Asset allocation: azioni, i punti interrogativi su valutazioni e settori

Qui di seguito un commento a cura del Team Investimenti di Fineco Asset Management, focalizzato sul settore azionario

Negli ultimi tempi si è detto e scritto molto sulle valutazioni nei mercati azionari, e diversi interrogativi sono emersi circa gli attuali livelli di prezzo in alcuni settori. Una domanda a cui parecchi investitori stanno rispondendo è se sia arrivato il momento di investire in maniera diversa, in quanto il quadro è ormai mutato rispetto alla situazione che si era creata nel corso del 2020.

Dai minimi toccati a marzo 2020 fino allo scorso novembre, gli investitori si sono riversati sulle società “growth” in settori come i beni di consumo non essenziali e la tecnologia. Titoli noti come Tesla o Apple negli Stati Uniti, Infineon in Europa o i cinesi Nio o Meituan hanno guidato la performance del mercato azionario. La logica era chiara: in un ambiente di bassi tassi d’interesse e Covid-19, a essere premiate sono state aziende con alte prospettive di crescita futura.

Il risultato è stato un rialzo eccessivo delle valutazioni in questi settori. È vero che anche prima della crisi questi settori sembravano essere sovracquistati, ma la situazione è stata esasperata dalle azioni di contrasto alla pandemia di Covid-19 messe in atto dai governi e dalle banche centrali, che hanno creato negli investitori un appetito ancora maggiore per i titoli growth. 

All’inizio del 2020 il settore tecnologico era già negoziato a premio. Negli Stati Uniti, i titoli di queste aziende sono stati scambiati a 20,2 volte gli utili attesi a un anno, scendendo a 15,1 volte a marzo, nel momento peggiore del mercato. A novembre avevano recuperato a 22,7 volte. In termini di rapporto prezzo/fatturato l’andamento è stato più o meno identico partendo da 4,5 volte all’inizio dell’anno e raggiungendo 5,2 volte a novembre.

In generale, questo andamento si è verificato in tutti i mercati, compresi quelli emergenti e l’Europa. Per esempio, a novembre 2020 i titoli tecnologici europei venivano scambiati a 23,7 volte gli utili attesi a un anno, contro multipli di solo 9,3 volte per i titoli finanziari.

Da novembre 2020 in poi hanno iniziato a prendere corpo argomentazioni che favorivano un portafoglio azionario più diversificato. Molti elementi hanno sollecitato questo ripensamento, a partire dal fatto che i rendimenti dei buoni del Tesoro Usa a 10 anni sono saliti costantemente dall’agosto dell’anno scorso, così come i prezzi dei metalli di base. I programmi di vaccinazione sembrano mostrare che una potenziale e completa riapertura economica è all’orizzonte, e le aspettative di inflazione sono in aumento. Tutti questi elementi sono fondamentali quando l’obiettivo è giudicare le valutazioni dei prezzi delle azioni e la posizione attuale nel ciclo economico.

In generale, è vero che i titoli e i settori “growth” vengono solitamente scambiati a multipli più elevati, in quanto gli investitori tendono ad attribuire più valore a quelle aziende da cui ci si aspetta un tasso di incremento delle vendite e degli utili più alto rispetto alla media del mercato. Tuttavia, lo spostamento delle aspettative per i fattori macro chiave come la crescita economica, i tassi d’interesse e l’inflazione fa sì che le aspettative di utili future appaiano oggi di minor importanza

Il rendimento dei Treasury statunitensi ne è un primo esempio. Viene usato come indicatore del rendimento risk-free quando si scontano i flussi di cassa futuri. Anche ad un livello favorevole, come il rendimento dell’1,5% raggiunto a febbraio, i guadagni futuri sembrano ora valere meno rispetto ai calcoli precedenti: questo spiega in parte le forti vendite sul Nasdaq, che ha un’importante componente di titoli tecnologici. 

Da novembre il mercato ha mostrato più fiducia nei settori sottovalutati. A livello globale, l’energia e i titoli finanziari sono stati di particolare interesse, superando il resto del mercato compresi i titoli tecnologici. Con il miglioramento delle prospettive economiche sono aumentati i prezzi del petrolio, dando impulso ai titoli energetici. Un outlook positivo è un bene anche per i titoli finanziari, poiché viene ipotizzato un aumento delle transazioni finanziarie, e la concessione di maggiori prestiti.

Entrambi questi settori erano stati pesantemente colpiti dalle vendite nel marzo 2020, e dal punto di vista delle valutazioni rimangono interessanti sia a livello globale che locale. Al momento della redazione di questo commento, i titoli finanziari mondiali scambiano con un rapporto prezzo/utili di 12,1 volte contro la loro media decennale di 11,2, mentre i prezzi sono pari a 1,1 volte il valore contabile. I settori “growth” continuano a sembrare costosi: per esempio, i beni di consumo non necessari vengono attualmente scambiati con un rapporto prezzo/utili di 22,2 volte rispetto alla media decennale di 15,2 volte. Diversi altri settori, come i materiali, l’assistenza sanitaria e i beni di consumo più essenziali, sembrano invece poco costosi o relativamente a buon mercato rispetto alla tecnologia e ai beni di consumo non necessari.

Per quanto riguarda i mercati locali gli Stati Uniti e l’Europa seguono un modello paragonabile, con quest’ultima in generale più economica a eccezione dei titoli tecnologici, mentre l’immobiliare statunitense sembra più caro. Anche nei mercati emergenti ci sono alcune eccezioni. Il settore sanitario, in particolare, è scambiato a multipli più elevati, ma ciò è probabilmente dovuto al fatto che il settore sanitario dei mercati emergenti è in fase di crescita rispetto a quello dei mercati sviluppati.

Naturalmente un’allocazione azionaria più ampia porta con sé alcuni rischi. Non c’è garanzia che la ripresa economica terrà il passo nel 2021 e nel 2022, nonostante i pacchetti di stimolo. Le aspettative di inflazione potrebbero essere gonfiate, oppure potrebbero aumentare inaspettatamente: in questo caso i movimenti nel mercato obbligazionario potrebbero portare a una dinamica di flussi tra asset class piuttosto che a una riallocazione all’interno del comparto azionario.

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