I Piani individuali di risparmio scaldano i motori per una ripartenza veloce. Dopo aver ritrovato gli afflussi ad aprile, infatti, la famiglia dei Pir si è allargata con i nuovi Pir alternativi, introdotti dal decreto rilancio del governo e proposti da Assogestioni. Un’idea di quello che sta succedendo in questo momento la dà il Pir Monitor di Equita a cura di Luigi de Bellis, co-head dell’Ufficio Studi, secondo il quale i Pir ordinari raccoglieranno 1 miliardo nel 2020 (con AUM a 17.3 miliardi, considerando un effetto mercato negativo del -13%) e 2,3 nel 2021 (19.6 di AUM). Ancora migliore è la previsione sui nuovi Pir alternativi: raccolta annua di 2-3 miliardi all’anno, fino a raggiungere i 10-15 miliardi di Aum in 5 anni.
Di seguito, riportiamo i punti salienti dell’analisi di Equita.
Il decreto Rilancio ha istituito i nuovi PIR alternativi strumenti complementari agli attuali PIR tradizionali, ma con soglie di investimento più elevate (investimento max di 150 mila euro annui fino a 1,5 milioni) e differenti vincoli di investimento (almeno il 70% del valore complessivo del piano investito in azioni, obbligazioni, sia quotate che non, prestiti e crediti emessi da PMI italiane), e con gli stessi incentivi fiscali dei PIR aperti (esenzione fiscale per le somme investite, ma l`investimento deve essere detenuto per almeno 5 anni).
A nostro avviso i PIR alternativi sono degli strumenti molto attraenti e vanno nella direzione di sostenere l`economia reale e far affluire capitali a categorie di aziende il cui accesso al mercato è più difficile, in una fase di forte pressione creata da Covid-19, che impatta maggiormente le PMI rispetto alle grandi aziende. Infine, trattandosi di prodotti con un orizzonte temporale di lungo periodo, sono adatti a superare la fase attuale di mercato caratterizzata da una volatilità molto alta.
Un ulteriore elemento interessante è che il contenitore del PIR alternativo può assumere qualunque forma, quindi con un`accezione ampia, ma – considerato l`oggetto di investimento tipicamente illiquido – si prestano a essere realizzati soprattutto tramite l`utilizzo di strumenti per i quali non sussistono i problemi di liquidità tipici dei fondi aperti: ELTIF, fondi chiusi di private equity, fondi di private debt.
Le opportunità di crescita nel private capital in Italia sono importanti: ci aspettiamo un aumento del peso degli investimenti alternativi all’interno dei portafogli della clientela affluent-private. Ad oggi il mercato degli asset alternative in Italia è pari solo a circa 27 miliardi di AUM (dati Preqin Pro – giugno 2018) o 1.2% del totale patrimonio gestito (2,140 miliardi). Il rapporto tra private market e family wealth in Italia è dello 0.26% vs. 4.4% in UK e 1.2% in Francia. La media dei capitali raccolti negli ultimi 5 anni nel PE/VC e PD in Italia è pari a circa 2.5 miliardi all`anno.
In una ricerca pubblicata lo scorso anno, avevamo stimato che solo gli ELTIF potevano raggiungere 7-8 miliardi di AUM in 5-7 anni, coerentemente con quanto raggiunto dai VC Trust in UK (7.7bn a fine 2018) sulle sole persone fisiche.
Qualora fossero introdotti ulteriori incentivi (ad esempio una % di detrazione fiscale sull`ammontare investito come nel caso dei VCT in UK), tali stime potrebbero essere superate. Ulteriore upside è legato al risparmio previdenziale, dove ad oggi la % di investito in asset alternativi è limitata
La raccolta dei fondi PIR tradizionale è tornata positiva ad aprile.
Secondo IlSole24ore, la raccolta PIR ad aprile è tornata positiva per € 150mn, interrompendo la serie di dati negativi che ne ha caratterizzato l`andamento da molti mesi a questa parte (-234mn nel 1Q20 e -380mn nel 4Q19). La ripresa dei mercati ad aprile, la ricerca di un`alternativa di investimento a lungo termine e il via libera ai PIR alternativi (focalizzati sulle PMI) con l`approvazione del decreto Rilancio hanno probabilmente giocato un ruolo positivo, riportando l`attenzione su questo strumento (con un impatto positivo sulle mid-small cap italiane).
Secondo i dati ufficiali di Assogestioni nel 1Q20 i fondi PIR hanno registrato una raccolta netta negativa pari a -234mn, rispetto ai -380mn registrata nel 4Q19. Gli AUM totali promossi dai 71 fondi PIR (69 a fine 4Q19) sono pari a 15.1bn, in calo rispetto ai 18.7bn di fine 4Q a causa dell`andamento negativo dei mercati.
In termini di AUM il leader dei PIR rimane Banca Mediolanum con una market share del 27%, davanti al gruppo Intesa SanPaolo (24%), Amundi (20%), Arca (13%) e Anima (11).
In termini di singole categorie, si è ridotto l`incidenza sul totale AUM dei prodotti azionari al 24% (dal 28% del 4Q19), mentre in aumento i bilanciati al 48% (dal 44%), con i fondi flessibili che restano al 27%.
La debolezza della raccolta sui PIR nel 1Q20 è stata legata alla crisi Covid19 con calo dei mercati (FTSE Italia All-Share index -29% nel 1Q20) e aumento della volatilità, che ha portato i risparmiatori a disinvestire dai mercati. Inoltre l`attività commerciale e di marketing dei nuovi PIR era ripartita da metà febbraio, poi il contesto sui mercati è diventato più complicato. Ci aspettiamo che nel 2H20 le reti torneranno ad intensificare nuovamente gli sforzi commerciali sul prodotto PIR, dato che lo strumento resta molto valido.