Wunderlin (Schroders): “Spazio ai private asset nel portafoglio”

Fondi di private equity e di private debt, immobili o infrastrutture: è un universo, quello dei private asset, che negli anni a venire troverà sempre più spazio nel portafoglio degli investitori internazionali. Ne è convinto Georg Wunderlin (nella foto), global head of private assets di Schroders, che non ha mancato di osservare con attenzione i dati contenuti in una ricerca diffusa dalla società nei mesi scorsi. Stiamo parlando dell’indagine “Schroders Institutional Investor Study”, secondo cui la maggior parte degli investitori istituzionali prevede di aumentare la propria esposizione ai private asset nei prossimi tre anni. “Lo scenario odierno caratterizzato dal costo del denaro basso sembra destinato a durare ancora a lungo”, dice Wunderlin, “e sta spingendo ovviamente gli investitori alla ricerca di rendimento verso asset class alternative a quelle tradizionali”. Poiché il settore del reddito fisso è molto avaro di cedole, per creare valore nei portafogli c’è dunque bisogno di spostarsi su forme d’investimento sì più illiquide, ma che offrano per questo un premio e dunque rendimenti più elevati, come appunto i private asset, che hanno buone chance di regalare soddisfazioni agli investitori nel medio e lungo periodo. Una casa di gestione come Schroders si è mossa da moltissimo tempo in questa direzione, avendo creato la sua prima strategia sui private asset addirittura nel lontano 1971. Oggi, la piattaforma dell’asset manager britannico dedicata a queste soluzioni d’investimento ha una “consistenza” di 36 miliardi di dollari di masse in gestione, con un organico di 355 persone e 150 professionisti d’investimento dedicati, attivi in ben 15 paesi diversi. Al momento, gli investimenti immobiliari (real estate) hanno il maggior peso con oltre 19 miliardi di dollari, seguiti dal private equity con $9 miliardi. Si stanno però ritagliando uno spazio significativo anche il private debt ($3,5 miliardi di masse) e le infrastrutture ($1,9 miliardi). Fino a pochi anni fa, i private asset sono rimasti confinati tra i portafogli degli investitori istituzionali. Ora, sottolinea Wunderlin, stiamo assistendo a una progressiva “democratizzazione” di queste forme d’investimento che, per i motivi sopra esposti legati al basso costo del denaro, incontrano sempre maggiore attenzione anche tra i risparmiatori privati e stanno diventando accessibili anche a chi dispone di portafogli più ridotti di quelli degli istituzionali. Proprio per favorire questo processo di democratizzazione, Schroders ha di recente lanciato il fondo Schroder GAIA II Specialist Private Equity, uno strumento che offre esposizione al private equity, ma che può essere definito come semi-liquido, in quanto prevede finestre trimestrali di disinvestimento. “Una modalità interessante per i risparmiatori individuali sarebbe sfruttare il canale degli investimenti pensionistici, per natura di lungo periodo. Su questo fronte servirebbero maggiori incentivi da parte del regolatore, ma noi come industria seguiamo questi sviluppi molto attentamente”, aggiunge l’esperto. “Ovviamente”, avverte Wunderlin, “chi si avvicina ai private asset deve seguire il giusto approccio, dedicandovi una quota minoritaria della propria ricchezza complessiva e ponendosi al contempo un obiettivo di rendimento nel medio e lungo termine”. Fatte queste premesse, dare spazio ai private asset sembra oggi una tappa obbligata o molto consigliabile a chi va a caccia di rendimenti nell’era dei tassi sotto zero.

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