Cosa accadrebbe ad Anima e alle attività in Italia di Amundi se Banco Bpm e Credit Agricole unissero le forze sul mercato del nostro Paese? È da questo interrogativo che parte l’analisi dell’ufficio studi di Mediobanca, a firma dell’analista Gian Luca Ferrari, specializzato nel settore del risparmio gestito. Amundi, terzo player dell’asset management sul mercato italiano, è infatti la società di gestione controllata da Credit Agricole. Anima, che è il quarto gruppo del risparmio gestito nazionale, ha invece tra i propri azionisti il Banco Bpm, con una quota di maggioranza relativa vicina al 20%. È logico pensare che, in caso si aggregazione tra i due gruppi bancari, vi siano molti punti interrogativi sul destino anche delle due società da loro controllate.
L’analista di Mediobanca ipotizza quattro scenari diversi:
1) Le due società di gestione potrebbero rimanere distinte anche se le loro capogruppo si unissero. Si tratterebbe però di una soluzione non molto efficiente dal punto di vista dei costi operativi.
2) Banco Bpm potrebbe sciogliere il suo accordo di distribuzione con Anima; è una soluzione di per sé possibile ma improbabile visto che tale accordo ha scadenze lunghe (2037) e può essere sciolto soltantoo per volontà reciproca. Inoltre un eventuale rottura anticipata comporterebbe indennizzi a favore di Anima troppo alti.
3) Possibile anche una soluzione di compromesso con la vendita ad Anima degli asset oggi gestiti da Amundi attraverso la rete della controllata Cariparma. Tale ipotesi non è da escludere a priori poiché, come fa notare l’analista di Mediobanca, l’amministratore delegato di Anima ha detto di guardare con favore a operazioni di M&A, forte di una potenza di fuoco a disposizione di 300-400 milioni di euro (sufficienti per assorbire i 17 miliardi di asset di Amundi nella rete di Cariparma).
4) L’ultima opzione è che Amundi pensi di inglobare Anima, ottenendo così in un colpo solo una posizione di forza sul mercato italiano. In caso di fusione tra Banco Bpm e Credit Agricole a sud delle Alpi, infatti, la società di gestione francese potrà vendere i propri prodotti nelle reti del secondo e terzo gruppo bancario nazionale, avendo già un accordo distributivo anche con UniCredt, ereditato da Pioneer, acquisita nel 2016. Anche l’ipotesi di un’acquisizione francese di Anima per Mediobanca non è da escludere perché c’è una notevole differenza di valutazione tra le de società in borsa. Il che favorisce un’acquisizione effettuata con scambio di azioni. Senza dimenticare poi che il divieto per i gruppi bancari di distribuire dividendi (imposto dalla Bce) sta creando un eccesso di liquidità che può favorire anche un’acquisizione cash (almeno parzialmente). Tale operazione pone però problemi politici poiché Anima gestisce 92 miliardi di euro di Btp per conto di Poste Italiane. Se si aggiungono a queste masse anche i Btp ereditati dalle gestioni di Amundi dopo l’acquisizione di Pioneer, avremmo dunque una notevole quantità di titoli di stato in mano a un soggetto straniero. Cosa che (come noto) non è mai gradita alle autorità politiche nazionali.