Asset allocation, portafoglio a prova di ribassi

In un ottobre particolarmente difficile la maggior parte delle principali asset class è scesa in territorio negativo in termini di performance annuali, con i mercati azionari regionali in calo del 4%-10% (in valuta locale) in un solo mese. Le cause scatenanti di quest’ondata di vendite non sono ancora risolte: le tensioni commerciali sono sempre fonte di preoccupazione per gli investitori in vista dell’imminente summit del G20 e i colossi tecnologici che hanno trainato i mercati statunitensi durante il 2018 continuano a soffrire. Inoltre il ritiro delle misure non convenzionali di politica monetaria continua a inasprire le condizioni di finanziamento, mentre persiste un progressivo indebolimento delle prospettive di crescita globale. Ne parliamo con Eugene Phialithis (nella foto), gestore del fondo FF GMAI Fund di Fidelity International.

Il vostro portafoglio ha tenuto. Ci racconta la vostra strategia?

In effetti a dispetto di questo periodo difficile per tutte le asset class il nostro portafoglio ha dimostrato un’ottima capacità di protezione dai ribassi, tanto che le posizioni difensive di copertura non avevano mai prima d’ora fornito un simile contributo alla sua performance. Questo risultato è indicativo della nostra capacità di proteggere il capitale dei clienti mediante la gestione attiva e un utilizzo disciplinato di un’ampia gamma di strumenti all’interno dei nostri portafogli.

Come siete posizionati sul fronte delle partecipazioni azionarie?

Da qualche tempo i nostri gestori attivi hanno preferito i settori difensivi e hanno ridotto l’esposizione alle aree ritenute sopravvalutate come la tecnologia. A ottobre per esempio il contributo più significativo alla performance è giunto dalle coperture assunte sull’indice S&P 500 e sul settore tecnologico, due aree ritenute appunto sopravvalutate e pronte per una correzione. Altrettanto importante è forse il fatto che non abbiamo un approccio assolutista in questo senso. Nelle ultime settimane abbiamo ridotto in maniera tattica alcune delle nostre coperture azionarie per esempio sull’Europa, in quanto la nostra esposizione complessiva al Vecchio Continente è scesa. Inoltre abbiamo chiuso la nostra copertura sulle azioni di Hong Kong dopo il netto sell-off delle azioni asiatiche.

E nel segmento obbligazionario?

Abbiamo avuto accesso in maniera altrettanto attiva alla protezione dai ribassi, oltre che alle aree in grado di offrire opportunità interessanti. Dati gli attuali livelli degli spread per cui difficilmente si prevede un margine di miglioramento, abbiamo preso profitto su alcune obbligazioni high yield statunitensi, confermando invece la predilezione per le controparti asiatiche. Apprezziamo questa asset class per la resistenza dei suoi fondamentali, i rendimenti interessanti, la leva finanziaria in calo a dispetto delle tensioni legate alla guerra commerciale e l’ottimo track record dei nostri gestori attivi nell’individuazione delle migliori opportunità. Per quanto riguarda le partecipazioni nel debito dei mercati emergenti, data la tenuta del dollaro statunitense, le nostre coperture valutarie sono risultate particolarmente efficaci per proteggere il capitale e quindi le abbiamo mantenute. Un’altra copertura rivelatasi molto utile è stata la posizione short assunta sui titoli di Stato italiani in quanto, a fronte dell’incertezza politica, ogni singola notizia genera movimenti irrazionali dei rendimenti; anche la posizione lunga sui Gilt britannici è stata remunerativa, data l’incertezza per la Brexit che ha dominato l’intero mese di ottobre e l’inizio di novembre.

E sul fronte degli investimenti alternativi?

Ne apprezziamo i vantaggi in termini di diversificazione, oltre che per le ridotte correlazioni rispetto ai mercati tradizionali e per i rendimenti interessanti. Abbiamo preso parte agli aumenti di capitale di due delle nostre partecipazioni infrastrutturali, mentre abbiamo ridimensionato parte della nostra esposizione ai Reit britannici.

 

 

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