Asset allocation: portiamoci avanti di 10 anni, ecco il portafoglio post pandemia

Di seguito un’interessante analisi a cura di Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm – Febbraio 2021.

FOCUS ON: 1) L’INFLAZIONE RIMANE LA CHIAVE

Nonostante le forti iniezioni di liquidità l’inflazione non sembra costituire un problema, almeno nel breve termine. La componente ciclica del livello dei prezzi, quella che li mette in relazione con l’andamento economico, non dovrebbe esercitare eccessiva pressione. Con il mercato del lavoro ancora debole è ragionevole pensare che le pressioni salariali non saranno un fattore rilevante almeno per un po’. Tuttavia, alcuni shock dell’offerta – aumento dei prezzi delle materie prime e aumento delle tariffe di trasporto, distruzioni di catene del valore dovute a tensioni politiche – potrebbero mettere pressione sui prezzi. L’aumento dell’inflazione potrebbe porre le banche centrali di fronte alla scelta di accettare un’inflazione più elevata come prezzo della ripresa o anticipare le aspettative per quando la politica monetaria inizierà a normalizzarsi. Le banche centrali operano secondo diversi mandati. La Bce ha come obiettivo primario il controllo dell’inflazione, mentre la Federal Reserve persegue anche l’obiettivo della crescita economica (e proprio quest’anno la Fed ha dichiarato che questo è il suo focus principale). I mercati finanziari guardano al futuro e basano le attuali valutazioni sul fatto che le banche centrali manterranno i tassi bassi nel medio termine, ma un’impennata delle prospettive di inflazione, prima ancora che del livello dei prezzi, potrebbe creare dubbi sul loro posizionamento nel futuro, con effetti immediati. Questi sono, forse più che mai, mercati guidati dalla politica. Il sostegno della banca centrale, programmi di spesa pubblica senza precedenti, sostegni al mercato del lavoro, potenziali nuove leggi in settori come quello tecnologico e la transizione energetica sono tutti fattori che avranno un impatto significativo sul futuro andamento dei mercati finanziari: croce e delizia degli investitori a partire dal 2021 e oltre.

