M&G Investments: la performance “elastica” dei listini Usa

Tra marzo 2009 e settembre 2018, lo S&P 500 è salito del 330%, la più lunga corsa al rialzo mai registrata nella storia, spiega una nota a cura di Daniel White, gestore del fondo M&G North American Value di M&G Investments. Tra gli elementi che hanno contributo a questa performance, la ripresa economica dopo la crisi finanziaria del 2008, il miglioramento dei fondamentali delle imprese e la maggiore propensione al rischio degli investitori, stimolati dai bassi tassi di interesse. Ma questo mercato toro da record sembra aver esaurito le forze. A ottobre si è verificata una forte inversione di tendenza, con un calo dell’indice di circa il 10%. Il sell-off è stato significativo, ma ancora relativamente modesto se si considerano i recenti rialzi. Tuttavia, molti investitori stanno assistendo a ingenti perdite.

Alcune delle aziende tecnologiche più amate – come Facebook, Amazon, Apple, Netflix o la capogruppo di Google, Alphabet (a volte chiamate collettivamente FAANGs) – hanno perso molto di più rispetto all’ indice complessivo. Il prezzo del titolo Apple – la cui valutazione ha raggiunto un picco di oltre 1000 miliardi di dollari, facendone la più grande azienda a livello globale della storia – è successivamente sceso di oltre il 25%. Le azioni di Facebook, coinvolte nel crollo causato dallo scandalo Cambridge Analytica, sono scese di quasi il 40% rispetto ai massimi. A preoccupare gli investitori, anche la velocità e la natura di questo sell-off. Ci eravamo tutti troppo abituati a un contesto di mercato calmo. Ma molti prezzi azionari sono diventati improvvisamente molto più volatili, cogliendo di sorpresa alcuni investitori. Tutto questo significa che la “bolla” è scoppiata? Non proprio. Piuttosto, la situazione odierna del mercato azionario US è più simile ad un elastico. Un elastico può essere infatti allungato solo fino a un certo punto. E quanto più viene teso, tanto più inevitabile sarà il suo ritorno alla forma originaria.

Da qualche tempo, alcuni segmenti del mercato azionario statunitense sono diventati molto costosi, in particolare è proprio il caso delle società FAANG. Altre parti dei listini sono invece rimaste interessanti dal punto di vista delle valutazioni. A settembre, il divario tra le valutazioni più basse e quelle più alte era diventato incredibilmente ampio, un po’ come un elastico. Il sell-off che abbiamo visto dagli inizi di ottobre sembra rappresentare i primi movimenti di un elastico che torna alla sua forma originale. I titoli growth più costosi come i FAANG hanno sottoperformato, mentre molte azioni value a basso costo come le utility o le società finanziarie sono andate abbastanza bene.

Anche dopo l’ondata di vendite, molti titoli growth continuano ad apparire molto costosi. Gli investitori cominciano quindi giustamente a chiedersi se siano le azioni value ad offrire le opportunità più interessanti. Il mercato americano potrebbe ancora continuare su un trend rialzista, ma è probabile che la sovraperformance sarà determinata dalle azioni value piuttosto che dai titoli growth. In vista del 2019, siamo fiduciosi di trovare opportunità nella maggior parte dei settori e delle industry degli Stati Uniti. Siamo esposti a tutti i principali comparti, comprese ampie posizioni sui settori finanziario, sanitario, tecnologico ed energetico. I FAANG ci sembrano ancora costosi, quindi non li abbiamo in portafoglio (ad eccezione di una piccola posizione su Alphabet). Tuttavia, il settore tecnologico in generale rimane un terreno di caccia ricco, in particolare nello spazio delle società produttrici di hardware e semiconduttori. Si tratta di business ciclici, che offrono buone opportunità per gli investitori a lungo termine sulla base di valutazioni interessanti. Ma il “rischio obsolescenza” è alto, quindi gli investitori devono condurre ricerche approfondite ed essere selettivi. Mentre il prezzo del petrolio rimane volatile (il Brent è appena sceso del 30% in meno di due mesi), i fondamentali di base di molti titoli del settore energetico sono notevolmente migliorati. I bilanci sono più solidi e molte aziende hanno ridotto i costi di produzione. Questo significa che in molti casi sono più redditizie oggi (con il petrolio a circa 60 dollari al barile), rispetto a quando il petrolio superava i 100 dollari.

 

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