Sui Pir continuano a piovere deflussi, mentre sullo sfondo la politica lavora per farli ripartire. Come riporta Il Sole 24 Ore, in base ai dati di ieri pubblicati da Assogestioni i Piani individuali di risparmio hanno avuto riscatti nel terzo trimestre per 354 milioni di euro. Una situazione più o meno simile a quanto si era verificato nel trimestre precedente che aveva fatto segnare un -361 milioni. Sebbene il patrimonio sia rimasto stabile a quota 18,5 milioni, l’encefalogramma del mercato è piatto e i prodotti sul mercato sono scesi da 71 a 69. Una situazione che si è innescata dalla riforma di un anno fa, quando il governo gialloverde aveva introdotto l’obbligo ai Pir di investire il 3,5% sull’Aim e il 3,5% in venture capital. In base a un report di Equita, le stime di raccolta netta per il 2019 sono negative per 700 milioni.
Motivi sufficienti per innescare un tentativo trasversale delle forze politiche di maggioranza e opposizione per correre ai ripari. L’occasione per modificare la normativa è la manovra 2020 attualmente alle prese con gli emendamenti. L’ultima proposta firmata dal senatore del M5S Cristiano Anastasi, prevede una rimodulazione dei vincoli. Da due ne rimarrebbe uno solo, al 5%: i gestori, quindi, sarebbero obbligati a investire tale quota in società di capitalizzazione inferiore al Ftse Mid cap. Un altro emendamento del Pd, invece, punta a innalzare le soglie di investimento che possono essere considerate per l’esenzione fiscale da 30.000 a 100.000 euro per i privati. E a inserire una riserva dell’1,5% per investimenti in fondi o società che puntano su start up o pmi innovative. Quasi sicuramente si farà qualcosa. È da vedere cosa emergerà, alla fine, dalla montagna di emendamenti attualmente all’esame delle Camere.