FOCUS ON: 2) ALLARGARE I NOSTRI ORIZZONTI, CINA E MONDO EMERGENTE

Ci sono due tendenze che abbiamo voluto esplorare quest’anno e che riteniamo rilevanti per il nostro processo di gestione del portafoglio: l’importanza della Cina per l’economia globale e, soprattutto, per le attività finanziarie e il potenziale dei mercati emergenti di sovraperformare quelli sviluppati. Per molto tempo i mercati emergenti (ME) sono stati considerati una zona marginale del vasto mondo degli investimenti per il peso esercitato nel contesto del sistema finanziario globale: le azioni globali quotate sono valutate circa 60.000 miliardi di dollari, di cui solo 8.000 miliardi fanno parte del mondo definito “emergente”. Si stima che le obbligazioni globali che vengono scambiate sui mercati regolamentati valgano circa 67.000 miliardi di dollari, di cui 9.000 miliardi fanno parte del mondo emergente, in gran parte provenienti dall’apertura del massiccio mercato obbligazionario cinese agli investitori stranieri. Tuttavia, se andiamo a includere anche i bond non scambiati su mercati regolamentati, stando ai dati della Bank of International Settlement, si nota che sono emessi in Cina 15.000 dei 25.000 miliardi di dollari di debito obbligazionario dei mercati emergenti. La maggior parte di questo debito è denominato in valuta locale e si scambia a livello nazionale. Da quando la Cina consente agli investitori stranieri di detenere obbligazioni denominate in Yuan, possiamo dire che il peso del debito emergente nel contesto del sistema dei mercati globali sta crescendo in modo decisivo. Le obbligazioni cinesi, in particolare i titoli di stato e le obbligazioni bancarie pubbliche, sono sempre più importanti in molti benchmark obbligazionari. In un solo anno, le obbligazioni denominate in Yuan sono diventate la terza più grande allocazione nell’indice di riferimento globale per il reddito fisso (il Bloomberg Barclays Global Aggregate Index). È probabile che questa tendenza attirerà sempre più flussi di investimento su questa asset class. Le obbligazioni cinesi offrono vantaggi sia in termini di rendimento sia di diversificazione. I rendimenti delle obbligazioni cinesi tendono a posizionarsi tra quelli dei mercati sviluppati e quelli dei mercati emergenti, e storicamente hanno mostrato una correlazione relativamente bassa con le obbligazioni governative dei paesi sviluppati. Dato il basso rendimento atteso dalle obbligazioni sovrane dei paesi sviluppati, non sorprende che gli investitori guardino al 3% offerto dalle obbligazioni cinesi con un certo interesse. Storicamente, la volatilità è stata bassa e le obbligazioni cinesi hanno offerto anche uno spunto di diversificazione rispetto alle asset class tradizionali, basandosi su una politica economica e monetaria non necessariamente sincronizzata a quella dei paesi occidentali. Ci sono chiare ragioni per essere cauti riguardo a questo investimento: controlli sui capitali ancora molto stringenti, un ambiente finanziario fortemente legato alla politica, la mancanza di un’infrastruttura finanziaria completamente sviluppata per supportare la negoziazione di obbligazioni, per citarne solo alcuni. Anche considerando tutti questi aspetti, si tratta di una asset class sempre più importante e per questo abbiamo deciso di dedicarle un’attenzione particolare nel nostro processo di asset allocation strategica. Per quanto riguarda l’azionario, un aumento del peso degli asset cinesi è meno convincente. I mercati azionari cinesi sono essenzialmente divisi in due: azioni quotate nei centri finanziari locali (onshore) e azioni quotate off-shore. Queste ultime rappresentano già una parte importante degli indici azionari emergenti, mentre le azioni onshore vengono lentamente integrate nei benchmark internazionali. Entrambi gli indici continuano a mantenere un profilo molto volatile. In questa fase, il consenso è stato abbastanza unanime nel prevedere un ottimo 2021 per i mercati emergenti. I normali fattori macro che avvantaggiano questa asset class sono tutti presenti: dollaro debole, ripresa economica, prezzi delle materie prime stabili o in aumento. A lungo termine, sembra estremamente probabile che una grande fetta dell’attività economica proverrà da paesi etichettati come “emergenti”. In conclusione, dato che gli asset emergenti rappresentano un’alternativa più economica alle obbligazioni e alle azioni dei paesi sviluppati ma i rendimenti attesi sono tutt’altro che stratosferici, nel nostro processo di asset allocation strategica di quest’anno abbiamo valutato con maggiore attenzione e maggiore granularità sia le obbligazioni emergenti (cinesi) in valuta locale sia l’azionario emergente. Questo tipo di valutazione ci permette di guardare con maggiore fiducia a questi asset che, nel medio periodo, se riterremo che sia conveniente per gli investitori, potranno ricoprire un ruolo più importante nei portafogli.

COSA PUÒ ASPETTARSI L’INVESTITORE PER IL 2021

Se guardiamo al 2021 possiamo prevedere una dinamica di rimbalzo sull’onda della campagna vaccinale, delle politiche dei governi e della crescita economica. La sanità rimarrà indubbiamente in primo piano e al centro dell’attenzione degli investitori, con l’efficacia dei vaccini e la velocità della loro distribuzione al primo posto tra le preoccupazioni economiche globali. Per il momento, le valutazioni delle azioni suggeriscono che gli investitori stanno scontando una rapida ripresa. Ciò implica non solo che il vaccino sarà efficace, ma che i programmi di vaccinazione saranno effettivamente implementati nei paesi con il maggiore impatto sulla crescita economica globale. Il consenso, in generale, è che l’estate vedrà sia un’ampia distribuzione di vaccini sia tassi di trasmissione stagionalmente bassi, consentendo alle economie di tornare sulla buona strada.

