Così le sgr affiancano le reti

Paolo Proli (nella foto), head of retail distribution di Amundi Sgr, per lavoro frequenta il mondo della consulenza finanziaria da decenni. Non a caso, nell’ultima edizione dei BLUERATING AWARDS, è stato tra i premiatori dei migliori financial advisor delle reti italiane. In qualità di rappresentante di una grande casa di gestione che distribuisce i propri prodotti anche attraverso i consulenti finanziari, Proli dispone infatti di un osservatorio privilegiato per analizzare i trend e delineare gli scenari futuri di questa professione, oggi alle prese con un processo di grande cambiamento. “Mifid 2 ha comportato un avvicinamento tra chi fabbrica i prodotti d’investimento e chi li distribuisce”, dice l’head of retail distribution di Amundi, in questa intervista rilasciata a BLUERATING.

L’arrivo della direttiva europea però sta provocando anche una riduzione dei costi dei prodotti e dunque dei margini di profitto per gli operatori del settore…
È vero, ma credo che alla fine l’effetto di Mifid 2 sia positivo soprattutto per una ragione: oggi la case di gestione e i collocatori di prodotti finanziari collaborano molto più di prima nelle attività di costruzione del portafoglio per il cliente finale. L’arrivo di Mifid 2 ha infatti introdotto la product governance (la governance di prodotto, n.d.r.), un processo nel quale viene lasciato molto spazio alle sgr nell’identificare il cosiddetto target market, cioè il segmento di investitori di riferimento a cui sono destinati determinati strumenti finanziari. In altre parole le case di gestione non sono più soltanto dei grandi store di prodotti, dove i distributori prendono quello che vogliono a seconda delle loro politiche commerciali. Oggi, proprio grazie a Mifid 2, c’è una maggiore vicinanza tra tutti gli attori dell’industria del risparmio gestito.

Come siete organizzati per gestire i vostri rapporti con le reti di consulenti finanziari?
Abbiamo una squadra di sales dedicata, in cui diverse figure senior gestiscono rapporti con un partner distributivo. Amundi ha relazioni con tutte le maggiori reti italiane, partecipiamo ai loro eventi di formazione, curiamo diverse gestioni in delega e siamo presenti nei loro wrapper, gli involucri che mettono assieme diversi prodotti finanziari per la costruzione dei portafogli. Senza dimenticare la nostra Amundi Academy, una struttura interna dedicata alla formazione che rendiamo disponibile anche a chi distribuisce i nostri prodotti, per elevare la qualità del servizio alla clientela. Si crea così un processo virtuoso in cui le società di asset management diventano sempre più dei fornitori di servizi, andando appunto oltre il semplice ruolo di fabbricaprodotto.

Quali sono i prodotti su cui punterete di più nel canale dei consulenti finanziari?
Come ho già detto, oggi il rapporto tra sgr e distributori è ben diverso che in passato. Chi colloca prodotti d’investimento ci chiede sempre più di costruire delle soluzioni d’investimento ad hoc, partendo dalla soddisfazione di determinati bisogni della clientela. Fatta questa premessa, è indubbio che vi siano alcuni temi interessanti su cui vale la pena focalizzare l’attenzione. C’è per esempio quello degli investimenti socialmente responsabili, che oggi occupano una quota sempre più importante della raccolta del risparmio gestito internazionale. Poi c’è il tema dei cosidetti asset illiquidi, dal private equity al private debt, che rappresentano un elemento importante per diversificare il portafoglio e innalzare il rendimento atteso, soprattutto per i clienti con esigenze un po’ più complesse come quelli che usufruiscono dei servizi di wealth management. Amundi si appresta a entrare nel mercato degli Eltif (European long term investments funds, n.d.r), i fondi paneuropei specializzati nel segmento piccole e medie imprese, che daranno la possibilità di accedere anche ad asset e strumenti finanziari non quotati. Non dimentichiamo infine un altro tema d’investimento importante, fuori dal Vecchio Continente.

A cosa si riferisce?
Parlo della curva dei rendimenti negli Stati Uniti, dove è già iniziata da tempo una fase di rialzo dei tassi d’interesse. Il che deve spingere gli investitori a riflettere su come tornare a posizionarsi sul mercato d’Oltreoceano per coglierne le opportunità, seppur con la dovuta gradualità e prudenza visto che la fase ascendente del costo del denaro non è terminata. Su questo fronte ci avvaliamo dell’expertise del nostro polo di gestione Amundi Pioneer di Boston che è specializzata nelle asset class Usa e, in particolare in questo momento, con la sua strategia Income Opportunities individua opportunità di reddito in diverse asset class, attraverso un approccio value.

Quali sfide dovrà affrontare nei prossimi decenni il mondo della consulenza finanziaria?
La più importante è senza dubbio quella del passaggio generazionale. Oggi c’è una classe anagrafica, quella dei millennial nati dopo il 1980 e cresciuti nell’era di internet, che si appresta a ereditare la ricchezza lasciata in dote dai loro genitori o nonni. Dunque i consulenti finanziari devono pensare a rapportarsi alla clientela cercando un linguaggio e dei canali di comunicazione che si adattano sia alla generazione del baby boom che a quella successiva dei nativi digitali. In ogni caso, qualunque sia l’età degli investitori, le loro esigenze oggi sono notevolmente mutate. Le reti di consulenti finanziari che hanno saputo interpretarle meglio sono quelle che hanno puntato di più sulla tecnologia e sull’innovazione. Oggi non c’è più la classica figura del cliente che aspetta a casa l’arrivo del vecchio promotore finanziario. Ci sono per esempio investitori che viaggiano spesso o sono continuamente in mobilità per motivi di lavoro. Sono persone che hanno bisogno di rapportarsi a distanza, in maniera agile, flessibile e avanzata con chi gestisce il loro denaro. Per questo dico che la tecnologia è importante, anche se sono convinto di una cosa: nella consulenza finanziaria nulla potrà mai sostituire il grande valore che deriva dal contatto umano.

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