Consulenti, cosa succede e dove investire nel 2021

Nel quadro della ripresa economica globale in atto, gli investitori potrebbero dover ampliare l’universo di investimento, al di là delle aree geografiche che di recente hanno evidenziato un buon andamento. Le azioni di Europa e Asia emergente potrebbero offrire maggiore valore rispetto alle azioni Usa, vincitrici del 2020, mentre il contesto di bassi rendimenti potrebbe creare opportunità interessanti nel debito asiatico e nelle obbligazioni societarie a livello globale.

Stati Uniti

Dopo lo storico rimbalzo dell’attività economica nel terzo trimestre 2020, le prospettive di crescita degli USA appaiono più moderate. Ci aspettiamo che questa tendenza prosegua per tutto il 2021, seppur con alti e bassi. Probabilmente la crescita sarà ancora superiore al potenziale – vale a dire che la domanda complessiva potrebbe essere superiore all’offerta per effetto di solidità del mercato occupazionale, consistente spesa pubblica e altri fattori – e, in ultima analisi, potrebbe alimentare l’inflazione. L’effettiva evoluzione dell’economia USA dipenderà da alcuni fattori:

– L’andamento della pandemia sarà una determinante fondamentale del comportamento dei consumatori e dell’attività economica. Se l’efficacia dei nuovi vaccini sarà confermata e se saranno effettuati su larga scala, ci aspettiamo una crescita solida.

– Finché l’attività non sarà tornata ai livelli pre-crisi, stimoli monetari e fiscali saranno essenziali per sostenere l’economia nel complesso e in particolare le piccole imprese. Prevediamo comunque un incremento dei casi d’insolvenza a livello di singoli individui e società incapaci di far fronte agli obblighi finanziari.

– Probabilmente l’elezione di Joe Biden come 46esimo Presidente degli Stati Uniti comporterà l’adozione di nuove politiche economiche e ulteriori stimoli fiscali. La grande attenzione dell’amministrazione Biden a spesa infrastrutturale e iniziative legate al cambiamento climatico e alle energie pulite potrebbe creare nuove opportunità per gli investitori, anche nel segmento dei private market.

Un graduale ritorno dell’attività economica statunitense ai livelli precedenti la crisi da coronavirus potrebbe creare un contesto generalmente favorevole agli asset rischiosi USA come le azioni e le obbligazioni non governative, anche se sarà comunque importante un’attenta selezione. In caso di ulteriore rallentamento economico, i mercati probabilmente sconteranno ulteriori stimoli fiscali e monetari, e anche questo potrebbe supportare gli asset rischiosi. In entrambi i casi potremmo assistere ad un cambiamento nei settori brillanti e ci aspettiamo una più ampia partecipazione al mercato, vale a dire che nuovi diversi settori potrebbero iniziare a sovraperformare.

Unione Europea

Nell’Unione Europea la risposta alla pandemia di Covid-19 è diversa in ognuno dei 27 Stati membri. Di conseguenza è molto difficile prevedere l’efficacia delle misure di contenimento, la reazione degli operatori di mercato e la velocità di un eventuale rimbalzo. Le misure di lockdown e distanziamento sociale avranno un impatto particolarmente significativo sul settore dei servizi e con ogni probabilità assisteremo ad un aumento dei default e ad un calo dell’occupazione all’interno dell’area. I mercati sconteranno un parziale aumento dei casi di insolvenza, ma sarà importante monitorare eventuali incrementi superiori alle attese. Ci aspettiamo inoltre che le misure di politica fiscale e monetaria contribuiscano alla salvaguardia del tessuto economico europeo e a evitare fallimenti o licenziamenti su larga scala. Sono i 19 Paesi dell’Eurozona a sopportare il maggior peso, in particolare Germania, Francia, Italia, Spagna, Paesi Bassi, Belgio e Austria, che generano il 90% circa del PIL aggregato dell’Area Euro. Nel complesso nell’Eurozona ci aspettiamo una crescita del 5,5% nel 2021, dopo la flessione stimata del 7,7% nel 2020. La ripresa sarà sostenuta da diversi fattori:

– I consumi privati beneficeranno probabilmente di misure governative mirate, della prevista normalizzazione dell’attuale eccessiva propensione al risparmio e di un miglioramento della fiducia dei consumatori. In generale il nostro scenario di base per il comportamento dei consumatori è positivo, ma la normalizzazione potrebbe richiedere del tempo. Inoltre, non è chiaro come reagiranno

i consumatori alla persistente incertezza legata al coronavirus e come si procederà alle vaccinazioni di massa.

