Consulenti, ecco i fondi delle reti che possono aiutare l’Italia

Da una parte c’è il grande risparmio privato italiano, dall’altra un tessuto industriale che annaspa alla ricerca di liquidità per sopravvivere. Oltre ai provvedimenti del governo, a fare da ponte tra questi due mondi ci sono anche i gestori di fondi: da nuovi Pir agli Eltif, sono diverse le proposte che fioccano tra banche e società indipendenti. Se ne è parlato in un articolo scritto da Adriano Bonafede per l’inserto del lunedì di Repubblica, Affari&Finanza.

Banca Generali, per esempio, punta su cartolarizzazioni di credito alle Pmi da collocare come opportunità ai risparmiatori private con un rischio al 90% coperto dallo Stato e al 10% dalla casa madre Generali. Banca Mediolanum, invece, ha spinto e continua a spingere molto sui nuovi Pir, strumenti che vanno a investire nel capitale del Pmi e hanno il vantaggio di avere un’agevolazione fiscale. Azimut ha ormai da mesi intrapreso una politica di investimenti in economia reale, attraverso fondi chiusi di credito e di venture capital che vende per piccole quote fino a 5 mila euro. La ricetta di Fideuram, invece, guarda alla clientela upper affluent e private con una soglia di accesso di 100 mila euro, attraverso la sua gamma di prodotti Fideuram Alternative Investments.

Assogestioni, invece, da fine marzo spinge per mettere in campo dei nuovi veicoli d’investimento, a metà strada tra Pir ed Eltif. Come riportava Bluerating (leggi qui per i dettagli), la proposta prevede di mutuare i limiti previsti dalla normativa sugli Eltif, che contemplano una soglia di 150mila euro all’anno per un importo complessivo non superiore a 1.500.000 di euro. L’associazione ritiene opportuno – considerate le modalità di partecipazione a tali veicoli di investimento, che richiedono un consistente investimento iniziale e che spesso non consentono versamenti successivi – prevedere un limite annuo più elevato. Assogestioni propone inoltre di modificare la disciplina dei Pir introducendo specifici vincoli qualora l’investimento sia diretto, per almeno il 70% del valore complessivo del piano, a beneficio di imprese di piccole dimensioni. Si ritiene inoltre essenziale modificare sia l’oggetto dell’investimento agevolato – includendovi fonti di finanziamento alternative a quelle del canale bancario – sia i limiti alla concentrazione agli investimenti.

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