Le decisioni delle banche centrali saranno fondamentali. In situazioni come questa, i banchieri centrali sono i migliori amici degli investitori. Queste istituzioni cercheranno in tutti i modi di non discostarsi dalla propria posizione accomodante, anche nel contesto di una forte ripresa economica. L’inflazione è l’elefante nella stanza che potrebbe contraddire questa narrativa, ma le recenti dinamiche economiche e il recente cambiamento nel mandato della Fed, che ha messo la crescita economica al primo posto rispetto al controllo dell’inflazione, ci suggeriscono tre considerazioni chiave. L’inflazione rimarrà contenuta nel 2021. Sebbene permanga la possibilità di vedere un’inflazione più elevata in futuro, non pensiamo che rappresenti un rischio significativo per la nostra posizione attuale. Anche se i prezzi dovessero crescere più del previsto, riteniamo che l’inflazione sarà prociclica, cioè non farà deragliare la crescita economica né influenzerà in modo significativo le correlazioni all’interno del nostro quadro multi-asset. Anche in un contesto di inflazione superiore alle attese, le banche centrali reagiranno in modo meno deciso all’aumento dei prezzi di quanto non abbiano fatto in passato. Ciò significa che la politica monetaria rimarrà accomodante, almeno nel breve e medio termine. Dopo le recessioni a cui abbiamo assistito in passato, si è sempre verificato un rimbalzo economico che ha consentito agli asset rischiosi e ciclici di sovraperformare. Oggi i principali indicatori, sia di crescita sia di liquidità, confermano ampiamente la narrativa del rimbalzo. Il commercio globale è già tornato ai livelli pre Covid-19 e la produzione industriale è in ripresa. Anche i PMI sono costantemente al di sopra di 50: tutti segnali di un processo di espansione economica sottostante. Anche se queste aspettative sono mitigate dalla realtà, il 2021 si preannuncia come un anno al di sopra della media in termini di performance economica.

In definitiva, la nostra opinione prevalente per il 2021 è che c’è poco da guadagnare nello scommettere contro la ripresa. Ovviamente le azioni restano care in alcune aree e vulnerabili a correzioni di breve termine, ma le accelerazioni degli utili e l’abbondante liquidità suggeriscono che eventuali ribassi saranno limitati. La dinamica “non c’è alternativa all’azionario” (TINA) resterà attuale: gli strumenti di liquidità non garantiranno nei prossimi anni sufficienti garanzie di redditività. Per questo riteniamo che la scelta di investire resti la via maestra per gli investitori e sia certamente preferibile a tenere fermo il proprio capitale.

ASSET ALLOCATION STRATEGICA 2021

Il processo di Asset Allocation Strategica utilizza la stima dei rendimenti, le correlazioni e la volatilità attesa di ogni asset class per costruire le allocazioni strategiche che sono alla base dei portafogli Moneyfarm.

 

RENDIMENTI ATTESI 2021-2031

I rendimenti attesi sono calati rispetto all’inizio del 2020. Le inversioni a U sulla politica monetaria del 2019 e una forte performance dei mercati avevano determinato valutazioni storicamente elevate e tassi di interesse bassi all’inizio del 2020. Valutazioni e tassi, non dimentichiamolo, sono i principali driver di lungo termine della performance di portafoglio. Non sorprende che il rendimento per alcune asset class come i bond governativi sia sceso al di sotto rispetto all’anno precedente, tuttavia a livello generale i rendimenti attesi dei portafogli sono abbastanza simili a quelli di un anno fa, anche se ciò implica una maggiore allocazione verso l’obbligazionario più rischioso, come le obbligazioni societarie e le obbligazioni dei paesi emergenti.

AMBIENTE MACROECONOMICO A LUNGO TERMINE

Rispetto all’inizio del 2020 è difficile immaginare premesse più diverse. Un anno fa ciò che preoccupava era la stanchezza del ciclo economico: il mercato rialzista più lungo della storia e il periodo di crescita più lungo dalla Seconda Guerra Mondiale – anche se non il più produttivo – cominciava a essere caratterizzato da alcuni sbilanciamenti che meritavano attenzione. Quel ciclo si è concluso bruscamente in modo imprevisto. L’impatto economico è stato significativo e, sebbene i mercati si siano ampiamente lasciati alle spalle la pandemia, enormi comparti dell’economia globale hanno ancora molto da recuperare.

Questo “margine di miglioramento” ci dà un certo grado di fiducia quando prevediamo che il 2021 sarà un anno di accelerazione della crescita economica. Per quanto riguarda l’inflazione, altro parametro fondamentale per la valutazione del contesto economico, la storia è praticamente la stessa. L’anno scorso, abbiamo evidenziato come l’inflazione sia in gran parte prociclica: si muove con l’economia. Nel 2020, con la contrazione del Pil in tutto il mondo, anche l’inflazione si è contratta. Quest’anno è probabile che aumenti leggermente, tant’è che le aspettative di inflazione sono aumentate da marzo. Assumendo una prospettiva di lungo termine, la crescita dovrebbe normalizzarsi di nuovo ai livelli pre-Covid, con i mercati emergenti a guidare la ripresa. 