– La spesa pubblica dovrebbe contribuire a mitigare le ripercussioni della pandemia sull’economia. L’intesa su un programma di finanziamenti senza precedenti come il Recovery and Resilience Facility da EUR 750 miliardi è un’importante pietra miliare per la risoluzione della crisi e un incoraggiante segnale di solidarietà in seno all’UE.

– Malgrado le prospettive incerte per la domanda interna ed estera, ci aspettiamo un’accelerazione dell’attività di investimento nel 2021. La pressione sui margini di profitto dovrebbe ridursi e si stima un incremento della capacità utilizzata.

Per il momento le attese di inflazione restano modeste: nell’Eurozona l’inflazione complessiva dovrebbe salire dallo 0,4% del 2020 all’1,3% del 2021, un livello ancora moderato. Prezzi di alimentari e petrolio più elevati eserciteranno una graduale pressione rialzista. In tale contesto, la Banca Centrale Europea si atterrà probabilmente alla sua linea estremamente accomodante caratterizzata da tassi bassi e continui acquisti di asset. Quanto al reddito fisso, preferiamo tuttora le obbligazioni dei Paesi periferici dell’Area Euro, tra cui Spagna e Italia, rispetto alle obbligazioni governative tedesche. Guardiamo inoltre con favore alle obbligazioni corporate investment-grade. Entrambi i segmenti beneficiano dei programmi di acquisto della BCE.

Il nostro scenario a lungo termine per l’azionario europeo è costruttivo, alla luce di valutazioni moderate e della convinzione che i promettenti vaccini annunciati di recente, se adottati su larga scala, contribuiranno a contenere la diffusione del virus.

Regno Unito

Come la BCE, anche la Bank of England è intenzionata a portare avanti il programma di acquisto di obbligazioni e mantenere i tassi bassi. La BoE valuta addirittura un regime di tassi negativi. L’economia britannica è in una posizione difficile per via della pandemia e dei negoziati post-Brexit con l’UE. Di conseguenza, la traiettoria e il ritmo della ripresa avviata a maggio 2020 sono estremamente incerti. Il PIL dovrebbe diminuire del 10%-12% nel 2020 ma, in previsione di un parziale successo delle misure di contenimento del coronavirus e del raggiungimento di un accordo

commerciale con l’UE, ci aspettiamo che torni a crescere nel 2021. Vi sono alcuni aspetti comunque positivi:

– Settori fortemente colpiti come hotel, servizi alimentari, trasporti, tempo libero, dovrebbero registrare buoni tassi di crescita annua da livelli depressi.

– È attesa una significativa espansione del settore della logistica, trainato dall’accelerazione dell’e-commerce.

– Il settore dell’edilizia dovrebbe beneficiare delle misure fiscali volte a sostenere gli investimenti infrastrutturali.

Nel complesso crediamo che l’economia britannica tornerà ai livelli pre-lockdown entro la fine del 2021, ma le nostre attese potrebbero variare in maniera significativa a seconda della durata e della gravità della pandemia di Covid-19. Ci aspettiamo che l’inflazione passi dall’1% nel

2020 all’1,6% nel 2021 in seguito alla normalizzazione dei prezzi dell’energia, al venir meno degli effetti della temporanea riduzione dell’IVA e all’accelerazione della debole crescita salariale. Nel 2021 il deficit di bilancio del Regno Unito dovrebbe scendere al 7% circa, un netto calo rispetto ai livelli del 2020, ma non si escludono nuovi pacchetti di stimoli fiscali a sostegno dell’economia.

In ogni caso, una volta che la ripresa economica sarà completa, occorrerà ridurre la spesa fiscale in un’ottica di lungo periodo al fine di ridimensionare il debito pubblico. La BoE dovrebbe portare avanti una linea monetaria espansiva tramite tassi di interesse bassi/negativi e acquisti di asset, e potrebbe addirittura optare per una politica ancora più accomodante a seconda dell’andamento dell’economia.

Date le problematiche del Regno Unito, ci aspettiamo una maggiore volatilità a breve. Pertanto, ribadiamo l’importanza di un approccio attivo all’investimento nelle obbligazioni e nelle azioni britanniche, che presentano un’esposizione relativamente elevata agli sviluppi internazionali.

