Pir, via libera al cambiamento

È arrivato l’ok della Commissione Finanze all’emendamento al Dl Fiscale per la riforma dei Pir (Piani individuali di risparmio). Il consenso verso il provvedimento di Forza Italia, riformulato dai relatori della maggioranza, è stato unanime. Ne nascono dei Pir 3.0: con la rimozione dei tanto discussi vincoli introdotti nella scorsa legge di Bilancio.

I nuovi Pir dovranno avere almeno il 70% dell’investimento complessivo in strumenti finanziari emessi da imprese italiane oppure aziende europee (purché abbiano una stabile organizzazione in Italia). Inoltre, almeno il 25% di questa quota dovrà essere impiegata in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice Ftse Mib o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati. Un ulteriore quota del 5% (sempre del 70% sopracitato) dovrà essere destinata in strumenti finanziari di imprese italiane diverse da quelle inserite nell’indice Ftse Mib, Ftse Mid e Star (a meno che non si tratti di small cap) o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati. Restano, ovviamente, per i Pir le vecchie agevolazioni fiscali previste fin dall’inizio.

Diversi esponenti dell’industria del risparmio gestito si sono espressi con favore. A partire da Equita, che nel suo Pir monitor ha definito l’emendamento “Molto positivo per il rilancio dei prodotti Pir e consentirebbe una ripartenza della raccolta.Il limite del 5% (ex FTSE MIB e FTSE MID) avrebbe il vantaggio di generare maggior flussi e migliorare la liquidità soprattutto con riferimento alle piccole imprese”. Mentre il consulente finanziario Sestino Giacomoni, deputato di forzista e vice presidente della Commissione Finanze, ha dichiarato al Sole 24 Ore che “in 10 anni potranno essere raccolti dai Pir ed indirizzati nell’economia reale ed in particolare al finanziamento delle Pmi oltre 150 miliardi di euro di risparmi privati”.

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