OBBLIGAZIONI GOVERNATIVE

·        Obbligazioni meno attraenti a causa di rendimenti molto bassi. Ancora utili come diversificatore

Per quanto riguarda il reddito fisso, il rendimento iniziale di un’obbligazione inferiore allo zero può significare solo di non aspettarsi molto da questa asset class nel lungo termine. Proprio come l’anno scorso, quando il rendimento iniziale era già molto basso, gli investitori sono a rischio di subire perdite in conto capitale in seguito alla normalizzazione dei tassi. La politica monetaria sta ancorando le aspettative e prevediamo che i tassi di interesse rimarranno bassi fino alla fine del 2022. Il recente passaggio a un obiettivo di inflazione simmetrico ci dà una certa tranquillità in quanto, anche nel caso di inflazione che superi le aspettative, la banca centrale non avrà fretta di aumentare i tassi di interesse. A lungo termine, prevediamo un’ampia normalizzazione in linea con l’inflazione e la crescita economica. Ci aspettiamo che questa normalizzazione sia limitata dai programmi e dalle politiche di acquisto di obbligazioni delle banche centrali, per aiutare i governi a contenere i costi di finanziamento. Non pensiamo che i rendimenti nominali delle obbligazioni governative complessive supereranno il 2%. Per tutte queste ragioni, le obbligazioni dei mercati sviluppati non sono una soluzione con un profilo di rischio/rendimento attraente in questo momento. Tuttavia, riteniamo che, con inflazione moderata e positiva, è probabile che azioni e obbligazioni rimarranno decorrelate, rendendo queste ultime un pilastro importante della costruzione del portafoglio in ottica di diversificazione.

OBBLIGAZIONI INDICIZZATE ALL’INFLAZIONE

·        Riteniamo che le obbligazioni indicizzate all’inflazione sovraperformeranno quelle non indicizzate.

·        Questa asset class offre una protezione in caso di accelerazione inattesa dei prezzi.

Le obbligazioni indicizzate all’inflazione sono obbligazioni emesse da governi di paesi economicamente sviluppati, il cui rendimento è legato all’indice dei prezzi. L’inflazione stessa è stata il gigante addormentato dell’ultimo decennio per la maggior parte dei paesi sviluppati. Questo ha permesso alle banche centrali di stimolare la crescita economica immettendo nel sistema liquidità fresca di stampa, senza preoccuparsi troppo che il livello dei prezzi sfuggisse al controllo. Ci sono due parametri chiave per valutare un’obbligazione indicizzata all’inflazione. Dal punto di vista del rendimento relativo, si considera l’efficacia di questi titoli rispetto alle alternative non indicizzate. Dal punto di vista della gestione del rischio, è necessario considerare la capacità di queste asset di offrire protezione da aumenti improvvisi di prezzo. Quando si cerca di individuare la quota di obbligazioni indicizzate da tenere in portafoglio bisogna mettere sul piatto della bilancia tutti e due questi fattori. Rinunciare a parte del ritorno per una maggiore protezione potrebbe essere, in certi casi, giustificabile. L’attrattiva di queste obbligazioni può essere stimata utilizzando il cosiddetto tasso di pareggio, ovvero il livello di inflazione che rende i rendimenti nominali delle obbligazioni uguali a quelli reali. Se l’inflazione è superiore al livello di pareggio, il rendimento del titolo indicizzato sarà superiore a quello del rispettivo titolo nominale. Nel 2020 l’impatto della pandemia sulla crescita e sull’inflazione ha portato alla sottoperformance dei “linker” rispetto al nominale. Con la normalizzazione della situazione e l’aumento delle aspettative di inflazione, prevediamo che i “linker” sovraperformino le obbligazioni non indicizzate.

OBBLIGAZIONI SOCIETARIE

·        Riteniamo che le obbligazioni societarie siano molto care, ma gli spread sono più vicini alle medie storiche rispetto al debito emergente.

·        Inserimento di obbligazioni in valuta locale.

