La gestione perfetta? E’ attiva e passiva

COMBINAZIONE CORRETTA – L’asset allocation è uno dei principali driver di rendimento del portafoglio a lungo termine, ma la corretta combinazione tra gestione attiva e passiva è un fattore chiave per migliorare la performance del portafoglio di investimento. E’ quanto emerge dal quinto studio annuale di Lyxor Asset Management, rivolto agli investitori istituzionali, che confronta le performance dei fondi attivi domiciliati in Europa con il rendimento dei rispettivi indici di riferimento. L’ultima analisi condotta dal team di Etf Research di Lyxor – notevolmente ampliata rispetto alle edizioni precedenti – ha passato in rassegna più di seimila fondi attivi domiciliati in Europa, con masse in gestione complessive pari a 1.400 miliardi di euro, confrontandoli con i rispettivi indici benchmark in 23 universi d’investimento differenti.

LE PERFORMANCE – Dal nuovo studio emerge che il 44% dei fondi attivi in Europa ha sovraperformato i rispettivi indici benchmark nel 2017, il 16% in più rispetto all’anno precedente. I gestori azionari hanno conseguito i risultati più notevoli: il 47% di essi ha sovraperformato gli indici di riferimento, con un aumento del 20% rispetto al 2016. I fondi azionari attivi che hanno registrato performance migliori del benchmark hanno sovrappesato i fattori Growth e/o Quality, a scapito del fattore Value che aveva sostenuto la performance nel 2016, elemento che indica maggiore visibilità e liquidità sui mercati. Pur avendo conseguito risultati più soddisfacenti nel 2017, solo il 39% dei gestori obbligazionari attivi ha superato il rispettivo benchmark, a fronte del 32% dell’anno precedente. Benché un maggior numero di fondi attivi abbia superato i benchmark, grazie in particolare alla volatilità più contenuta e a un calo delle correlazioni tra i titoli azionari nel 2017, la dispersione dei risultati è stata in definitiva deludente. La generazione di alfa si è limitata a pochi segmenti, mettendo in evidenza l’importanza della selezione dei fondi per individuare i migliori gestori attivi. In particolare, nel comparto azionario i migliori risultati si sono concentrati in mercati meno efficienti o più specifici, come l’Italia, la Germania e il segmento delle small cap europee. Le performance più deludenti hanno invece riguardato le large cap statunitensi, britanniche e cinesi. Nel comparto obbligazionario, i gestori attivi che hanno privilegiato mercati liquidi e diversificati (obbligazioni globali, corporate bond Investment Grade e High Yield statunitensi) occupano i vertici della classifica. Le peggiori performance hanno invece riguardato segmenti più ristretti dell’asset class obbligazionaria, come l’High Yield e i bond indicizzati all’inflazione dell’area euro.

UN ANNO DIFFICILE – Il 2018 si preannuncia già più difficile per i gestori attivi, e i primi mesi dell’anno si sono dimostrati complessi per via delle incertezze geopolitiche, del graduale esaurirsi delle politiche monetarie espansive e dell’aumento della volatilità. In questo contesto, prendere le decisioni corrette in materia di asset allocation e fare la scelta più adatta tra fondi attivi e passivi sarà determinante. Commentando i risultati dello studio, Marlène Hassine, head of Etf Research di Lyxor, osserva: “Per gli investitori, la sfida principale consiste nel riconoscere i vantaggi specifici di ogni strumento di investimento, individuando il giusto equilibrio tra gestione attiva e passiva. Considerando che nell’ultimo decennio in media il 34% dei fondi attivi ha sovraperformato ad un anno il proprio benchmark, il nostro studio suggerisce che in un portafoglio globale, la maggior parte del valore aggiunto della gestione attiva può essere ottenuta impiegando il 30-40% di fondi attivi e investendo il restante 60-70% del portafoglio in fondi passivi o Smart Beta”. Philippe Mitaine, senior fund analyst di Lyxor, aggiunge: Nello studio abbiamo introdotto il monitoraggio della dispersione della performance relativa dei gestori attivi rispetto ai benchmark nel 2017. La minor dispersione, lo scorso anno rispetto ai precedenti, evidenzia una maggiore difficoltà nell’individuare gestori in grado di generare consistenti sovrarendimenti e il ruolo cruciale della selezione dei fondi per il conseguimento degli obiettivi di rendimento del portafoglio.”

 

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