Mercati, un futuro dinamico

Di seguito il commento ai mercati del mese di febbraio a cura di Alessandro Allegri, AD di Ambrosetti AM SIM, società di ricerca indipendente sistematica.

L’inizio del nuovo anno sui mercati finanziari è risultato caratterizzato indubbiamente da una maggior dinamicità con un nervosismo delle quotazioni che fa aumentare le incertezze nella valutazione del percorso di ripresa in atto. Il dato di fatto è un mercato azionario ancora frammentato che si attesta appena sotto alla parità (-0.8%) come indice globale ma che per consegnare questo risultato è passato da una crescita del +3% ad annullare poi in pochi giorni i progressi registrati. Inoltre continua a essere difforme la distribuzione dei risultati tra i diversi paesi non permettendo una valutazione omogenea della situazione ma offrendo, alla gestione attiva, delle opportunità significative. Passando dunque dai considerevoli rendimenti positivi nelle prime settimane dell’anno al riemergere di qualche dubbio in più circa la scontata sostenibilità del recupero in atto, gli Stati Uniti chiudono negativi (-1.1%) seppur in un contesto in cui la tecnologia resta trainante (Nasdaq +1.42%) mentre i mercati europei faticano nel complesso: la Germania registra un -2.08% mentre resistono Svizzera (-1.0%) ed Inghilterra (-0.8%) che riescono a contenere maggiormente le flessioni. Più ci si sposta verso oriente più i dati migliorano con il Giappone stabile (+0.23%) e soprattutto la Cina ancora in crescita (+2.7%). Anche sul fronte merceologico proseguono le divergenze, in alcuni casi marcate con Energy e Healthcare positivi ed Industrial e Consumer Staples decisamente penalizzati. Anche nei mesi a venire, se non una vera rotazione settoriale, certamente dovremo affrontare una maggior dinamicità nei rapporti di forza tra i vari comparti con la difficile scelta, per gli investitori, tra i temi più stabili che già avevano lavorato bene in piena crisi da Covid e l’opportunità di spostarsi verso le tematiche maggiormente danneggiate ma in fase di potenziale recupero. Qualche incertezza, in partenza d’anno, anche sul lato bond con tutti i governativi in affanno alle prese con i parziali rialzi di tasso sulla parte lunga della curva e qualche tensione politica in più. Il saldo è dunque negativo (-0.5%), anche sulle componenti a spread, dai Corporate agli High Yield. Chiudono bene le materie prime, in generale, con Petrolio in forte recupero (+7.2%) mentre l’Oro conferma la fase di assestamento (-2.7%). Stabili le valute con l’Euro in leggera flessione (-0.6% vs Dollaro e -0.9% vs Sterlina). 

Le aspettative di una forte ripresa economica hanno continuato a stimolare la propensione al rischio sui mercati finanziari anche in questa partenza d’anno confermando inizialmente le dinamiche viste negli ultimi trimestri. La combinazione di campagne di vaccinazione su larga scala estese in tutto il mondo, le attese di stimoli fiscali forti nelle principali economie e l’impegno delle banche centrali a mantenere bassi i costi di finanziamento per il prossimo futuro sono gli elementi che hanno sostenuto e sostengono questa salita e dovrebbero rendere possibile la prosecuzione della ripresa. Ma il principale rischio correlato alla pandemia rimane l’incertezza sui piani di vaccinazione. Il rapido lancio globale della campagna di vaccinazione rimane una sfida logistica non da poco, soprattutto in un contesto relazionale molto teso tra governi e case farmaceutiche ed un peggioramento dei dati sulle infezioni potrebbe ostacolare la ripresa interrompendo il percorso di normalizzazione e recupero. 

La minaccia immediata derivante dall’aumento della crescita dei casi Covid anche a causa di nuove mutazioni, unitamente ad una risposta insufficiente da parte di una politica esitante, estenderebbe le limitazioni alla mobilità e prolungherebbe i già estenuanti periodi di lockdown mantenendo alcuni settori economici in una condizione di ulteriore debolezza. Questa è l’incognita maggiore a pesare sulla velocità della ripresa globale attesa con alcuni dei protagonisti, Europa ed America in primis, alle prese con fragilità tali da non garantire un percorso così lineare. 