Tuttavia, segnali positivi nella lotta al coronavirus e un accordo di libero scambio Regno Unito-UE (invece di uno scenario “no-deal”) potrebbero rappresentare opportunità di acquisto.

Cina

In Cina ci aspettiamo una prosecuzione della solida ripresa economica dalla crisi da Covid-19, che ha avuto un impatto molto negativo a inizio 2020 nonostante le autorità siano riuscite in breve tempo a tenere sotto controllo la pandemia. Nella prima parte del 2021 potremmo assistere a un consistente incremento del PIL a/a, ascrivibile principalmente al fatto che nello stesso periodo del 2020 regnava una profonda depressione (cfr. Grafico 3), e ad un parziale rallentamento nel resto dell’anno.

Il rally del settore dei servizi cinese dovrebbe proseguire a patto che il governo riesca ad arginare i nuovi focolai di Covid-19. È inoltre probabile un’ulteriore crescita del comparto manifatturiero, sostenuto da investimenti pubblici e graduale ripresa della domanda globale nel quadro del superamento della crisi da coronavirus. La Cina è tuttora posizionata per essere tra i beneficiari di tale trend di lungo periodo data la rilevanza delle società high-tech locali, in particolare nella robotica, nell’aviazione e in altre aree all’avanguardia del settore manifatturiero.

Crediamo che tale contesto indurrà le autorità cinesi a portare avanti la normalizzazione della politica fiscale e monetaria dopo gli interventi del 2020. Il governo potrebbe quindi iniziare a spendere di meno ed è improbabile che la People’s Bank of China (PBoC) attui consistenti interventi di allentamento monetario – tra cui tagli dei tassi – nel 2021.

Al contrario, potremmo addirittura assistere a un’iniziale inasprimento verso fine 2020 in caso di ripresa della crescita e rialzo dell’inflazione core.

Siamo relativamente cauti circa le prospettive di investimento a breve in Cina poiché la politica monetaria e fiscale appare in fase di normalizzazione dato il miglioramento del contesto macroeconomico. Nel lungo periodo tuttavia l’evoluzione dell’economia cinese resta un tema interessante.

Riteniamo che gli investitori debbano continuare a considerare la Cina come una vera e propria asset class a sé stante; non dovrebbero quindi chiedersi se investire in Cina, ma quanto investire.

Mercati Emergenti

I mercati emergenti nel complesso hanno evidenziato una ripresa degna di nota dopo le ingenti perdite di marzo 2020, in gran parte grazie alle politiche estremamente accomodanti

delle banche centrali (cfr. Grafico 4). Nel lungo periodo tale supporto potrebbe contribuire a un rialzo dell’inflazione globale. A breve termine, tuttavia, ci aspettiamo che fattori quali la debolezza dei prezzi delle commodity contribuiscano a mitigare forti pressioni inflazionistiche nelle aree emergenti. In tal caso le autorità monetarie locali potranno tagliare i tassi a livelli record e sperimentare programmi di acquisto di asset (il cosiddetto “quantitative easing”).

Tuttavia, le ingenti misure di stimolo monetario e fiscale attuate nei Paesi emergenti non dureranno per sempre. Ad esempio, i timori legati a inflazione, tassi di cambio e stabilità finanziaria limitano la possibilità di tagliare i tassi. E infatti Turchia e Ungheria hanno già alzato i tassi di riferimento nel 2020. Inoltre, il sostegno fiscale, che comprende l’aumento della spesa pubblica, potrebbe perdere

efficacia ed essere oggetto di una crescente attenzione da parte degli investitori, preoccupati da un possibile peggioramento dell’affidabilità creditizia.

Nell’immediato il Covid-19 rappresenta tuttora il principale rischio per la crescita delle aree emergenti. La messa a disposizione di vaccini efficaci potrebbe favorire la normalizzazione delle condizioni economiche a livello globale, un fattore positivo tanto per i Paesi emergenti quanto per quelli avanzati. Tuttavia, l’aumento del tasso di infezione rappresenta un grave rischio per le nazioni vulnerabili che hanno già utilizzato gran parte delle frecce al loro arco per combattere la malattia. Ci aspettiamo quindi una ripresa fragile ed eterogenea nel mondo emergente:

– Se da un lato in un primo momento la Cina e alcune altre parti dell’Asia sono state le più colpite dalla pandemia, dall’altro sono state anche le prime a riprendersi.

