Asset allocation: c’è sempre spazio per i bond

Di seguito una analisi sull’asset allocation a cura di Peter De Coensel, CIO Fixed Income di DPAM.

Il boom degli asset dei mercati finanziari, dopo il brusco crollo di marzo 2020, è stato trainato principalmente dagli effetti combinati e rafforzanti delle misure straordinarie di stimolo monetario e fiscale globale. Quindi cosa notiamo a livello globale?

I modelli di business redditizi costruiti su piattaforme digitali hanno visto un’accelerazione delle loro valutazioni, dato che il cambiamento del comportamento dei consumatori indotto dalla pandemia è destinato a durare. Tali modelli di business di crescita e di qualità hanno un DNA a prova di futuro. Al contrario, quelli ad alta intensità di persone (capitale umano) e di risorse, continueranno ad essere fragili e vulnerabili. Un contesto di tassi d’interesse in aumento non modificherebbe tale condizione.

Nel corso del 2020, i rendimenti attesi sui mercati dei titoli di Stato dell’UE e degli USA a fine novembre sono crollati fino a raggiungere nuovi minimi. Infatti, nei meno frammentati mercati dei tassi dell’Eurozona siamo precipitati verso un rendimento atteso dello 0,32% su un orizzonte di investimento compreso tra gli 8 e i 9 anni. Gli investitori che mantengono intatta la loro sensibilità ai tassi d’interesse traggono profitto dalla ripidità della curva e dal corrispondente ritorno al ribasso per ottenere un rendimento atteso positivo. Sorprendente forse, dato che il rendimento dell’indice governativo dell’Eurozona mostra un livello di -0,22%. Oggi i mercati dei tassi dell’UE si allineano pienamente con i rendimenti attesi dei titoli di stato giapponesi che si attestano anch’essi allo 0,32%. Dall’altra parte dell’Atlantico, i Treasury offrono un rendimento atteso dell’1,21% su un orizzonte di investimento medio di 7,5 anni.

Spostandoci in alto nella scala del rischio, notiamo che le obbligazioni societarie europee ad alto merito creditizio (IG) offrono un rendimento atteso dello 0,55% su un orizzonte di investimento più breve, poco più di 5 anni (5,25). L’incessante programma di acquisto di obbligazioni societarie della BCE sta spingendo sempre più il settore verso rendimenti dei titoli di Stato dell’Eurozona poco interessanti. Le obbligazioni societarie statunitensi IG offrono un discreto 3,18%, con un orizzonte di investimento di oltre 7 anni. L’alto rendimento europeo (HY) deve accontentarsi dell’1,51% su un orizzonte temporale di 3 anni e mezzo, mentre l’HY statunitense si attesta al 3,42%. Entrambi i settori ad alto rendimento soffrono di punti di default storici e di un impatto migratorio negativo. Senza questi elementi, l’indice europeo HY vanta un interessante rendimento del 3,00% e quello americano intorno al 4,00%. Chiaramente, una gestione attiva consente una corretta aspettativa di rendimento condizionata alla capacità del gestore di sfuggire ai default ed evitare una fallimentare selezione di titoli.

I titoli di Stato in valuta locale dei mercati emergenti (EM) offrono invece un bel rendimento atteso del 4,24% grazie a un rischio di insolvenza piuttosto basso.

Questo breve excursus rivela che i rendimenti attesi dei titoli in tutti i mercati dell’UE e degli USA si sono adeguati al punto che gli investitori che si astengono dall’ampliare il proprio perimetro d’investimento finiscono per pentirsene. Tuttavia, i mercati obbligazionari globali offrono soluzioni. Da un orientamento obbligazionario atlantico-centrico, gli investitori dovrebbero ruotare di più verso il debito emergente (governativo e credito) in generale, e verso l’Asia in particolare.

Considerata la recente attenzione per le elezioni negli Stati Uniti, poco è stato scritto sulla firma, il 19 novembre, della Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP) in 15 stati dell’Asia. I 10 Paesi dell’ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico) e 5 Paesi della regione Asia-Pacifico (Giappone, Corea del Sud, Cina, Australia e Nuova Zelanda) hanno firmato un accordo di libero scambio che copre il 30% della popolazione globale e, sì, il 30% del PIL globale. Per la sua importanza questa partnership multilaterale è paragonabile alla creazione dell’Unione Europea e, in misura minore, all’accordo commerciale rinnovato dell’USMCA. Ma né gli Stati Uniti né l’India fanno parte di questo storico accordo.

Il RCEP cambierà le carte in tavola. I gestori, infatti, reindirizzeranno i fondi verso questo polo di crescita economica potenziata.

La “fake news” relativa all’assenza di opportunità negli investimenti obbligazionari si sta purtroppo diffondendo: infondata nel migliore dei casi, è fuorviante nel peggiore dato che a maggior parte dei commenti è rilasciata da “esperti” che non appartengono al mercato non obbligazionario. Noi siamo invece convinti che si possano realizzare rendimenti adeguati. Per far risaltare una componente obbligazionaria robusta e ricca di rendimenti, gli investitori sono però invitati a distaccarsi sempre di più dai classici schemi di allocazione e abbracciare i mercati obbligazionari di tutta l’Asia che sono più vivaci, ampi e in via di sviluppo. Entro questo decennio la Cina diventerà il secondo mercato obbligazionario dopo gli Stati Uniti. Gli indici del mercato obbligazionario risentono oggi degli effetti di questa situazione. Per questo motivo i gestori attivi dovrebbero abbracciare questo momento e agire di conseguenza.

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