In questo contesto gli occhi vengono necessariamente rivolti verso la Cina, il cui ruolo resta un cardine di sostegno fondamentale alla ripresa economica globale. Il gigante asiatico è riuscito a contenere il Virus; è stato il primo paese a sopprimere la pandemia ed il primo a riportare le attività economiche vicine agli standard pre-crisi candidandosi ad ampliare il suo vantaggio rispetto agli avversari come traino anche per tutta l’area asiatica. Ad oggi è inoltre l’unico paese a poter normalizzare le politiche economiche in un processo graduale ma già definito che riporta sul tavolo delle Banche Centrali il tema del tapering. 

Se infatti, per il 2021, non sono messe in discussione le politiche monetarie accomodanti, necessarie a contorno della crisi pandemica, in una visione più strategica il timore che la dinamica dei prezzi possa sfuggire al controllo delle autorità, generando, come negli anni settanta un significativo aumento dell’inflazione, costringerà le Banche Centrali a modificare le attuali attitudini e sostenere una fase di risalita dei tassi di interesse deleteria per i mercati obbligazionari. Oggi, sui governativi sviluppati, il rendimento continua a mancare e le opportunità più interessanti restano sugli emittenti i cui spread si sono notevolmente ampliati negli scorsi trimestri ma che dispongono di liquidità sufficiente per sostenere le operazioni in atto. Se gli emittenti di qualità superiore nei settori meno colpiti potrebbero essere capaci di tornare più velocemente alla redditività pre-crisi, sui comparti più penalizzati la volatilità ha comunque creato opportunità speculative interessati. In generale, sulle obbligazioni, l’attenzione alla sostenibilità aumenterà ancora di più nei prossimi mesi e le leve normative in questo senso andranno ad attirare sempre più investimenti privati sul tema ESG. 

Sull’ambito azionario ci sono enormi differenziali di valutazione tra le varie aree in termini di quotazioni, di utili e di conseguenza in termini di premio per il rischio. Gli Stati Uniti si presentano come i più costosi rispetto agli altri mercati sviluppati, principalmente a causa della differente composizione settoriale con il maggior peso di tecnologia e di servizi di comunicazione, rispetto a Europa e Giappone, i cui mercati sono maggiormente dominati da temi value e settori ciclici. 

Le prospettive di crescita restano positive per i mercati emergenti anche a livello aggregato in un momento in cui il commercio globale e i prezzi delle materie prime stanno aumentando confermando la possibilità di sovraperformare gli indici sviluppati. Anche qui la pandemia ha comunque aumentato le divergenze economiche: l’Asia orientale ha rapidamente ripreso la sua traiettoria di crescita mentre altre regioni, in particolare l’America Latina e gran parte dell’Africa e del Medio Oriente, hanno visto il loro potenziale di salita eroso da un netto deterioramento dei conti e da crescenti aspettative di inflazione. 

Data per certa la presenza di un paracadute alla crisi, grazie al sostegno delle Banche Centrali ed in attesa che il nuovo corso politico negli Stati Uniti dia le prime indicazioni di direzione, le tematiche che ora fanno da driver sui mercati finanziari sono ben delineate e probabilmente lo è anche il concatenamento fra esse. Lo snodo chiave resta la possibilità di assistere ad un graduale allentamento delle limitazioni alla mobilità reso possibile dal successo dei piani di vaccinazione di massa. Se ciò avverrà con successo allora sarà garantita la continua forte crescita del commercio mondiale di merci e, nella seconda metà dell’anno anche di servizi accrescendo le aspettative sugli utili societari per il 2021 e permettendo anche ai settori più colpiti dalla pandemia di recuperare i danni di lungo termine migliorando il contesto in termini di occupazione e di fallimenti. 

 

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