Investimenti, quando il prezzo non è tutto

Di seguito il commento: “Lina Khan: quando il prezzo non è tutto”, a cura di Alberto Artoni, Portfolio Manager US Equity di AcomeA SGR.

Lina Khan ha appena 32 anni, è nata a Londra da genitori di origine pakistana ed è Associate Professor alla Columbia Law School. Joe Biden l’ha voluta alla guida della “Federal Trade Commission”, l’agenzia del Governo americano per l’antitrust e la tutela dei consumatori. Molti non avevano sentito parlare di lei prima che fosse nominata alla guida della FTC, ma tra gli economisti e i giuristi più attenti il suo articolo “Amazon’s Antitrust Paradox” pubblicato nel 2017 non è certo passato inosservato. In quell’articolo Khan, allora ancora studentessa a Yale, proponeva un’idea rivoluzionaria, in netto contrasto con le politiche antitrust attuate negli Stati Uniti negli ultimi decenni. In estrema sintesi, il principio secondo cui l’obiettivo principale delle politiche antitrust sia favorire il minor prezzo possibile per beni e servizi viene superato alla luce delle dinamiche competitive dell’economia contemporanea. Sebbene l’articolo in questione sia focalizzato sul caso Amazon, si intuisce facilmente come questo nuovo modo di concepire la funzione dell’antitrust potrebbe avere un impatto significativo anche su altre grandi big della tecnologia; ricordiamo come la stessa Khan abbia collaborato alla commissione d’inchiesta proprio in questo ambito.

La nomina di Khan coincide con una crescente attenzione dei consumatori nei confronti della privacy e dell’utilizzo dei dati personali da parte dell’industria del “digital advertising”. La diffusione di Internet ha garantito servizi di qualità spesso a bassissimo costo o addirittura a costo zero. Ma, anche grazie ad un crescente interesse di stampa e media, la famosa frase “quando non stai pagando per un prodotto, il prodotto sei tu” non è solo più una battuta per addetti ai lavori, ma riflette la consapevolezza sempre più diffusa ormai anche tra policymakers e regolatori. Infine, segnaliamo come le iniziative del G7 sul fronte della fiscalità, seppur ancora in fase di definizione, avrebbero un impatto potenzialmente più marcato proprio sui grandi gruppi della tecnologia, che ad oggi fanno ampio ricorso a varie pratiche di ottimizzazione fiscale.

È ad oggi difficile ipotizzare se e come una rinnovata FTC potrà dar vita ad un nuovo corso, superando l’approccio storico incentrato sulla minimizzazione del prezzo per i consumatori. Un analogo livello di incertezza rimane anche riguardo ad eventuali nuove norme a tutela della privacy e/o al contrasto dell’ottimizzazione fiscale. Possiamo però constatare come l’elevato livello di concentrazione dell’indice S&P non rifletta ad oggi preoccupazioni particolarmente gravi. I primi 5 titoli noti come Big Tech rappresentano circa il 20% dell’intero listino. Soltanto nel lontano 2000, poco prima di quello che fu poi definito come lo scoppio della bolla delle “dot-com”, il listino americano aveva raggiunto un simile livello di concentrazione. La Storia insegna che sui mercati la compiacenza e la mancanza di visione critica si possono pagare a caro prezzo.

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