La Financière de l’Echiquier: la Fed su tutti i fronti

Tra le critiche che le sono mosse da Donald Trump, la pubblicazione dei verbali dell’ultima sua riunione e il simposio annuale di Jackson Hole – culminato con il discorso del suo presidente – da qualche giorno ormai la Federal Reserve Americana campeggia in prima pagina, spiega una nota a cura di Olivier De Berranger, chief investment officer di La Financière de l’Echiquier. Trump ha nuovamente redarguito l’istituzione americana e criticato le decisioni assunte di recente dal suo presidente, Jerome Powell, asserendo che quest’ultimo non dovrebbe proseguire sulla via della normalizzazione monetaria. Si è anche detto dispiaciuto degli ultimi rialzi dei tassi. Questi attacchi fanno eco a precedenti commenti in cui era stato tra l’altro rimproverato alla Fed di sottrarre in questo modo «un importante vantaggio competitivo» agli Stati Uniti. Il presidente della Fed di Dallas ha risposto indirettamente in uno studio pubblicato martedì scorso in cui ricordava che solo quando i tassi a breve avranno raggiunto un livello di neutralità, che non frena né stimola l’economia, la Fed potrà ipotizzare di interrompere i rialzi dei tassi. Ha altresì specificato che servirebbero, allo scopo, altri tre o quattro aumenti. Questo messaggio è stato confermato dalla pubblicazione, mercoledì, del verbale dell’ultima riunione del FOMC. Il tono dei dibattiti tra i membri della Fed convalida lo scenario di un nuovo aumento imminente dei tassi, probabilmente già nel corso della riunione di settembre. I governatori evidenziano la solidità del mercato del lavoro oltre all’innalzamento delle spese dedicate agli alloggi e degli investimenti delle aziende. Osservano altresì che gli ultimi dati economici sono in
linea con quanto anticipato e, tra l’altro, che l’inflazione salariale stenta ancora ad accelerare. Quest’ultimo punto fa parte degli elementi che ci impediscono di osservare il classico rapporto tra saturazione del mercato del lavoro e comparsa dell’inflazione salariale. E’ stato al centro dei principali argomenti affrontati durante i lavori a Jackson Hole la cui tematica era «Changing Market Structure and Implications for Monetary Policy». Il termine «Market» essendo sufficientemente ampio, la guerra commerciale e, più in generale, il rischio protezionistico e le sue ripercussioni sui «mercati» dei beni erano in agenda, ancorché affrontati indirettamente dato che i banchieri centrali hanno parlato di un’«economia in cambiamento». Il momento culminante del summit, il discorso di Jerome Powell, è quindi apparso piuttosto «dovish».

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