Nonostante i timori per una seconda ondata di contagi che potrebbe compromettere la ripresa, in Asia si è registrato un netto rimbalzo dell’attività economica dopo la rimozione delle misure restrittive e il riavvio della produzione industriale. Il momentum potrebbe perdere slancio nel 2021, ma i governi dei Paesi asiatici forniranno stimoli fiscali che dovrebbero sostenere i consumi

privati. Azioni, credito e valute appaiono interessanti in previsione di una continua ripresa in Cina e nel resto del continente.

– Nella regione CEEMEA (Europa centrale e orientale, Medio Oriente e Africa) la ripresa era ben avviata prima dell’impennata dei nuovi casi di Covid-19. La Polonia potrebbe rivelarsi un’isola felice grazie alle consistenti misure di stimolo fiscale e alla maggior integrazione nell’Unione Europea, mentre in Sudafrica il momentum era già debole nel periodo pre-Covid. Analogamente, la risalita della Russia procedeva a un ritmo inferiore, in parte a causa del settore petrolifero dove si è registrata una riduzione della produzione in seguito ai recenti negoziati con l’OPEC.

– L’America Latina è stata colpita molto duramente dalla pandemia nonostante la maggior domanda di commodity da Cina e altri Paesi abbia aiutato i produttori di materie prime della regione. Anche in quest’area la ripresa appare eterogenea. L’economia brasiliana è vulnerabile, mentre in Messico la ripresa potrebbe essere più costante grazie all’accelerazione della domanda statunitense e del comparto manifatturiero.

Nel complesso alcune economie emergenti potrebbero beneficiare di significativi tassi di crescita del PIL trimestrale nel 2021 poiché nella primavera del 2020 tale dato era estremamente basso. In molti Paesi tuttavia l’attività economica è ancora inferiore ai livelli pre-Covid e non mancano altri fattori problematici come l’aumento delle tensioni geopolitiche, le interruzioni delle filiere e il maggior protezionismo. In ogni caso le banche centrali dei Paesi emergenti core non intendono modificare le loro politiche accomodanti e il supporto multilaterale da parte delle economie avanzate è in aumento, pertanto le aree emergenti dovrebbero registrare una parziale riduzione delle pressioni esterne in ambito finanziario.

Quanto alle obbligazioni governative dei mercati emergenti, gli investitori potrebbero considerare i bond high yield rispetto a quelli investment grade, in parte per via del supporto esterno di Fed e FMI alle aree in via di sviluppo.

Nei Paesi emergenti asiatici il sostegno fiscale e monetario, unito agli sviluppi positivi nella lotta al coronavirus, dovrebbe alimentare la ricerca di rendimento e l’interesse per gli asset rischiosi. In quest’area preferiamo generalmente gli investimenti nel reddito fisso con duration più breve e il debito high yield rispetto a quello investment grade. Inoltre, un contesto difficile per il dollaro USA potrebbe favorire India, Indonesia, Filippine e altre economie dell’Asia meridionale e sud-orientale. Un dollaro più debole potrebbe consentire alle banche centrali di questi Paesi di non alzare i tassi per sostenere le valute locali. Inoltre, si riduce il costo di detenere debito denominato in USD e potrebbe essere favorito l’afflusso di capitali esteri nell’area.

Giappone

Ci aspettiamo una contrazione del PIL nipponico del 5,5% nel 2020 ed una successiva crescita del 2,3% nel 2021. Tuttavia, malgrado tale rimbalzo, le prospettive economiche restano incerte. Il tasso di risparmio delle famiglie potrebbe mantenersi elevato e le esportazioni giapponesi sono strettamente correlate alle spese per investimenti a livello globale, che probabilmente risentiranno delle incognite legate alla pandemic.

Il primo ministro Yoshihide Suga probabilmente porterà avanti l’”Abenomics” – la politica economica dell’ex premier Shinzo Abe – e in particolare il mix di stimoli fiscali e allentamento monetario su larga scala. Suga ha anche ribadito l’importanza di mantenere una stretta relazione con la Bank of Japan (BoJ) e promuovere nuove misure di allentamento monetario ove necessarie a sostenere

l’occupazione ed evitare il default delle aziende. Per ora comunque riteniamo sia improbabile che la BoJ tagli il tasso di riferimento a breve in territorio ancor più negativo.

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