Performance fee, Fineco AM risponde a Generali

Sul dibattito relativo alle commissioni di performance, Fineco Asset Management guidata da Fabio Melisso (nella foto), interviene per delineare ulteriormente alcuni aspetti centrali del tema e per chiarire la posizione della società verso questa categoria di costi, a seguito dell’intervento di Santo Borsellino, head of Corporate Governance Implementation & Institutional Relations di Generali Investments e vice presidente Assogestioni.

 

LEGGI QUI L’INTERVENTO DI SANTO BORSELLINO SU BLUERATING.COM

LEGGI QUI LA NOTIZIA SULLA INIZIATIVA DI FINECO AM SULLE PERFORMANCE FEE

 

Ecco il contributo inviatoci da Fineco AM

 

Abbiamo seguito con interesse il dibattito nato intorno al tema delle commissioni di performance, e riteniamo doveroso sottolineare alcuni aspetti che speriamo possano contribuire ad arricchire la discussione.

Fineco Asset Management non è contraria a priori ai principi nobili per cui sono state introdotte: benchmark sfidanti, orizzonti temporali ampi, commissioni di gestione decrescenti e in gran parte sostituite da costi solo se il cliente guadagna. Sul mercato non tutti gli operatori rispettano questi principi, applicando strutture commissionali che garantiscono maggiori entrate ma rischiano al contempo di gravare interamente sui clienti finali. Insomma, riteniamo che le commissioni di performance siano fra i costi meno trasparenti e più penalizzanti per clienti e consulenti finanziari.

Ricordiamo per punti i principi chiave individuati dai regulator e che spesso vengono disattesi da diversi operatori.

BENCHMARK COERENTE

Se il benchmark deve essere adeguato, è evidente che non va a vantaggio del cliente utilizzare un tasso interbancario come riferimento per un fondo azionario, ad esempio. La scelta deve essere perfettamente attinente alla strategia in gestione.

ORIZZONTE TEMPORALE

Quando l’Esma indica in cinque anni l’orizzonte temporale corretto da prendere in considerazione per le performance fee, risulta difficile giustificare la scelta di chi utilizza periodi inferiori persino all’anno solare. E ancora, nel momento in cui le buone pratiche suggeriscono di diminuire il peso delle commissioni di gestione in presenza di quelle di performance, sul mercato italiano assistiamo invece alla semplice aggiunta di queste ultime, senza alcuna rimodulazione.

HIGHWATERMARK e COMMISSIONI DI GESTIONE DECRESCENTI

Questo meccanismo prevede che non vengano prelevate dai fondi nuove commissioni di performance finchè i risparmiatori non abbiano recuperato le perdite pregresse. Dal nostro punto di vista, l’utilizzo delle commissioni di performance non può prescindere da una riduzione dei costi ricorrenti caricati al cliente, altrimenti rimangono semplici commissioni aggiuntive.

Abbiamo scelto di prendere una posizione netta, cercando una condivisione con tutto il settore sui principi della trasparenza e del giusto costo nei confronti di clienti e consulenti. Dal nostro punto di vista i gestori sono, e devono essere, fortemente motivati a gestire al meglio gli asset in gestione: un impegno che i clienti hanno il diritto di vedere rispettato sulla base delle commissioni di gestione che già pagano.

Sono numerosi gli esempi che dimostrano l’impegno di tanti operatori ad allineare continuamente i propri interessi a quelli dei clienti, senza la necessità dell’incentivo rappresentato dalle performance fee. Sono i clienti soddisfatti a premiare la qualità di quel gestore, decidendo di continuare a preferirlo perché ritengono di pagare un prezzo giusto per un servizio di qualità.

Perché un cliente, nel momento in cui acquista un prodotto accettandone i costi di gestione, dovrebbe sentirsi maggiormente soddisfatto nel pagare un ulteriore costo che incentivi il gestore a fare il suo dovere?

E perché un consulente, nel momento in cui identifica e suggerisce un prodotto performante, dovrebbe essere penalizzato vedendo il patrimonio in consulenza eroso da commissioni di performance a lui non imputabili?

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