TCW svela i piani sull’Italia

TCW scommette sul mercato italiano e lo fa tramite la Sicav lussemburghese TCW Funds. Parla Gian Luca Giurlani, managing director e responsabile della piattaforma Ucits in Europa e dello sviluppo del mercato dell’Europa del Sud di TCW. La società è un asset manager globale e indipendente con più di quarant’anni di esperienza, un forte focus sull’obbligazionario e circa 200 miliardi di dollari di patrimonio in gestione (di cui circa 180 in fixed income). TCW gestisce una delle più ampie gamme di fondi comuni degli Stati Uniti tramite i fondi TCW, i fondi MetWest e le famiglie di fondi alternativi TCW.

La vostra presenza in Europa si sta rafforzando. Ne è un esempio la recentissima apertura a Milano di una sede TCW. Ci racconta questo focus?
L’Italia è uno dei Paesi su cui mi sono focalizzato per primo. Come TCW abbiamo cominciato a sviluppare il mercato italiano un paio di anni fa e dallo scorso 1° settembre abbiamo una sede fisica a Milano in via Torino n. 2. Il recente ingresso di Matteo Sinigaglia dà ulteriore forza a questo progetto. Matteo seguirà il mercato delle reti e i canali distributivi. Era necessario questo passo, per affrontare al meglio un mercato bisogna esserci, anche fisicamente. Nel giro di due anni, abbiamo allargato il nostro raggio di azione dgli investitori istituzionali al mondo delle gestioni patrimoniali e delle unit linked, stipulando anche due importanti accordi di distribuzione con CheBanca! e Finecobank, che presto saranno seguiti da altri ai quali stiamo lavorando.

Da dove nasce il vostro interesse per l’Italia?
Da due ragioni principali: il mercato italiano è un mercato prevalentemente obbligazionario e attratto dalle expertise degli asset manager stranieri e noi siamo una casa statunitense, specializzata in particolar modo in strategie fixed income. Il secondo motivo è dato dalla tipologia di strategie che offriamo: unconstrained e absolute return con alle spalle un’importante ricerca di tipo value: in pratica offriamo strumenti molto complementari rispetto a quelli che tanti investitori istituzionali e wholesale hanno già in portafoglio: in particolar modo, hanno incontrato l’interesse della clientela italiana la nostra strategia fixed income asbolute return a bassa volatilità (impacchettata nel comparto TCW Funds MetWest Unconstrained bond) e gli ottimi comparti che investono sui mercati emergenti.

Fatto 100, quanto è destinato agli istituzionali e quanto al resto?
50% istituzionali e 50% tra distribuzioni dirette, unit linked e gestioni.

Pensate nel futuro alla possibilità di incrementare la presenza in Italia?
Un passo alla volta. Al momento sono tre le persone che seguono il mercato italiano: Sinigaglia, una persona di supporto basata a Londra e il sottoscritto. Adesso è prematuro ma di certo, se le cose andranno come speriamo, siamo aperti ad assumere più persone.

I flussi, diversamente, dal passato, in questo difficile 2018 si sono un po’ depressi. A cosa è da attribuire? A Mifid 2 o al mercato?
A mio avviso, i flussi non sono andati particolarmente bene perché ci sono stati due effetti combinati. Il primo sta nel rialzo dei tassi americani che, a breve termine, ha avuto un effetto negativo sul segmento obbligazionario. Sul lungo termine ci sarà una compensazione ma l’aumento dei tassi ha fatto crescere il differenziale Europa/Usa con relativi rialzi dei costi di copertura. Il secondo è la volatilità. In altre parole, la tempesta perfetta per questa asset class. Bisogna quindi avere un po’ di pazienza. Il calo dei flussi, quindi, è dovuto prevalentemente ai mercati e non tanto a Mifid 2.

Voi siete forti sul fixed income e sugli emergenti. Su quali fondi state puntando?
Siamo molto forti sulla parte core obbligazionaria, unconstrained a zero correlazione con il tasso americano, con un profilo di rischio/rendimento tra i migliori. Nel dettaglio il nostro fondo flagship è il MetWest Unconstrained Bond Fund. Abbiamo un ottimo track record anche sul mondo emergente e il nostro fondo di punta è l‘Emerging Markets Income. A causa dell’andamento altalenante del dollaro, questa è una fase delicata per questi mercati ma gli Emerging Markets restano un’asset class molto importante e che sul lungo termine darà buoni risultati.

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