Barker (Ubs Am): “Opportunità tra le azioni italiane”

L’economia globale sta seguendo un tracciato di crescita più o meno solido. Secondo l’Onu, saranno altri 700 milioni i lavoratori che entreranno a far parte della manodopera mondiale entro il 2030, stimolandone l’espansione. Perché allora gli investitori hanno paura? Risponde Kevin Barker (nella foto), capo globale dei product specialist sull’azionario di Ubs Asset Management .

Negli ultimi mesi l’economia globale ha riportato un rallentamento e i tassi di crescita non sono più sincronizzati come una volta, pur rimanendo al di sopra del trend e supportati dall’incremento della spesa in conto capitale e dalla politica monetaria. Riteniamo che le azioni siano un’asset class sempre interessante, in grado di ottenere ritorni significativi per gli investitori. L’incremento della volatilità offre ai gestori attivi molte più opportunità per aggiungere valore e non è una coincidenza il fatto che il primo trimestre sia stato il miglior periodo degli ultimi 10 anni per i fondi attivi.

Quali sono i rischi principali oggi, tra tensioni geopolitiche, inflazione, nuove bolle finanziarie, prezzo dell’oil?

Ulteriori segnali di protezionismo da parte delle principali potenze economiche, nello specifico Stati Uniti e Cina, rappresenterebbero un rischio reale in quanto una guerra commerciale non ha mai un vincitore. Se da un lato i rischi geopolitici rappresentano sempre un problema, dall’altro non ci aspettiamo che questi possano avere un impatto negativo sui mercati azionari nel lungo termine. Tra gli altri fattori di rischio troviamo un significativo incremento dell’inflazione sottostante che potrebbe portare a un rialzo dei tassi di interesse più veloce del previsto. Tuttavia, al di fuori degli Stati Uniti, sembra che le pressioni inflazionistiche siano più moderate e non in aumento.

Il mondo azionario in questi anni è stato di grande soddisfazione e ha corso molto. Per un investitore che voglia assumere un po’ di rischio e continuare a investire sull’equity, dove suggerisce di stare a livello geografico e settoriale?

Nonostante tutto, sono meglio le azioni, soprattutto in confronto alle obbligazioni. A livello globale, c’è valore nei mercati emergenti, con la volatilità in Turchia e in Argentina che può dare buoni risultati agli investitori e permettere loro di incrementare le posizioni. Negli Usa l’area del tech è ancora interessante, con diversi titoli in rapida crescita. In Europa, vediamo più valore nei settori ciclici del mercato, in particolare banche e titoli del comparto minerario.

L’Europa sta scontando una fase di grande debolezza ma ci sono singole realtà aziendali, magari esposte a mercati internazionali, che stanno andando bene. Lei cosa ne pensa? Dove sono le opportunità?

Il 2017 è stato un anno nel quale le economie europee hanno riportato una crescita sopra la media e, nonostante il primo trimestre di quest’anno sia sembrato debole, è ancora troppo presto per affermare di essere in una fase di debolezza (del ciclo economico). Le azioni europee hanno una natura più ciclica, con più esposizione ai titoli finanziari rispetto a materiali e energy. Vediamo su tutti utili positivi e buone valutazioni.

Cosa pensa dell’Italia?
C’è valore in alcune azioni del settore finanziario, come UniCredit, e il recente sell-off a seguito delle elezioni offre buone opportunità per gli investitori a lungo termine.

Gli Stati Uniti. Qual è il suo sentiment sul mercato azionario, alla luce anche delle politiche fiscali di Trump? Quanto inciderà sull’azionario la nuova politica della Fed?

L’azionario statunitense è trainato principalmente dalle azioni dei comparti tech e consumer, come ad esempio Amazon e Alphabet. Il primo trimestre del 2018 ha dimostrato ancora una volta che queste aziende continuano a riportare un’eccellente crescita di ricavi e utili. Quindi, se da un lato le valutazioni possono sembrare troppo elevate, dall’altro non ci sono motivi per allarmarsi, vista la robusta crescita degli utili. A proposito di valutazione degli utili, le azioni statunitensi hanno un rating più interessante rispetto a quello di inizio anno. I recenti stimoli fiscali e l’incremento del CapEx suggeriscono che il ciclo non sia vicino alla sua fine e riteniamo che il leggero incremento dell’inflazione non rappresenti una minaccia materiale per le azioni. Stimiamo che, in questo scenario, la Fed alzi i tassi di interesse in modo graduale e che solo un incremento dell’inflazione maggiore del previsto possa minare significativamente la nostra view positiva.

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