Consulenti, il futuro del Giappone nel dopo Abe

L’Abenomics sarà in grado di sopravvivere dopo l’uscita di scena del suo ideatore?

Alcuni investitori hanno qualche dubbio. Quando lo scorso 28 agosto il Primo Ministro del Giappone Shinzo Abe ha annunciato le sue dimissioni, le azioni sono crollate e lo yen è risalito sulla scia dei timori che il programma di rivitalizzazione dell’economia da lui creato – un mix di politica monetaria ultra accomodante, stimoli fiscali e riforme strutturali – possa andare in pensione con lui. Ma questi timori appaiono decisamente eccessivi. Vediamo insieme il commento di Sam Perry, senior investment manager di Pictet Asset Management, in merito ai motivi per cui l’uscita di scena del Primo Ministro Shinzo Abe non fermerà il processo di rinnovamento dell’economia e delle aziende giapponesi.

“Le politiche di Abe dovrebbero proseguire a prescindere da chi sarà il prossimo primo ministro, mantenendo quelle condizioni che avevano contribuito a indebolire lo yen, rafforzare le esportazioni giapponesi e far salire le azioni nazionali del 224% negli ultimi otto anni.

Ovviamente, i mercati finanziari giapponesi sono destinati a essere volatili nelle prossime settimane, con l’intensificarsi della lotta per la successione ad Abe. Tuttavia, data la ferma maggioranza in Parlamento del partito liberaldemocratico, è difficile che il nuovo Primo Ministro attui drastici cambiamenti. Abbondano, di fatto, i candidati che propongono continuità.

Tra i principali pretendenti figurano il segretario capo di gabinetto Yoshihide Suga e il Ministro della Difesa Taro Kono, entrambi forti sostenitori delle politiche di Abe.

È ancora meno probabile che la politica monetaria subisca un cambio di direzione.

Rinominato per un secondo mandato quinquennale che finirà nel 2023, il governatore della Bank of Japan Haruhiko Kuroda manterrà la politica ultra-accomodante attuata poco dopo la sua nomina da parte di Abe.

Nel tentativo di sconfiggere la deflazione, il capo della BOJ ha portato i tassi d’interesse a breve termine verso un minimo storico del -0,1% e mantenuto il rendimento delle obbligazioni a 10 anni attorno allo 0%. Ciò non significa che sarà del tutto inflessibile: Kuroda è fin troppo consapevole degli effetti collaterali negativi di alcune delle sue politiche, soprattutto per quanto riguarda le banche giapponesi, che hanno faticato ad accrescere i profitti quando la curva dei rendimenti si è appiattita. Le briglie della politica monetaria rimarranno comunque allentate sotto la sua guida e probabilmente anche oltre.

Allo stesso modo, difficilmente la prossima amministrazione stringerà i cordoni della borsa fiscale. Quando Abe ha lanciato il pacchetto di stimoli da quasi 1000 miliardi di dollari per contrastare la crisi provocata dal coronavirus, alcuni membri del partito di governo hanno invocato una spesa ancora maggiore.

Inoltre, non sarà fatta marcia indietro nel percorso intrapreso da Abe per migliorare gli standard della governance societaria delle aziende giapponesi.

Il cambio di atteggiamento e comportamento del Giappone nei confronti dei fattori ESG (ambientali, sostenibili e di governance) è stato davvero stupefacente.

Le riforme di Abe sulla gestione e sulla governance forse sono state imposte dall’alto, ma sono state accolte con entusiasmo dagli azionisti e dai manager aziendali.

E, per quanto i miglioramenti a livello di governance siano ancora parziali, i cambiamenti avvengono a una velocità impressionante.

Ad esempio, la percentuale di società quotate nella prima sezione della borsa di Tokyo che hanno due o più amministratori esterni nei loro consigli d’amministrazione è cresciuta al 91% nel 2018 rispetto al 18% nel 2013. Gli investitori domestici comprendono l’importanza di questo cambiamento. Al contrario, gli investitori esteri, la cui esposizione alle azioni giapponesi è scesa sotto i livelli del 2012, ignorano questo aspetto dell’Abenomics a loro rischio e pericolo. 

In seguito all’introduzione dei miglioramenti alla governance aziendale, il RoE delle società giapponesi è raddoppiato al 9,5% nel 2018 rispetto al solo 4% nel 2012.

Sebbene il RoE negli Stati Uniti sia superiore, quest’ultimo è alimentato dal debito. Japan Inc, per contro, continua ad avere liquidità in abbondanza.

E in una brusca pausa dalla malattia post-crollo prima di Abe, questa liquidità non è rimasta ferma. Incoraggiate dalle riforme dell’Abenomics, le società stanno cercando di utilizzare i loro fondi per la crescita e per migliorare i rendimenti per gli azionisti. Gli investitori di lungo termine, quindi, dovrebbero guardare oltre il rumore politico e concentrarsi sui cambiamenti strutturali che stanno avvenendo in Giappone.

L’uscita di scena di Abe non rallenterà questo slancio.”

 

Per leggere il report completo visitate il sito di Pictet AM (clicca qui).

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