Consulenza e gestori, quanto pesa il carrozzone dei costi

“Sosteniamo la rimozione dei conflitti d’interesse nella distribuzione” e “gli investitori devono essere consapevoli che non è vera l’equazione in base alla quale pagando di più si ottiene di più”. Entrambe le frasi sono di Simone Rosti, responsabile di Vanguard per l’Italia (nella foto). La prima, riguarda il recente parere negativo di Esma sulla possibile estensione del modello RDR britannico all’Unione europea, ovvero il complesso di norme che vieta ai consulenti finanziari d’oltremanica il percepimento delle commissioni di incentivo legate a prodotti d’investimento. La seconda, invece, è un passaggio di un ragionamento condotto dal manager di Vanguard sui dati del rapporto annuale di Esma dedicato ai costi e alle performance di fondi di investimento europei.

“Non crediamo che il parere dell’Esma fermerà comunque la marcia verso modelli di consulenza a parcella e di crescita delle gestioni patrimoniali in Italia, aspetto che riteniamo positivo”, scrive Rosti nel commento inviato con una nota agli organi di stampa, ”sosteniamo apertamente la rimozione dei conflitti di interesse nella distribuzione e crediamo che il divieto per gli intermediari di ricevere e trattenere retrocessioni porti a una maggiore trasparenza sui costi, a un ampliamento dell’offerta di prodotti e allo sviluppo della concorrenza”.

Il manager di Vanguard, società che punta molto sulla vendita degli ETF, ha poi proseguito le sue riflessioni traendo spunto dai numeri divulgati da Esma: “Il rapporto ha evidenziato come nel 2018 le performance dei fondi non abbia superato lo 0,2%, contro l’8,3% del 2017, sottolineando invece come i costi, rimasti sostanzialmente stabili e diminuiti marginalmente (l’1,5% annuo del 2018 contro l’1,6 del 2017), stiano impattando fortemente sui rendimenti finali, con particolare riferimento ai fondi a gestione attiva. Sebbene questi fondi abbiano infatti registrato una sovraperformance lorda rispetto ai fondi passivi e agli ETF, la differenza non è stata sufficientemente elevata da compensare i maggiori costi da loro addebitati. Nel dettaglio, i costi sono stati superiori all’1,5% nel caso dei fondi azionari attivi, mentre si sono attestati in media intorno allo 0,6% per i fondi passivi e gli ETF”.

Questi numeri, secondo l’asset manager, dovrebbero bastare a cambiare i parametri dell’eterna sfida tra i prodotti a gestione attiva e quelli a gestione passiva. “Il confronto”, conclude Rosti, “è stato sempre incentrato sul confronto tra le performance dei fondi attivi e di quelli passivi. Vanguard sostiene da sempre che il vero confronto tra i due tipi di gestione debba essere spostato su un altro piano: quello dei costi. Il costo è infatti l’unico elemento che gli investitori possono controllare, a differenza delle condizioni dei mercati finanziari”.

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