Il Pir è morto, evviva il Pir

Dopo un avvio d’anno complicato a causa del coronavirus, ora per i Pir sembra intravedersi uno spiraglio di primavera. Lo si apprende dal Sole 24 Ore che, attraverso il suo Osservatorio Plus24, per il mese di aprile ha rilevato afflussi per 150 milioni di euro sui Piani individuali di risparmio. Una buona notizia per l’Italia delle pmi, che nei mesi della pandemia ha dovuto affrontare una dura prova e ora ha bisogno di risorse per potersi rimettere in carreggiata.

Questo strumento, che nel 2019 aveva conosciuto una robusta frenata a causa di precedenti modifiche della sua disciplina, all’inizio del 2020 era ritornato a una forma più simile a quella originale in seguito all’intervento del governo. È di alcune settimane fa la previsione aggiornata di Intermonte sulle stime degli afflussi sui Pir, che a partire dal 2021 dovrebbero riprendere vigore per una stima compresa tra 1,2 e 2 miliardi di euro. E una definitiva riscossa nel 2020 con 3 miliardi di raccolta netta.

Un ulteriore risvolto interessante, peraltro, è arrivato nell’ambito dell’ultimo Decreto Rilancio. Nel testo, infatti, è stata accolta la proposta di Assogestioni per l’istituzione di cosiddetti Pir Alternativi, grazie ai quali sarà possibile investire 150mila euro ogni anno fino al al raggiungimento del tetto di 1,5 milioni. Con un paio di vincoli: i Pir alternativi devono investire almeno il 70% del valore complessivo in strumenti finanziari emessi da imprese con stabile organizzazione in Italia diverse da quelle inserite negli indici FTSE MIB e FTSE Italia Mid Cap, nonché in crediti delle medesime imprese e in prestiti a esse erogati. Inoltre, il limite alla concentrazione degli investimenti in strumenti finanziari emessi dalla stessa impresa o da altra impresa appartenente al medesimo gruppo è previsto al 20% rispetto al 10% dei Pir ordinari. Anche da questo fronte, quindi, dovrebbe arrivare benzina fresca per le pmi italiane.

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