Consulente, ti spiego perché la stabilità è destabilizzante

Teoria economica – Hyman Philip Minsky aveva compreso che in finanza, la stabilità genera instabilità, a causa dei feedback positivi. Nei periodi di ottimismo, banche, aziende e chi richiede prestiti acquistano fiducia e si assumono più rischi, facendo salire il prezzo degli asset reali, finanziari ed immobiliari. Questa crescita dei prezzi rafforza la fiducia di debitori e creditori sul fatto che il valore dei beni continuerà ad aumentare, pertanto “la tendenza a trasformare il fare bene in un boom di investimenti speculativi rappresenta l’instabilità di fondo nell’economia capitalistica” ovvero, citando nuovamente Minsky, “la stabilità, o tranquillità, in un mondo con un passato ciclico e istituzioni finanziarie capitalistiche, è destabilizzante”.

Tim Jackson osserva che, “se ci chiediamo se la crescita sia funzionale alla stabilità, la risposta è che lo è in un’economia basata sulla crescita. Il modello capitalista non prevede alcuna scorciatoia per arrivare a uno stato stazionario: le sue dinamiche intrinseche lo spingono verso l’espansione o il collasso”.

Come spiega Nassim Taleb l’idea di fondo alla base dei sistemi complessi è che l’insieme si comporti in modi che le singole componenti non sono in grado di prevedere. Le interazioni tra le componenti contano più della natura di ciascuna. Nei mercati, fissare i prezzi o ridurre l’attività degli speculatori, fornisce un’illusione di stabilità. Tuttavia, se gli investitori non fossero abituati alla volatilità, la minima variazione di prezzo verrebbe attribuita a informazioni riservate oppure a cambiamenti sostanziali del sistema, e provocherebbe il panico. Quando un asset non oscilla mai, un movimento minimo, quasi impercettibile, farà credere che la fine del mondo sia vicina. Introdurre un po’ di confusione stabilizza il sistema.

Guerre e crisi – Sfortunatamente sono necessari accadimenti estremi per creare vero dinamismo all’interno della società. Come argomentato da Thomas Piketty le guerre mondiali e le profonde crisi finanziarie internazionali sono state gli unici eventi in grado di ridurre le differenze di reddito e soprattutto ricchezza e di promuovere lo sviluppo in ambito giuridico e sociale (cito come esempio i diritti ottenuti dalle donne a seguito della sostituzione delle attività lavorative lasciate dagli uomini impegnati nei combattimenti della prima guerra mondiale), elementi che innovazioni tecnologiche dirompenti e cambiamenti nella sensibilità della società civile non sono stati in grado di favorire. A partire dal 1945 il mondo non ha più sperimentato conflitti su vasta scala a fronte del venir meno dei vantaggi economici derivanti dal successo militare e del rischio di distruzione globale presente con le nuove armi, come suggerisce la celebre espressione, “non so con quali armi si combatterà la terza guerra mondiale, ma posso dirvi cosa useranno nella quarta: pietre!”, da alcuni attribuita ad Einstein. Al contrario anche dopo il 1945 si sono verificate crisi economiche periodiche, eventualità che ora terrorizzano letteralmente l’establishment politico e finanziario.

Usa – La Fed ha perso la credibilità ottenuta in decenni cambiando completamente la politica monetaria nel giro di 2 mesi, in assenza di una variazione nei principali dati economici, non ritenendo accettabile un calo del 20% dell’indice S&P 500, sebbene l’azionario Usa fosse ai massimi assoluti ed avesse registrato la più lunga serie temporale di rialzi della storia. Bastano due giorni di correzione dei mercati per sentire esponenti di spicco formulare nuove proposte di misure monetarie espansive non tradizionali.

Germania – Nonostante la condizione idilliaca teoricamente presente (ovvero pieno impiego, bassa inflazione, surplus commerciale stabile e diversificato in diversi settori e aree geografiche, debito pubblico in diminuzione, ecc), l’esito delle ultime elezioni politiche nazionali e le recenti proteste per il caro case, con l’ipotesi di nazionalizzazione di una parte rilevante del settore immobiliare, evidenziano una diffusa instabilità in Germania.

Verità – Si è consapevoli di aver procrastinato per decenni la risoluzione di problematiche strutturali mondiali (cambiamento climatico, flussi migratori, livello di indebitamento, sicurezza informatica, ecc), tra i diversi paesi (tutela della proprietà intellettuale, ridefinizione delle aree di influenza politico-economica, rappresentanza negli organismi internazionali in grado di rispecchiare il peso effettivo degli stati, ingenti disavanzi commerciali strutturali, ecc), ma anche all’interno delle singole nazioni (iniquità, gap democratico e demografico, ecc), non avendo avuto in passato la forza di accettare il livello di volatilità necessario per stabilizzare il sistema.  Per questo l’attuale classe dirigente sta cercando di ritardare ulteriormente la gestione di tali contingenze, almeno fino al termine del proprio mandato, per evitare le inevitabili ripercussioni politiche, economiche e sociali, ormai non più lievi, derivanti dall’inevitabile cambiamento.

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