifestazioni di protesta durate settimane, e la Cina ha vietato ad alcuni dei suoi cittadini di visitare la Corea del Sud in risposta alla decisione del governo di implementare un sistema di difesa missilistica statunitense, mentre la Corea del Nord creava e testava con successo una bomba all’idrogeno. Non sorprende che molti investitori siano scappati a gambe levate. L’indice Kospi, tuttavia, si è rivelato ancora uno dei migliori in Asia, con un rendimento annuale al 20% (1) e oltre il 30% se abbinato alla forza della moneta.

 

PUNTO DI PARTENZA: LO SCONTO – Tenendo presente l’ottima performance registrata nel 2017, vale la pena di notare che la Corea continua ad offrire prezzi scontati rispetto ai suoi peer asiatici. L’indice di riferimento della Corea del Sud scambia su multipli Price/Earnings più bassi rispetto alla maggior parte dei mercati emergenti comparabili, e questo divario continua ad aumentare. È ormai riconosciuto che la Corea si presenta a un livello di sconto ritenuto interessante come entry point. Ironia della sorte, ciò avviene in un momento in cui si prevede che la crescita degli profitti del KOSPI sarà una delle più elevate nella regione. Certo, la minaccia nordcoreana è uno dei principali fattori che determinano tale sconto, ma anche questo aspetto è surclassato dalle scarse pratiche di corporate governance della Corea del Sud. Le aziende sudcoreane sono afflitte, a nostro avviso, da consigli di amministrazione non indipendenti e da un’etica commerciale ancora più discutibile, oltre al fatto che il tasso di distribuzione dei dividendi delle società sudcoreane è quasi la metà rispetto a qualsiasi altro Stato asiatico. Tuttavia, questo sconto non è necessariamente strutturale e la tendenza potrebbe benissimo invertirsi. Con la costituzione di un governo liberale è stato introdotto un codice di condotta. Analogo codice è stato introdotto in Giappone e ha avuto un impatto positivo sul mercato giapponese, incrementando le valutazioni delle società giapponesi che hanno scelto di adottare migliori standard di governance e di intraprendere iniziative di gestione del capitale tese ad allineare meglio i soci di maggioranza agli azionisti di minoranza. Come in Giappone, sono fiducioso che il codice costringerà anche molte aziende coreane a rinunciare alle loro cattive pratiche di governance, e ciò potrebbe contribuire al miglioramento delle valutazioni.

RIPERCUSSIONI ECONOMICHE DELLA RIUNIFICAZIONE – L’importanza di una migliore governance delle società è tuttavia messa in ombra dalla questione di un’ipotetica riunificazione delle due Coree e dall’impatto che tale iniziativa avrebbe sulla prospera economia della Corea del Sud. Guardando alla storia, l’unico termine di paragone che abbiamo è quello della riunificazione della Germania Est con la Germania Ovest negli anni Novanta. Come avviene ora per le Coree, all’epoca esisteva una notevole disparità in termini di reddito e la Germania Ovest, la controparte più ricca, aveva due opzioni. Si sarebbero potute utilizzare elargizioni statali, sovvenzioni e investimenti per ridurre il divario di disuguaglianza tra Est e Ovest, oppure consentire un’ondata massiccia di migrazioni da Est a Ovest. Si scelse la prima opzione e la si paga ancora dopo 25 anni. Purtroppo, questo sarebbe probabilmente un problema ancora più grave per la Corea del Sud. La Corea del Nord è notevolmente più grande della Germania orientale, con una popolazione di circa 25 milioni di abitanti. Parallelamente, la disparità di reddito tra Corea del Nord e Corea del Sud è ancora più significativa. Il reddito medio pro capite nella Corea del Nord è di poco inferiore al 5% circa del reddito medio sudcoreano. Ciò significa che per la Corea del Sud la riunificazione potrebbe solamente comportare una sostituzione di una minaccia bellica con una di rischio economico.

 

PROSPETTIVE POTENZIALMENTE ALLETTANTI  – Tuttavia, potrebbero esservi benefici sul lungo periodo. La Corea del Nord possiede numerosi giacimenti minerari – tra cui quelli di carbone – che le hanno garantito una certa indipendenza energetica. Dispone inoltre di un ampio bacino di manodopera a basso costo desiderosa di lavorare, sul quale potrebbero contare le imprese nazionali sudcoreane. Non solo: la riunificazione potrebbe rimuovere la minaccia di una guerra, il che ridurrebbe il budget destinato alla difesa e il relativo impatto psicologico sulle persone esposte a questa costante minaccia. Una Corea aperta potrebbe determinare la creazione di rotte commerciali tra Seul e Pechino, e poi per Mosca ed il Medio Oriente. Tutte queste nuove rotte ridurrebbero la dipendenza dagli scambi commerciali con gli Stati Uniti e il Giappone, consentendo al Paese di promuovere al meglio le sue esportazioni nei mercati in cui si trovava tradizionalmente in difficoltà, come quello cinese. Concludendo, le conseguenze a breve termine sarebbero una pillola estremamente amara da inghiottire sia per i sudcoreani che per gli investitori. Eppure, così come la Germania domina ora l’Europa, la Corea potrebbe – e il condizionale è d’obbligo – occupare una posizione simile in Asia in futuro. Una prospettiva potenzialmente allettante per un mercato ancora profondamente a sconto.

 

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