Carmignac, il punto della settimana sui mercati (4 – 8 maggio 2020)

Vi proponiamo di seguito il commento settimanale a cura di Carmignac. Buona lettura.

Questa crisi aumenterà il divario tra le performance dell'”economia digitale” e dell’economia tradizionale.

Dalla settimana scorsa sono successe alcune cose molto interessanti per la nostra strategia di investimento:

-I Paesi stanno progressivamente allentando i rispettivi lockdown, come previsto. Conosceremo le conseguenze di queste misure solo più avanti ma è probabile che inizialmente soddisfino una certa domanda repressa, dandoci la sensazione che il peggio della crisi economica sia passato. E naturalmente, rispetto a marzo, e ancor più ad aprile, i prossimi due trimestri dovrebbero mostrare un netto rimbalzo. Il problema è che non avremo una netta ripresa a V, ma solo un temporaneo rimbalzo da un punto molto basso della curva. Il vero punto interrogativo riguarda la crescita e i guadagni dal quarto trimestre in poi. E ci sembra che non ci sia ancora abbastanza visibilità sulla crescita del 2021. Da qui la nostra posizione prudente nel complesso, e la nostra preferenza per gli stock di crescita rispetto ai ciclici. Non abbiamo cambiato il nostro punto di vista.

– Secondo sviluppo interessante dalla scorsa settimana: l’amministrazione Trump ha chiaramente deciso di alzare i toni contro la Cina. Non pensiamo che prima di novembre verranno implementate misure economiche aggressive significative, come gli aumenti delle tariffe, in quanto renderebbero l’economia statunitense ancora più debole. Ma già adesso è molto improbale che la Cina onori i suoi impegni di acquisto di beni industriali e di materie prime dagli Stati Uniti, perché banalmente non ne ha bisogno. Quindi la tensione potrebbe aumentare per questa ragione. E ora si sta chiaramente delineando una gara tra Joe Biden e Donald Trump per vincere il trofeo del “più duro con la Cina” agli occhi dell’opinione pubblica americana. Questo non favorirà di certo una diminuzione del grado di incertezza politica. Per queste ragioni, confermiamo la nostra posizione prudente sui mercati, soprattutto considerando l’impatto positivo che la tregua commerciale ha avuto sui listini meno di quattro mesi fa.

-Per quanto riguarda l’Europa, questa settimana abbiamo avuto l’importante sentenza della Corte Costituzionale tedesca che critica il programma di acquisto di titoli della BCE. Questo in realtà non influisce sulla capacità di azione della BCE per il momento, tanto più che la sentenza non riguarda l’apposito programma PEPP creato per combattere le conseguenze della pandemia. Inoltre, si può certamente affermare che la BCE non ha alcun obbligo di rispondere a un tribunale tedesco. Il problema, come discusso in precedenza, è più ampio e riguarda la mancanza di convergenza su una politica fiscale comune all’interno dell’Unione Europea. Ciò è stato recentemente evidenziato dal fallimento dei capi di governo nel trovare un accordo su un apposito Recovery Fund che favorisse la ripresa economica. La conseguenza è che, almeno per il momento, la BCE deve ancora una volta affrontare una crisi praticamente da sola. Pertanto, in particolare per i Paesi più deboli della zona euro, qualsiasi cosa metta in discussione la promessa e l’utilità del “whatever it takes” della BCE non è ovviamente una buona notizia per i paesi periferici. Ricordiamo che, nelle scorse settimane, avevamo ridotto a livelli molto bassi la nostra esposizione in tutti i nostri fondi Patrimoine e a reddito fisso al debito sovrano periferico.

-Infine, citiamo, tra le notizie importanti della settimana scorsa, le relazioni sugli utili del primo trimestre. Gli analisti questa volta hanno rapidamente modificato le loro aspettative e quindi nel complesso, dopo che due terzi delle società hanno comunicato i risultati (un po’ meno in Europa), gli utili trimestrali non hanno rivelato grandi sorprese. In particolare, negli Stati Uniti sono scesi in media del 16% rispetto al primo trimestre dell’anno scorso, mentre in Europa i risultati pubblicati nell’ultima settimana mostrano un netto peggioramento, con un calo degli utili nel vecchio continente pari a circa il 30%, fattore che probabilmente ha contribuito a rendere i mercati più deboli da giovedì scorso. Questa tendenza è certamente riconducibile alla prevalenza delle società finanziarie e delle imprese industriali cicliche negli indici europei rispetto agli Stati Uniti e ribadisce l’importanza della selezione delle azioni e dei settori quando si investe nell’azionario europeo. Naturalmente i numeri in sé non sono in realtà significativi data l’eccezionalità del primo trimestre. Ma negli Stati Uniti le dichiarazioni di aziende come Facebook e Google sono state interessanti, perché hanno confermato che i loro ricavi pubblicitari, dopo essere ovviamente crollati a febbraio e a marzo, si stavano già stabilizzando ad aprile. Questo giustifica l’idea, per chi non ne fosse ancora convinto, che questa crisi possa effettivamente aumentare la polarizzazione delle performance tra economia digitale ed economia tradizionale. E nell’economia digitale il principio ” winners take all” delle società che si avvalgono di piattaforme è suscettibile di favorire le imprese che per prime sono in grado di introdurre cambiamenti di portata dirompente, destinati a guadagnare ulteriori quote di mercato a discapito dei soggetti più deboli.

In conclusione non vediamo nessuna particolare flessione nei fondamentali tale da giustificare cambiamenti rispetto alla scorsa settimana, quindi il posizionamento dei nostri fondi principali è sostanzialmente invariato. Siamo pronti ad affrontare un mondo con meno crescita, meno margini e meno inflazione, da un lato, ma con più debito, più interventi statali, un po’ meno globalizzazione, più tecnologia, più sanità, più ESG e più instabilità.

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