Con i rendimenti sovrani in calo, anche i rendimenti a scadenza delle obbligazioni societarie diminuiscono, seppur in modo meno drammatico. Mentre i rapporti di prezzo e il rendimento delle obbligazioni sovrane sono ai minimi di sempre, gli spread societari si mantengono a livelli coerenti con le medie storiche – anche se, va detto, questa asset class è tutt’altro che economica. Le obbligazioni societarie e il debito dei mercati emergenti offrono tassi di cedola più elevati rispetto ai titoli di stato dei paesi sviluppati. Ciò ovviamente va a remunerare un maggiore rischio: la possibilità, ad esempio, che una delle società a cui prestiamo denaro fallisca e non ripaghi i suoi debiti. Lo “spread” è il premio aggiuntivo richiesto dagli investitori per remunerare questi rischi aggiuntivi. Per le obbligazioni dei mercati emergenti, il nostro universo ruota principalmente intorno allo spazio sovrano. In particolare, ci concentriamo sulle obbligazioni emesse in dollari USA: il profilo di rischio di questo strumento riflette più il sentiment sull’economia globale che le dinamiche proprie dei mercati emergenti. Le obbligazioni emergenti in valuta locale sono probabilmente l’asset class su cui operiamo maggiori cambiamenti a causa dell’inclusione delle obbligazioni cinesi, di cui abbiamo spiegato le ragioni in precedenza.

 

AZIONARIO

·        Il rendimento da dividendi e la crescita degli utili lasciano aperte le porte all’ottimismo.

·        Il rimbalzo economico nel 2021 avrà probabilmente un impatto positivo sugli utili, alzando le aspettative nel corso dell’anno

Varie dinamiche hanno spinto le valutazioni azionarie in alto. La relazione tra il costo dei titoli e l’attività economica è distorta, abbassando il rendimento atteso a lungo termine. Nel nostro processo di asset allocation, il rendimento atteso è determinato da tre elementi chiave: rendimento da dividendi, crescita degli utili e valutazione iniziale. Sebbene quest’ultimo fattore non sembri troppo positivo, il rendimento da dividendi e la crescita degli utili lasciano aperte le porte all’ottimismo. Il rimbalzo economico nel 2021 avrà probabilmente un impatto positivo sugli utili, alzando le aspettative nel corso dell’anno. In generale, gli indicatori aziendali e di mercato suggeriscono rendimenti attesi positivi per il 2021, in particolare per i paesi sviluppati. Questi mercati, quindi, offrono un premio di rischio interessante per gli investitori che cercano di proteggere i propri portafogli dall’inflazione a lungo termine.

RISCHIO, VOLATILITÀ E CORRELAZIONI

·        Il forte swing registrato nel 2020 ha avuto un impatto: le ipotesi di volatilità sono aumentate e questo in qualche modo incorpora meglio l’incertezza attuale nella composizione deli portafogli strategici

Veniamo agli ingredienti finali per la costruzione dell’asset allocation: volatilità e correlazioni. A nostro avviso, queste sono le migliori metriche attraverso le quali gli investitori a lungo termine possono comprendere il rischio degli investimenti nelle varie asset class. Storicamente, la correlazione tra le variabili in esame si è dimostrata ragionevolmente stabile. Il periodo di stima dovrebbe, naturalmente, essere coerente con l’orizzonte di investimento. In qualità di investitori a lungo termine, esaminiamo i dati storici su un campione sufficientemente lungo da garantire la copertura di un ciclo economico completo: in questo modo, possiamo stimare la volatilità e le correlazioni in modo più approfondito. Il nostro campione storico di riferimento si estende agli ultimi 20 anni, crediamo sia un orizzonte affidabile attraverso il quale distillare le aspettative per il futuro. Pensiamo sia utile avere due crisi economiche in quel campione, dato che entriamo nel 2021 con l’incertezza ancora alta. Ovviamente il forte swing registrato nel 2020 ha avuto un impatto: le ipotesi di volatilità sono aumentate e questo in qualche modo incorpora meglio l’incertezza attuale nella composizione del portafogli strategici.

PORTAFOGLI STRATEGICI 2021

Rispetto ai risultati del 2020 il rischio azionario è leggermente ridotto con un leggero sottopeso relativo dagli Stati Uniti rispetto all’Europa e agli emergenti. Per quanto riguarda le obbligazioni, il debito governativo resta parte dell’allocazione per il suo ruolo di diversificatore, ma cresce ai margini l’allocazione su altri comparti del mondo obbligazionario: le obbligazioni indicizzate all’inflazione il debito emergente con un ruolo relativamente più importante delle obbligazioni emergenti anche in valuta locale.

 

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