Polizze, quanta distanza tra Europa e Regno Unito

Sempre più di frequente si ricorre a prodotti finanziari assicurativi come strumenti alternativi d’investimento, soprattutto in ragione dei vantaggi fiscali che offrono e in ragione del fatto che le polizze di assicurazione fruiscono di un regime di impignorabilità e insequestrabilità delle somme versate. Ma cosa succede quando il titolare di una polizza d’investimento stipulata in Italia o in un altro paese europeo decide di trasferire la propria residenza fiscale nel Regno Unito? Il problema non è di poco conto e rischia di risultare di ancora più difficile soluzione qualora la polizza e gli altri documenti di corredo siano scritti in lingua straniera.

IMPOSTE DIFFERITE – Ai sensi del diritto tributario inglese, i prodotti finanziari qualificabili come polizze assicurative sulla vita beneficiano di un regime di differimento d’imposta. Tuttavia, non appena si verifica un “evento realizzativo” (per esempio la morte dell’assicurato o la scadenza, rinuncia o cessione della polizza), la plusvalenza generata viene tassata in base alle aliquote marginali che si applicano al reddito (che possono arrivare sino al 45%). Occorre innanzitutto evidenziare che la legge inglese non prevede una definizione normativa di “assicurazione sulla vita”. Ciò detto è tuttavia possibile ritenere che il regime fiscale che governa le assicurazioni sulla vita trovi applicazione più in generale con riferimento a qualsiasi polizza che determini la corresponsione di un capitale o di una rendita in connessione all’evento morte. Si pone quindi un primo potenziale problema di compatibilità alla legge inglese dei prodotti assicurativi dell’Europa continentale. Questi ultimi infatti tendono a offrire una copertura assicurativa considerevolmente più bassa rispetto allo standard dell’1% comunemente accettato nel Regno Unito (pari per esempio allo 0,1%, e possibilmente inferiore) e in taluni casi non prevedono la corresponsione di alcun importo aggiuntivo a seguito del decesso dell’assicurato. Tali prodotti possono comunque essere trattati come assicurazioni sulla vita (ai fini della normativa fiscale inglese) nella misura in cui, valutati nel loro complesso, i diritti derivanti dal contratto siano diversi (seppur solo marginalmente) a seconda che vengano esercitati alla morte dell’assicurato o al momento del riscatto. Tuttavia, per minimizzare il rischio che la polizza non venga considerata quale assicurazione sulla vita ai sensi della normativa fiscale inglese (e che pertanto non trovi applicazione il regime del differimento d’imposta), è a nostro avviso consigliabile assicurarsi, in fase di sottoscrizione, che la polizza preveda una copertura finanziaria aggiuntiva in caso di morte (e preferibilmente pari all’1%, in quanto in linea con la prassi dell’industria assicurativa inglese).

EREDI E BENEFICIARI – Un altro elemento che è sistematicamente presente nelle polizze di stampo continentale (e che, in quanto sconosciuto in Inghilterra, rischia di creare confusione) è la clausola di nomina del beneficiario. In caso di morte, secondo il diritto tributario inglese la plusvalenza viene attribuita al titolare (beneficial owner) dei diritti connessi alla polizza e potenzialmente esercitabili fino al momento immediatamente precedente alla morte e quindi verosimilmente, al contraente della polizza stessa. Pertanto i proventi di prodotti finanziari assicurativi indirizzati al mercato inglese, ricadono in automatico nella massa ereditaria del defunto ed è quindi l’esecutore testamentario (al quale i proventi della polizza vengono corrisposti) a dover pagare le relative imposte dirette generate dall’evento realizzativo (la morte) in relazione alla polizza. Al contrario invece i beneficiari nominati nelle polizze europee sono generalmente gli unici soggetti aventi diritto al pagamento dei proventi della polizza al momento della morte dell’assicurato. È pertanto evidente che possa sorgere qualche problema qualora il contraente di una polizza estera in cui sono indicati come beneficiari individui residenti in Italia venga a mancare mentre risiede nel Regno Unito. In tale scenario, se viene nominato un esecutore testamentario terzo (per esempio un professionista), in relazione all’eredità del defunto e in virtù di un testamento redatto sulla base della legge inglese, si verrebbe a creare un’evidente discordanza tra i soggetti destinatari dei fondi (i beneficiari italiani) e il soggetto tenuto al pagamento delle imposte dirette in Inghilterra (l’esecutore testamentario).

SUCCESSIONI D’OLTREMANICA – Il problema è ovviato qualora ci sia una corrispondenza tra gli individui nominati quali esecutori testamentari e i beneficiari dell’assicurazione sulla vita, ed è fortemente stemperato qualora, sebbene l’esecutore sia un soggetto terzo, i beneficiari individuati dalle polizze e dal testamento inglese siano i medesimi. Le polizze d’investimento prevedono che il contraente della polizza (nella stragrande maggioranza dei casi individuato anche quale vita assicurata) sia il soggetto in grado di poter esercitare i diritti afferenti la polizza (per esempio il diritto di riscattare, cedere, o dare in pegno la polizza) durante la propria vita. Tali diritti vengono trattati dal punto di vista fiscale e normativo come un asset e vengono considerati potenzialmente assoggettabili all’imposta di successione inglese alla morte del contraente e assicurato, qualora quest’ultimo sia domiciliato (o debba comunque considerarsi tale) nel Regno Unito. L’obbligo di pagare le imposte di successione inglesi grava in prima battuta  sui beneficiari della polizza (in quanto titolari del diritto a riscuotere la stessa). Tuttavia, l’esecutore testamentario (se persona diversa da questi ultimi) sarà comunque responsabile nel caso in cui l’imposta non venga pagata dai beneficiari entro 12 mesi dall’evento morte. In un contesto internazionale occorre tenere presente che, ai fini dell’imposta di successione inglese, la maggior parte delle polizze straniere sono trattate come beni esteri, partendo dal presupposto che il soggetto debitore (la compagnia assicurativa) è residente al di fuori dell’Inghilterra. Pertanto la polizza detenuta da un soggetto non domiciliato in Inghilterra non sarebbe assoggettata all’imposta di successione inglese. Trascorsi 15 anni di residenza fiscale in Inghilterra (calcolati a partire dagli ultimi 20 anni), un individuo domiciliato all’estero viene trattato a fini fiscali come se fosse domiciliato nel Regno Unito ed è pertanto tassato sulla base del world wide principle, di conseguenza alla polizza straniera potrebbe applicarsi l’imposta di successione inglese (al 40%).

RISCATTO CONVENIENTE – Quelle menzionate sono solo alcune delle tematiche con cui ci confrontiamo periodicamente in relazione ai prodotti finanziari assicurativi stranieri (che sono mirati unicamente al relativo mercato domestico e che non  sono pertanto, portable). In fase di pianificazione, qualora il contraente preveda la possibilità di trasferirsi all’estero in futuro, è senz’altro consigliabile che il prodotto assicurativo sottoscritto sia esportabile in altri paesi (incluso il Regno Unito). Qualora il contratto d’assicurazione sia già stato emesso e non sia esportabile, potrebbe risultare preferibile, all’indomani di un trasferimento di residenza nel Regno Unito, riscattare immediatamente la polizza di stampo continentale (con un carico fiscale molto contenuto in Inghilterra) e sottoscrivere un nuovo prodotto assicurativo indirizzato al mercato inglese, seppur offerto da una compagnia assicurativa straniera.

di Mara Monte, Withers Studio Legale

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